L'agguato del lavoro all'Europa socialista

L'agguato del lavoro all'Europa socialista L'agguato del lavoro all'Europa socialista Sul problema i nuovi governi si giocano già il futuro UNA CORSA CONTRO BL TEMPO OFRANCOFORTE RA i disoccupati sono i nostri disoccupati». Gerhard Schròder sa che il giudizio futuro degli elettori tedeschi, che ha saputo così abilmente conquistare, dipenderà dal numero di posti di lavoro che riuscirà a creare. E' una regola che vale per tutti i governi europei, vale di più per un governo tedesco, vale tutto per un cancelliere socialdemocratico. Per i premier socialisti europei un fallimento nel creare lavoro sarebbe esiziale. «Dovremo far calare il numero dei disoccupati di un milione entro il 2002», spiegano a Bonn. Ma i miglioramenti devono giungere prima possibile, prima delle elezioni europee del giugno '99. Il «lungo tonnine» vale poco: Kohl, accusato di aver creato milioni di disoccupati, in realtà aveva aumentato la quota di senza lavoro solo dal 9,5% al 10,5% in 16 anni, nonostante l'unificazione tedesca e la nuova concorrenza globale Sul suo destino politico ha pesato ,)erò il grave peggioramento del '97 e la lentezza del '98. Secondo i dati Ocse, tre quarti della disoccupazione europea sono strutturali, dipendono cioè da riforme profonde, non da impulsi rapidi alla crescita economica. Ma i tempi della politica richiedono risultati veloci, e la fretta spiega i primi passi dei governi socialisti: incentivi ai consumi, investimenti infrastrutturali europei, «patti per il lavoro» da negoziare con sindacati e imprese, anticipo gratuito della pensione per far posto a giovani disoccupati. Ricette che fino a pochi mesi fa erano bandite come le più miracolistiche dai tempi del discorso della montagna e della moltiplicazione dei pani e dei pesci. I dati futuri del mercato del lavoro potrebbero non essere drammatici. Negli ultimi 12 mesi il numero dei senza lavoro in Europa è calato del 6%, i consumi delle famiglie aumenteranno nei prossimi mesi se la fiducia nella crescita economica in Europa non sarà scossa dalla crisi globale. Oggi le assunzioni riguardano giovani con contratti a termine, senza le pressioni al rialzo sui salari che scoraggiano chi assume. Per stabilizzare la disoccupazione è necessaria una crescita del 2,2% del pil, ritenuta possibile nel '99. Ma poiché la crescita verrà da servizi e costruzioni, che utilizzano più lavoro che capitale rispetto alle imprese manifatturiere, gli occupati potrebbero aumentare di numero, mutando però pelle rispetto al tipo di lavoratore industriale sindacalizzato. Per i modelli socialisti più tradizionali, la nuova occupazione potrebbe diventare così una maledizione travestita. Calerà il numero dei lavoratori maschi a tempo pieno a favore di giovani e donne a tempo parziale. In Italia già ora gran parte dei nuovi posti riguarda donne a part time nel settore dei servizi, in Francia due terzi delle nuove assunzioni sono a tempo determinato. In Spagna i posti a scadenza sono un terzo del totale e in Olanda due terzi dei nuovi posti sono a part time 0 a termine. Si tratta di posti che consentono alle imprese la flessibilità necessaria a ridurre 1 costi in caso di crisi. Dopo la grave recessione del '92-'93, il 70% dei nuovi lavoratori «fles¬ sibili» erano ancora in attività ! anche se talvolta in aziende diverse da quelle di due anni prima. Negli ultimi anni i posti flessibili sono rimasti stabili nel 90% dei casi, in alcuni Paesi più dei posti tradizionali. L'incertezza legata ai nuovi rapporti di lavoro però riduce il «senso di inclusione» nella società, e i governi di sinistra cercano di attenuarne il disagio lanciando a livello nazionale le «alleanze per il lavoro» tra le parti sociali e, a livello europeo, le «azioni concertate» tra governi. Dicembre sarà il mese decisivo per queste trattative a Bonn e a Bruxelles, ma nelle cancellerie europee si temono delusioni. In Germania le associazioni di imprese e sindacati sono sempre meno rappresentative, perdono iscritti e potere. I sindacati chiedono aumenti dei salari del 6% e Bonn punta effettivamente a incrementi doppi o tripli rispetto al passato, ma ciò creerà più problemi a chi cerca lavoro. Un rapporto della Commissione europea, che sarà pubblicato la prossima settimana, denuncia «l'incapacità europea di creare lavoro» e ne attribuisce ia responsabilità alle «rigidità europee nei mercati finanziari, del lavoro e delle merci». Nono¬ stante i progressi del mercato unico, l'Europa soffre di costi alti in settori protetti come i trasporti e l'energia. Paragonato con gli Usa è scarso il ruolo delle imprese nuove o ad alta tecnologia che creano l'80% dei nuovi posti. Ma in tutti i settori l'Europa è in ritardo nella creazione di lavoro rispetto a Usa e Giappone, e per questo il rapporto raccomanda a Bruxelles riforme strutturali del modello sociale. Una ricetta sgradevole per Bonn o Parigi. Durante la sua prima visita alla Bundesbank il ministro delle Finanze Oskar Lafontaine ha ammesso di non attendersi grossi successi dall'Alleanza per il lavoro: pochi impulsi a crescita e occupazione mentre il governo ha pochi margini di spesa senza deteriorare il bilancio pubblico. Alla promessa di ridurre le tasse già non crede più nessuno. La sensazione di impotenza e la perdita di concretezza delle ricette elettorali sono così chiare che il partito di Schròder perde consensi. Se si votasse oggi finirebbe alla pari coi rivali della Cdu. A hvello europeo, Bonn teme che l'onere di investimenti comuni gravi ancora sui tedeschi. Secondo Lafontaine non resta che l'arma di bassi tassi d'interesse che però si scontra con la politica di stabihtà delle Banche centrali. A dicembre il vertice europeo dei capi di governo dovrà portare almeno risultati di facciata: l'impegno ad armonizzare un modello sociale che pure unisce gli occupati, ma punisce i disoccupati. Ieri Schròder ha confermato l'intenzione di proporre un «patto europeo per l'occupazione» che preveda, come già anticipato da «La Stampa», target vincolanti sul modello di Maastricht. Bonn può contare sull'appoggio di Parigi, ha bisogno però di altri sostegni e si interroga sulla risposta che verrà da Roma, temendo il no di Londra e Madrid. Per la socialdemocrazia europea e i suoi piani di controllare e frenare il dinamismo globale, il momento della verità tende il suo agguato prima del previsto. Cario Bastasti) li miglioramento deve giungere al più presto, prima delle Europee del 1999 L'Spd è già in calo: se si votasse oggi finirebbe alla pari con la Cdu che ha appena sconfitto

Persone citate: Gerhard Schròder, Kohl, Lafontaine, Oskar Lafontaine