Surifaro, «no alle procure colabrodo» di Renato Rizzo
Surifaro, «no alle procure colabrodo» Il Presidente della Repubblica durissimo con le violazioni del segreto istruttorio Surifaro, «no alle procure colabrodo» «Troppe morbosità», bacchettati anche i cronisti ROMA. «Quando la procura diventa un colabrodo, il danno è incredibile». Un attacco diretto, calcolato, pesante: Oscar Luigi Scalfaro entra nel cortocircuito che arroventa i rapporti tra giustizia e informazione schierandosi contro le violazioni del segreto istruttorio. E chiamando a rispondere di colpa grave quei magistrati che per sciatteria, per smania di vetrina o, magari, per esercitare pressione sull'opinione pubblica lasciano filtrare informazioni riservate. E' una condanna resa ancora più clamorosa dalle circostanze in cui è pronunciata: il Capo dello Stato, durante un incontro al Quirinale, toglie la parola a Guido Columba, presidente dell'Unione cronisti, che sta per leggere un passaggio del suo intervento nel quale critica, tra l'altro, l'atteggiamento di certi magistrati romani. Scalfaro, che conosce l'intero discorso avendolo già letto in precedenza, motiva l'imprevisto stop: «Queste persone non sono presenti: tengo conto delle sue osservazioni, ma è più elegante fermarci qui». Poi, però, imprime alla polemica una fragorosa accelerazione bacchettando proprio quella giustizia piena di crepe «denunciata più volte da stampa, televisione e Parlamento». Quasi a dire: la condanna deve avere carattere ufficiale e ve- nire dallo stesso capo del Csm. Il quale parlando al di fuori dell'ufficialità, ha avuto, anche recentemente ad esempio, parole di fuoco contro la decisione di inviare il famoso avviso di garanzia a Berlusconi quando presiedeva la conferenza di Napoli. «Non si poteva aspettare qualche giorno? Era proprio necessaria tutta quella fretta da Pony Express western?». Valutazioni sull'inopportunità di «avvisi di garanzia che uccidono», amarezza per violazioni del segreto istruttorio «per cui non si trova mai un colpevole» che si rincorrono negli interventi di Scalfaro in questi sei anni e mezzo. Ieri, l'ultimo «no» a certe anomalie, appena addolcito dalla constatazione che la magistratura «ha ragioni serie che possono porre il giornalista di fronte ad ostacoli imprevisti e che, magari, in quel momento lui non riesce a capire». Ma subito dopo, un altro affondo: al giudice servono «coraggio, garbo e prudenza». Di quest'ultima qualità è meglio, comunque, non abusare: altrimenti si po¬ trebbe concludere «che anche Ponzio Pilato era un magistrato prudente». Ma quali sono le considerazioni del presidente dell'Unione cronisti che il Quirinale ha giudicato più elegante consegnare al silenzio? Dopo aver accennato all'episodio della cronista torinese accusata d'aver forzato i metodi d'accertamento d'una notizia, Guido Columba nel suo documento sparava alzo zero contro «il procu¬ ratore di Roma che viola norme e regolamenti rivelando, per ben due volte in un comunicato, il cognome di Simeone, piccola vittima del delitto di Ostia che tutti i cronisti hanno, per autonoma scelta, doverosamente taciuto». E alle accuse nei confronti del magistrato sommava, poi, quelle al garante dell'Informazione che considera «la propria funzione come ruota di scorta del potere». L'eco della polemica è subito rimbalzata fuori del Palazzo con l'associazione nazionale magistrati ad assicurare che le «procure colabrodo» non esistono e gli avvocati a giurare che, invece, il problema è così reale da richiedere l'intervento del Guardasigilli. Ma la lezione del Presidente, ieri mattina non si è limitata al diritto. Ha riguardato anche il giornalismo, seppur visto con gli occhi «del lettore». Per la seconda volta in poche ore il Quirinale ha stigmatizzato certi comportamenti di quotidiani e tv: domenica la condanna al modo in cui hanno trattato la vicenda Di Bella; ieri la critica a certi incongrui resoconti sullo scandalo sexgate: «Quando si è detto il vero non è encomiabile dilungarsi su particolari più o meno morbosi o coinvolgere persone che hanno solo il ruolo di comparse». Renato Rizzo I riferimenti al caso Clinton «Il magistrato abbia coraggio, garbo e prudenza, ma non troppa» Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro
Persone citate: Berlusconi, Clinton, Di Bella, Guido Columba, Oscar Luigi Scalfaro, Ponzio Pilato, Scalfaro
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