Gli errori del Padrino

Gli errori del Padrino Gli errori del Padrino Ordini sgrammaticati ai suoi uomini IL LESSICO DI UN UOMO ANTICO E' m ROMA un personaggio arcaico, quello che viene fuori dalle lettere trovate dagli investigatori che indagano sulla rete di protezione della latitanza di Bernardo Provenzano. Undici missive, alcune inviate - naturalmente attraverso «postini» fidatissimi da «don Binnu», altre ricevute dal latitante più famoso del mondo. Lui, il capo, scrive soltanto a macchina. E si capisce che vuole evitare le conseguenze di una perizia calligrafica. Non sembra abbia imparato l'uso del computer, il buon Provenzano. Un uomo arcaico, dunque. E non perché non si sia allineato col modernismo informatico. Ciò vorrebbe dire poco, dal momento che non gli mancano buoni consulenti. No, è la mentalità, la lingua povera, la conoscenza di pochi vocaboli che tradiscono l'arcaicità del boss. E si capisce che abbiamo a che fare, con un mafioso poco evoluto. Non c'è un solo indizio di modernità nel suo linguaggio. «Binnu» il corleonese è diverso da Totò Riina, nel senso che mai e poi mai si sognerebbe di dichiarare guerra allo Stato. Non è «rampante» e, quindi, non dimostra neppure quell'accenno di folle «modernità» che portò Riina a cacciarsi nei guai con la scelta stragista. Bernardo Provenzano è proprio «antico»: media in continuazione, parla con tutti, spiega, è accattivante quando chiede notizie sullo stato di salute degli amici e manda baci ai bambini. Quasi si scusa, quando capisce di non poter esaudire le richieste che gli giungono. Usa una lingua che lo rende goffo. Comincia quasi sempre così: «Mio carissimo, con l'augurio che la presente vi trovi in ottima salute, come posso assicurarvi di me...». Frasi che riportano alla memoria vecchi schemi della corrispondenza tra gli emigranti e i loro familiari. Le famose lettere dall'America dell'inizio del secolo, quando da New York o dal Venezuela i figli maschi scrivevano: «Miei adorati genitori, care sorelle...». Una lingua usata anche dai banditi alla macchia che esordivano: «Dal luogo della mia latitanza, mia adorata madre, caro papà, fratelli e sorelle che tanto mi mancate...». Ecco, don Binnu scrive come parlava quando stava in campagna, a Corleone. Usa l'ablativo assoluto siculo che recita: «Sente che», oppure «sendo», per dire «stando così le cose». Sceglie pochi verbi e sono tutti rigorosamente riqonducibih all'ideologia mafiosa. Per attribuire una competenza territoriale dice: «Cade da voi». Non tralascia mai di sottolineare la parola «interesse». Un amico, così, è quello che «si interessa» di un dato problema. Un uomo da sponsorizzare è «la persona che ci interessa». E naturalmente il tutto è finalizzato al più rigido scambio di favori. Come sintetizza la dinamica di alcuni fatti che sono ancora in svolgimento? Semplice, allude a «quella situazione che tu sai». Non nomina mai nessuno, se non per iniziali. Una precauzione che si è rivelata quasi infantile, dal momento che i carabinieri disponevano di un «decodificatore» della cui esistenza «don Binnu» si è accorto con un «colpevole» ritardo di tre anni. Non ha capito subito che intratteneva corrispondenza con un collaboratore del colonnello Riccio, quel Luigi Ilarda - adescato in carcere - che, prima di cadere ucciso, tanti segreti riuscì a confidare ai carabinieri. Si esprime a fatica, Provenzano. Forse la necessità di non dare ap- puntamenti lo ha costretto a scegliere un sistema di comunicazione che non gli è congeniale. Ma «don Binnu» non si fida di nessuno e preferisce evitare il contatto diretto. Questo innato ed animale¬ sco fiuto del pericolo gli ha fatto scegliere la parola scritta, contravvenendo alla vecchia regola che vuole l'uomo d'onore molto contrario a penna ed inchiostro. Ma lui fa di necessità virtù e cerca di rendersi riconoscibile al popolo abbandonandosi a debolezze che lo portano a scrivere di «falsità» messe in atto per «mettere in cattiva luce» alcuni amici. Anche qui siamo nella perfetta ovvietà del linguaggio mafioso. Ci sono passi delle sue lettere addirittura poco comprensibili per gli errori di ortografia e i vuoti logici: «Anime mi dispiace di non poterti essere di aiuto»; «ora mi parli di questa questione dei Reisani (riesini, abitanti di Riesi ndr) che anno incassato grosse somme per senzalia (attività dei sensali); FIRMATO 'Zig BINU Pubblichiamo alcuni brani tratti da tre lettere inviate dal boss mafioso A Luigi Nardo, l'ex mafioso di Caltanissetta che poi divenne il confidente del colonnello Riccio «Mio carissimo a, con gioia ho ricevuto il tuo scritto, mi compiaccio tanto nel sentire che godei i tutti di ottima salute. Lo stesso fiosso dirti di me-. -Sapevo che vi a vessino dovuto vedere con MAI. e ora tu mi dai conferma che vi siete visti: mi aiigiiro una singera e corretta collabora- «Ora sendo che per tutti li altri discorsi, tutto sembra andare per i verso giusto, anche se resta qualche zona d'ombra per quei discorsi che io sò...». Eppure anche questi sono ordini. Come lo sono ben diciannove punti contenuti nella lettera inviata a Giovanni Brusca. Un elenco di «cose da fare», in relazione alla vita interna di Cosa Nostra, che chiude ima parentesi dedicata ai figli di Totò Riina. Quei ragazzi lo impensieriscono: «Chiedi da parte mia se potessero cercare di evitare cose sgradevoli. Fammi sapere che fanno di male e se ò vero quello che sento di loro. Salva il salvabile, è una mia preghiera». Però comanda, il vecchio Provenzano. Il mondo di Cosa Nostra non è meno arcaico del suo capo e la lingua incerta ò riconosciuta. Tanto, poi, quando deve colloquiare con altri, il padrino ricorre al messaggio che gli è più congeniale: l'intimidazione o il cninvolgimcnto. Comanda tanto che ò ancora libero. Malgrado i delatori, malgrado la solitudine in cui vivo, dopo le difficoltà provocate da! pentitismo. Dalle lettere si capisce che interviene sugli appalti per la metanizzazione, per le sorti delle acciaierie Megara di Catania. Una lettera chiude così: «Ditta Aiello deve fare lavoro strada interpoderale a Bubudello lago di Pergusa Enna»; «Ditta Aiello deve fare lavoro strada interpoderale al bivio Catena Piazza Armerina». Il boss scrive male ma conosce l'odore dei soldi. Francesco La Licata Sceglie pochi verbi tutti riconducibili all'ideologia mafios L'elenco delle cose da fare, tra appalti e intimidazioni rione. Ambe se abbiam molte difficoltà, sia fuori che dentro di noi stessi, cercati di ivcupcrare il massimo del recuperabile: ■■Allora, a, scusami se ti chiedo la massima chiarezza, ha scanzo di equivoci e perdita di tempo: dimmi cosa io possa fare per voi tutti e se e nelle mie possibilità sono ha vostra comprata disposizione-. «Ora ti prego di volermi scusare dèi miei errore, felicissimo del tuo contatto resto in attesa di tue notizie. pregandoti di dare < miei Saluti a tutti e bacetti ai barn- bini che ora saranno fatti grandicelli bacetti per i bambini e i suoi genitore augurandovi un mondo 1 di bene inviandovi i più cari AJ]. Saluti- A Luigi llardo -Senti scusami se insisto con quésti racconmndazzione, ma come tu sai io cerco di servire. Non sò se questo paese di Tusa cade da da voi, ho ha Enne, e comunque tu puoi aiutarci sia da voi che a Eanaf -Perché si comporta male con la signora vorremmo sapere se la persona che ci interessa può fare Famministratore. Ti prego se li è possibile interessarti e dammi una risposta, che io la do Ha cui me la chiede, che è una persona che io ci tengo» A Giovanni Brusca" riferendosi ai fig'l dl Totò Riina Chiedi da pane '"'"se potessero - ...filare cose sei<adciin ™™ sapere che flZ(« l'ero quello che sento salvabile. e una mia