«E' un costo da riconoscere»

«E' un costo da riconoscere» «E' un costo da riconoscere» «La famiglia ha bisogno di sostegni economici» INTERVISTA LA SOCIOLOGA PUNTO primo, «in Italia non esiste una politica seria di sostegno della famiglia in generale, e di chi ha figli in particolare». Punto secondo, «bisogna decidersi a riconoscere il costo dei figli. Perché i figli costano, e tantissimo». Chiara Saraceno, docente di Sociologia della famiglia all'università di Torino, riconosce che adesso le cose stanno cambiando, ma che ancora c'è moltissimo da fare sul fronte della famiglia, cardine fragilissimo della nostra società. Partiamo dell'esempio di Padova, dai contributi che verranno distribuiti dal Comune per contrastare il calo demografico. Lei cosa ne pensa? «Siamo un Paese a bassa fecondità, e quindi ciascuno ci prova, a incentivare in qualche modo le nascite. Questo esempio dimostra anche che puoi ottenere delle cose - degli aiuti - a seconda del posto in cui hai la fortuna di abitare. Ma il problema è un altro: in Italia non si riconosce che chi ha dei figli sostiene dei costi più alti, e che crescere dei figli costituisce anche un bene sociale. I figli, tanto per intenderci, sono quelli che pagheranno le nostre pensioni». Ma gli altri Paesi riconoscono l'esistenza di questo costo? «Altroché. Tutta l'Europa, tranne Italia, Spagna e Grecia, hanno un sistema che - a prescindere dal reddito - prevede gli assegni per i figli, da quando nascono fino alla maggiore età, e in certi casi anche oltre. Ogni famiglia francese e belga riceve un mensile - la media europea è di 100 mila lire - e in più usufruisce di una tassazione molto attenta al numero dei figli. Nei Paesi scandinavi invece esistono gli assegni per i figli, ma non sono previsti "sconti" fiscali. Come vede, gli altri si muovono, riconoscono che un figlio ha dei "costi di impianto", che un bambino ha bisogno di vestiti, di una carrozzina, di medicinali. In Italia invece questo discorso stenta a passare. Basti pensare che - da un punto di vista fiscale - fino all'ultima modifica neanche quattro figli contavano quanto una moglie a carico». Ma qualcosa sta cambiando, o no? «Sì, adesso si registra una certa attenzione al problema, ed è già qualcosa. Ma tutte le iniziative vengono prese un po' casualmente. Mi riferisco alle 200 mila lire previste dalla Finanziaria per le neo-mamme con bassi redditi. Sono meglio che niente, certo, però qui manca il quadro della situazione generale, e tutto rischia di diventare frammentato, con obbiettivi niente affatto chiari. Credo sia ora di decidere cosa fare: sostenere le famiglie a basso reddito, e quindi intervenire sulle povertà? oppure aiutare tutte le famiglie a sostenere il costo dei figli, attraverso una misura che sia orizzontale?». Secondo lei cosa è meglio? «Fare chiarezza, innanzitutto. E capire bene lo stato delle co¬ se. Poi, evitare di creare nuove ingiustizie e nuove categorie. Perché l'attuale approccio al problema è ancora una volta basato sulle categorie, e tutte le misure sono riferite al criterio del reddito. Un esempio: gli assegni famigliari, che riguardano i lavoratori dipendenti, e non gli altri. E allora io faccio l'e¬ sempio delle colf, che si pagano i contributi eppure non prendono niente». Allora, per una politica equilibrata di aiuti alle famighe, da dove è meglio partire? «Dall'eliminazione dei disincentivi». Cioè? «Per prima cosa ottenere una fiscalità più giusta, che riconosca di più il costo dei figli. Io insisto molto su questo punto, che ri- tengo fondamentale: chi fa i figli li fa anche per la società, produce cioè un'opera che è anche un bene collettivo. E questo al di là del fatto che i figli siano uno, due, o tre. Aggiungo un altro ragionamento: il contributo fisso e sicuro, l'assegno mensile per ogni figlio, è un provvedimento che risulta - la Francia co lo dimostra - molto protettivo per le famiglie a rischio povertà. Chi sa di poter contare su un "pacchetto" per i figli, su un "bonus bambino", ha altre prospettive e certezze rispetto a chi non ce li ha. E non è poco, per le famiglie a basso reddito». BiiinellaGiovara NEGLI ALTRI PAESI «Tutta l'Europa prevede gli assegni per i ragazzi dalla nascita alla maggiore età» JééII Chiara Saraceno, docente di Sociologia della famiglia all'università di Torino

Persone citate: Chiara Saraceno