Veltroni: nelle Regioni si vada a votare

Veltroni: nelle Regioni si vada a votare Il segretario dei Ds respinge l'accordo Marini-Berlusconi per le «giunte istituzionali» Veltroni: nelle Regioni si vada a votare E nell'Udr affiorano iprimi attriti Walter Veltroni e i suoi presentano una proposta di legge costituzionale per l'elezione diretta dei presidenti delle Regioni. Il Polo risponde con un progetto anti-ribaltone che ricalca da vicino la proposta diessina di lunedì. Tanto da vicino che Fabio Mussi si è detto fiducioso che le due proposte possano facilmente confluire in un testo unico. Al di là delle apparenze, però, le divergenze restano. Tra i due schieramenti e anche all'interno delle stesse alleanze. Nel Polo, se Gianfranco Fini insiste per le dimissioni di massa per andare subito al voto, Silvio Berlusconi appare più prudente, confermando il contenuto dell'intesa raggiunta con il segretario dei popolari Franco Marini, nell'estemporaneo duetto televisivo di «Porta a Porta»: «Non possiamo rischiare di finire cornuti e mazziati spiega il leader di Forza Italia -. Se proprio non si possono riaprire subito le urne, meglio mettere insieme nelle Regioni una giunta con tutti i partiti. Un governo istituzionale che fissi le cose da fare, ma anche una data per le elezioni. Una data certa, ravvicinata, vicina». Una posizione ribadita dal costituzionalista di Forza Italia, Giuliano Urbani, che definisce «improvisazione provvida» l'accordo di «casa Vespa» con il ppi. Tutti, quindi, si dicono contrari ai «ribaltini». Anche se nessuno, al momento, sembra disposto a fare il primo passo. Fini lascia capire che i diessini potrebbero «far finta» di dimettersi. Mussi replica che l'unico ad aver detto chiaro il suo «no» alle dimissioni è un uomo di Fini: il presidente della Campania Antonio Rastrelli, leader di una giunta di destra che sembra destinata a cadere dopo la defezione dell'Udr. I cossighiani fanno quadrato, seccati dagli attacchi che vengono tanto da destra quanto da sinistra. Clemente Mastella insiste: «Anch'io voglio andare alle elezioni nelle Regioni dove c'è la crisi - spiega -. Però voglio andarci prefigurando una maggioranza di centrosinistra. Io ho fatto una scelta quando siamo entrati nel governo, e sono leale. Veltroni ci chiede di fare a Napoli una cosa diversa che a Roma. Ne prendo atto, ma farò a modo mio». Quanto al governo istituzionale nelle Regioni, Mastella punge: «Dove dovremmo farlo? A Roma oppure a Napoli? Non è stato fatto a livello nazionale. Che senso ha farli a livello locale?». E poi la stoccata più dura a Veltroni: «Con chi pensano di vincere le prossime elezioni? Con Di Pietro che è incavolato o con il Ppi che è pure arrabbiato per la storia di Dossetti?». E tanto per far ca¬ pire qual è l'orientamento del partito, l'TJdr ha sospeso ieri Elena Gazzola, l'assessore lombardo che ha rifiutato di lasciare la giunta polista di Formigoni. Ed è probabile che la stessa sorte possa toccare a Michele Iorio, il presidente del Molise che ha fatto sapere di non essere disposto a lasciare in nome di «condannabilissimi giochini di palazzo». Nel partito di Cossiga, dietro alle esternazioni di Mastella, emergono i primi contrasti. Gianfranco Rotondi si è dimesso dalla presidenza dell'Udr campana, dopo aver espresso la sua contrarietà ai ribaltoni senza voto: «Se si deve fare una giunta istituzionale - ha spiegato allora la deve presiedere Rastrelli. Così come al governo ci è andato D'Alema...». E Rocco Buttiglione, dopo aver criticato la «mancanza di collegialità» nell'Udr, arrivava addirittura a definire possibile la ricucitura della giunta campana: «E' una strada molto difficile, ma forse vale la pena tentare. A patto che tutti, a partire dal Polo, riflettano sui propri errori...». Nella maggioranza continuano le tensioni tra diessini e popolari. La proposta di Marini, appoggiata da Berlusconi, a Veltroni non piace affatto: «La cosa più importante - dice il segretario dei Ds - è approvare la legge contro il cambio di maggioranza. Altrimenti può ricominciare un balletto di varia natura. Se sarà approvata in tempi celeri entro sei mesi si può tornare a votare: a me sembra la soluzione più limpida. Quel che poi succede da qui all'entrata in vigore della legge, credo debba esser visto localmente. In generale, diffido dell'idea che si possano scegliere modelli da imporro a livello nazionale: tanto più ipotesi di larghe intese o fotocopie di formule nazionali». Parole che non convincono troppo Antonio Di Pietro, che dalla rubrica su Oggi, ribadisce la sua posizione: «Alle parole devono seguire i fatti - avverte l'ex pm - Veltroni non deve accettare di far parte di coalizioni composte non per volontà elettorale ma per tradimento di questa volontà. Altrimenti, all'indebita appropriazione del voto loro dato commesso da coloro che cambian casacca politica, si aggiungerebbe la ricettazione politica di coloro che acquistano tale voto, scompaginando il risultato della volontà popolare». Guido Tiberga Fini deciso a chiedere il ritorno immediato alle urne. Il Cavaliere «Attenzione: così rischiamo di ritrovarci cornuti e mazziati» Il Polo presenta una proposta di legge simile a quella della Quercia Probabile un accordo per un testo unico LA PROPOSTA 01 LIOGE DI MODIFICA COSTITUZIONALE Democratici di sinistra «Il presidente delle Regioni è eletto direttamente dal popolo, ha il potere di nominare e revocare le giunte. In caso di dimissioni del presidente o di approvazione di una mozione di sfiducia è fatto obbligo di tornare alle urne entro tre mesi». LA PROPOSTA DI MODIFICA ART. 8 LEGGE 43/1195 Democratici di sinistra «Se nel corso del quinquennio il rapporto fiduciario tra Consiglio e giunta è comunque messo in crisi, la durata in carica del Consiglio regionale termina entro il sesto mese successivo». LA PROPOSTA DI MODIFICA ART. 8 LEGGE 43/1195 Polo delle Libertà «Qualora si verifichi un cambio della maggioranza scelta dagli elettori, il commissario di governo lo comunica al Presidente della Repubblica, affinché si awiino le procedure per tornare alle urne entro 150 giorni». Il segretario del Ppi Franco Marini

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