Impeachment partenza al rallentatore di Andrea Di Robilant

Impeachment partenza al rallentatore Scontro tra storici e giuristi repubblicani e democratici: «Processo giusto». «No, un'aberrazione» Impeachment partenza al rallentatore Nessuno lo vuole, ma le audizioni sono iniziate WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «George Washington avrebbe votato per l'impeachment», insiste Stephen Presser, professore alla Northwestern University. «Ma andiamo», risponde stizzito Arthur Schlesinger, decano degli storici americani. «Qui stiamo trivializzando l'idea stessa dell'impeachment». Nel primo giorno delle audizioni preliminari per la messa sotto accusa di Bill Clinton, diciannove storici e costituzionalisti hanno bisticciato pubblicamente sulla legittimità di mettere sotto accusa il Presidente per la vicenda Lewinsky. La vittoria a sorpresa dei democratici nelle elezioni di mid term la settimana scorsa ha ovviamente ridotto la pressione politica a favore dell'impeachment. Ma la «macchina» ormai si è messa in moto e il processo deve comunque andare avanti. Tanto più che proprio ieri la Corte Suprema ha dato via libera all'interrogatorio sia di Brace Lindsey, legale della Casa Bianca e strettissimo collaboratore di Clinton, che delle guardie del corpo del Presidente - gli avvocati della Casa Bianca avevano invocato l'immunità in ambo i casi. E non è escluso che il procuratore Kenneth Starr li chiami nuovamente a testimoniare. Ma la maggioranza del Paese non ne vuole sapere di un prolungamento delle indagini. E lo stesso partito repubblicano, che aveva cavalcato lo scandalo a settembre e ottobre, adesso vuole accelerare l'intero processo per non riceverne ulteriore danno. L'intervento di ieri degli storici e dei costituzionalisti avrebbe dovuto essere una pacata discussione per aiutare i deputati a fissare i paletti dell'inchiesta, avrebbe dovuto chiarire che cosa i padri fondatori intendevano quando scrissero che l'impeachment era giustificato solo in presenza di «tradimento, corruzione e altri crimini e misfatti». Ma il dibattito ha finito per riaccendere lo spirito polemico e la partigianeria tra democratici e repubblicani che si erano sopiti dopo le elezioni martedì scorso. L'assalto contro l'impeachment è stato guidato da Schlesinger, il più anziano e il più noto degli storici chiamati a testimoniare, ma anche un convinto sostenitore del Presidente. «Metterlo sotto accusa per aver mentito su una questione di sesso significa abbassare pericolosamente la soglia dell'impeachment», ha spiegato. «E questo rafforzerebbe pericolosamente il potere del Congresso, trasformando il nostro sistema presidenziale in un sistema quasi-parlamentare. L'impeachment diventerebbe l'equivalente del voto di sfiducia nei Parlamenti europei». Per questo stesso motivo lui e altri hanno criticato anche l'ipotesi di una censura del Congresso nei confronti di Clinton ipotesi di cui si è parlato come possibile compromesso per evitare di andare fino in fondo con l'impeachment. «Avremmo censure del Congresso contro il Presidente ogni anno», ha protestato il reverendo Robert Drinan, gesuita, professore di diritto alla Georgetown University. Henry Hyde, repubblicano e presidente della commissione Giustizia che conduce le indagini, ha tratto spunto dall'intervento di alcuni storici a favore dell'impeachment per ricordare che «qui non si tratta di giudicare un Presidente che ha mentito a proposito di una sua relazione sessuale. Stiamo parlando di spergiuro, di ostruzio¬ ne di giustizia. E sarò anche ingenuo ma continuo a credere che nessuno, nemmeno il Presidente, debba essere al di sopra della legge». L'uscita di Hyde ha rafforzato l'impressione che, al di là dell'intervento degli storici e dei costituzionalisti, la commissione Giustizia, dominata dalla destra repubblicana, sia già decisa a votare a favore dell'impeachment. Poi la parola passerà all'aula, e lì il voto appare più incerto perché la maggioranza repubblicana nella nuova Camera è ormai ridotta a una decina di seggi. Andrea di Robilant Il presidente Clinton presiede la riunione del Consiglio di sicurezza che ha discusso le misure da adonare nella nuova crisi aperta da Saddam nel Golfo Persico

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