Quale futuro senza «amicizie»? Con Rossini musica in tavola di Oreste Del Buono

Quale futuro senza «amicizie»? Con Rossini musica in tavola LETTERE AL GIORNALE Quale futuro senza «amicizie»? Con Rossini musica in tavola LA LETTERA DI O.d.B. Conoscenze giuste per far carriera Sono una studentessa di 23 anni che vi scrive perché vuole pubblicamente testimoniare la sua indignazione. Sono indignata perchè ogni giorno mi accorgo di vivere in un Paese dalla mentalità mafiosa radicata nelle sfere dirigenziali di troppi settori. Molti giovani sono frustrati ancora prima di finire gli studi superiori o universitari perché sanno che per realizzare i loro sogni spesso devono avere le «conoscenze giuste». E tante volte non basta il merito: se vuoi diventare giornalista, non puoi presentare il tuo curriculum e basta, devi conoscere qualcuno; se vuoi entrare e rimanere nell'ambiente universitario dovresti cercare di infiltrarti nel «giro giusto», per intenderci, quello dei figli del rettore o di qualche professore. La televisione poi sembra formata da una grande famiglia: ognuno è figlio o parente di qualcuno. E posso portare un esempio che basta per tutti: il caso delle dimissioni di Costanzo. Sono d'accordo sul fatto che una trasmissione non si possa giudicare da una sola puntata, ma ognuno deve sapersi prendere le proprie responsabilità e il fatto che il signor Costanzo minacci le dimissioni suona come un po' troppo partitario. Il nostro purtroppo non è uno Stato meritocratico (perché se lo fosse, andrebbe sicuramente meglio), ma nepotista. E allora i giovani con meriti scolastici o professionali che però non conoscono il signor qualcuno sognano di fuggire in un Paese (utopico?) dove ci siano le famose pari opportunità e dove a vincere sia il merito. Tiziana Bianchi, Milano Un gran gourmet tra le note Mi riferisco al Salone del gusto al Lingotto cui La Stampa ha dedicato un puntuale servizio per dire che, tra i noti buongustai di oggi e di ieri, viene fatto di ricordare che Gioacchino Rossini godette dei piaceri della tavola come nessun altri. Improvvisò in trattoria, mentre il cuoco gli preparava il risotto, la deliziosa aria Di tanti palpiti, dell'opera «Tancredi in Siracusa», nota come «l'aria dei risi». Ma, a suo dire, ben altrimenti che la musica, gli interessava una gustosa insalata con i funghi. A Isabella Colóran, la cantante lirica spagnola che divenne poi la prima moglie di Rossini, egli si affrettò a indicarne la ricetta: «Prendere olio di Provenza, senape inglese, aceto francese, una fettina di limone, del pepe e del sale, il tutto ben sbattuto, poi aggiungere alcuni tartufi a pezzetti dando così al condimento una tale fragranza da prolungare un goloso nell'estasi». E come ci teneva il grande musicista a far sapere che, per questa scoperta, il cardinale segretario di Stato, del quale aveva fatto la conoscenza in quei giorni, gli avesse dato la benedizione apostolica. Angelo Giumento, Palermo Una vittoria dimenticata Ancora una volta il nostro Paese ha perso l'occasione per un'autonoma riflessione e ci siamo accodati alla sollecitazione di turno, come sempre straniera, questa volta arrivata dal premier francese Jospin per scoprire che «la paura è un sentimento umano come la pietà». Che tutto questo poi sia arrivato proprio in coincidenza della ricorrenza del 4 novembre, l'unica vittoria militare degna di questo nome nella nostra breve storia unitaria, disconosciuta dalla maggior parte di noi anche per il colpe vole oblio nel quale le stesse istituzioni hanno fatto cadere quella che era una festa nazionale trasformandola in un ripe titivo e retorico appuntamento celebrativo, peraltro nemmeno ricordato in tutte le caserme, le basi navali e gli aeroporti della Repubblica, la dice lunga su ciò che è veramente importante per noi italiani. Per fortuna abbiamo fra noi «uomini nuovi» della tempra di Leo Valiani che avendo fatto il loro dovere in guerra tanto da meritare la medaglia d'oro al valor militare e in pace ricevendo il laticlavio a vita, ci sanno dire con forza quanto sia assurdo e semplicistico voler giudicare un passato, nemmeno conosciuto bene, con la troppa facile mentalità del presente. Di quei lontani avvenimenti si dimenticano troppe cose. La prima che il generale Cadorna fu destituito dopo Caporetto non tanto per la disfatta subita quanto per il suo inammissibile ordine del giorno con il quale accusava di viltà di fronte al nemico intere grandi unità di combattimento. La seconda, forse più importante per la storia della nazione, che fu lo stesso Ca¬ dorna a organizzare ed effettuare, con tenace determinazione, la ritirata dal Tagliamento al Piave, consentendo così a Diaz e Badoglio la vittoria a Vittorio Veneto. La riabilitazione, inoltre, già avvenne con l'amnistia varata dal governo Nitti nel 1919 nel ricordo proprio di questa straordinaria battaglia che ci impose di fatto, per gli enormi sacrifici sostenuti, fra le grandi potenze dell'epoca. Non facciamo della retorica, ma aiutiamoci a conoscerci meglio, almeno in quelle pagine che continuiamo a non saper leggere, opponendo artificiosamente il retorico soldatino che invece era un uomo libero e cosciente a un presunto comandante autoritario e insensibile. Voglio ricordare quanto proprio Leo Valiani, già senatore a vita, ebbe a dire partecipando il 4 novembre del 1984 al ricevimento del Reggimento Artiglieria a cavallo di Milano, medaglia d'oro al valor militare e cittadino onorario della città: «Sono qui per rendere omaggio non solo ai soldati ma agli ufficiali nel ricordo del loro generoso ed eroico comportamento nella grande guerra. Fu la forte coesione fra comandanti e gregari a farci superare le avversità e arrivare alla sospirata vittoria finale!». Che almeno una volta all'anno si faccia un po' di storia patria e si ricordino la capacità e l'eroismo dei nostri avi.... gen. Gianalfonso d'Avossa Rai, canone e pubblicità Consentitemi di intervenire a titolo personale, e però, credo, qualificato, nella polemica innescata dal lettore Aldo De Paul di Gabino Monferrato («Miliardi sprecati in giochetti e cachet», del 10 novembre) per precisare alcuni dati di fondo. Ovviamente rispetto in pieno il suo dissenso rispetto a certi programmi del servizio pubbli co e però non posso non rileva re almeno due inesattezze: 1) non è vero che gli affollamenti pubblicitari siano aumentati nei palinsesti Rai, men che meno che gli stessi superino quelli di Mediaset rispetto ai quali restano notevolmente più bassi per effetto delle norme esistenti in materia (pur registrando ascolti decisamente più elevati); 2) il canone annuo di abbonamento di 167.150 lire: il lettore lo trova «non tanto leggero», opinione anche questa rispettabile, chiarendo però che il nostro è il canone più basso d'Europa dove gli altri Paesi fanno pagare abbonamenti che stanno fra le 200-220.000 e le 500.000 lire circa all'anno. Attenzione, la sola Bbc è finanziata pressoché integralmente dal canone (ma si porta a casa circa il doppio dei miliardi della Rai), mentre le altre si alimentano di canone e di pubblicità, con affollamenti pari, mediamente, a quelli privati in Italia. Questa la realtà delle cifre e quindi delle risorse disponibili in giro per l'Europa dove operano una quindicina di emittenti pubbliche le quali, come la Rai, e però a condizioni assai più favorevoli, si giovano contemporaneamente di canone e di pubblicità. Su tutto il resto il dibattito è libero ed aperto, partendo però da queste premesse strutturali ai più assai poco note, tanto che molti in Italia pensano di essere gli unici cittadini europei a pagare un canone di abbonamento e per giunta gra voso. Vittorio Emiliani, Roma Consigliere d'amministrazione della Rai Le lettere ,yanno inviate.^' /la stampa I f Via Marena, 32,10126 TOWNo\l fax 011 -6568924 N e-mail lettere@lostampa.lt 1 Egregio Signor Del Buono la lettera che le ha scritto il Signor Franco Maina di Savigliano a me è sembrata peccare un po' di presunzione. Dei programmi televisivi, sia quelli della Rai, sia quelli di Mediaset al lettore di Savigliano non gliene va bene uno. Non le sembra presunzione, questa, Signor Del Buono? E poi il Signor Maina cita alcuni programmi come quello della Zingara che a me piace molto e non di certo per quei pochi «spiccioli» che il programma regala, ma perché si tratta di un programma piacevole e divertente nella sua brevità. Pasquale Grillo, Aosta GENTILE Signor Grillo, lei ha ragione a riportare il discorso a una misura non apocalittica, e continua: «Come dire rinfranca lo spirito tra un programma e l'altro. Non vorrei andare oltre, soprattutto perché lei ha già risposto alla lettera del Signor Maina con la sua consueta obiettività e saggezza. Certi programmi, infatti, si possono non vedere, scegliendone altri facendo zapping; se poi sono tutti antipatici e scadenti come aff erma il suo lettore, si può anche chiudere il televisore e farlo sigillare così non c'è da pagare neppure l'abbonamento. Sia chiaro che io non sto ponendomi a difensore delle emittenti perché ie emittenti sanno difendersi molto bene da sole, ma mi è sembra- La libdi camcan to di capire che questo signore (di certo regolarmente abbonato alla Rai) in buona sostanza è molto abile nel criticare, nel senso più negativo della parola, tutti i programmi televisivi, sa fare anche delle diagnosi, ma non è altrettanto bravo nel suggerire qualche sua ricetta che deve pure avere dopo tutto quello che ha detto su questi "famigerati" programmi della tv e che potrebbe essere utile sia alla Rai sia a Mediaset per farle guarire da quel male che, secondo il Signor Maina, affligge i palinsesti. Ma, a questo punto, a me salta in mente quel tizio che saggiamente disse: "Una gallina sterile cerca sempre il pelo nell'uovo altrui..."». ale S'impara sempre qualcosa, gentile Signor Grillo, se si presta un poco d'attenzione ai nostri simili, magari concedendoci il sospetto di non essere gli unici a capir tutto a questo mondo. L'importante è sempre non esagerare, rispettare una norma di vita, ad esempio, che ci conceda di sfruttare la tv, accettandola per quello che è oppure rifiutandola per quello cne non è. Oreste del Buono La libertà di cambiar canale