Il rabbino d'lsraele; Pio XII, dov'eri? di Emanuele Novazio

Il rabbino d'lsraele; Pio XII, dov'eri? Alla commemorazione nella sinagoga di Berlino, davanti al presidente tedesco e a Schroeder Il rabbino d'lsraele; Pio XII, dov'eri? Sessant 'anni fa la Notte dei cristalli BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Dov'era il Papa, mentre in Germania e in Austria le sinagoghe bruciavano? Perchè Pio XII non condannò mai la "Notte dei Cristalli"?». E' quasi un grido, quello lanciato dal rabbino capo di Israele, Meir Lau, nella Sinagoga di Berlino davanti al cancelliere Gerhard Schroeder, al presidente federale Roman Herzog, al presidente del Bundestag Wolfgang Thierse: sessantanni dopo il pogrom che segnò l'avvio delle persecuzioni naziste contro gli ebrei e che condusse alla soluzione finale e all'Olocausto, le cerimonie per ricordare i morti di allora ma soprattutto le vittime «anticipate» dagli orrori di quella notte di novembre, sono l'occasione per un atto d'accusa durissimo e amplificato dalla circostanza, dall'evenienza, dal carico simbolico del luogo e del momento. La Chiesa cattolica dice in sostanza il rabbino Meir Lau nell'anniversario di un avvenimento chiave per il destino del popolo ebraico - avrebbe potuto evitare il peggio ma non si mosse: «Se in Vaticano Pio XII avesse detto una sola parola, il 10 novembre di sessantanni fa, oggi nella storia ci sarebbero moltissime persone in più, oltre a Oskar Schindler, da ricordare per aver salvato la vita agli ebrei». Ma quella parola non c'è sta- ta, insiste Meir Lau: «Così come un altro Papa non disse nemmeno una parola nel 1923, quando venne pubblicato "Mein Kampf '. Così come in Vaticano non si disse una parola nel 1933, quando Adolf Hitler divenne Cancelliere. Come non si disse una parola nel 1936, quando furono promulgate le leggi razziali di Norimberga. Come non si disse una parola il 1° settembre del 1939, (l'invasione della Polonia che provocò lo scoppio della guerra, ndr), e nemmeno dopo il gennaio del 1942» (quando alla Conferenza di Wansee, a Berlino, venne decisa la soluzione finale, lo sterminio degli ebrei, ndr). Quello del rabbino-capo di Israele non è il solo atto d'accusa affiorato nel ricordo del pogrom che diede l'avvio all'Olocausto. Anche il capo della comunità ebraica tedesca, Ignatz Bubis, ne ha fatto l'occasione di una durissima denuncia: «Negli ultimi anni, in larghi strati della società tedesca l'antisemitismo si è trasformato in un atteggiamento accettabile e tollerato», ha detto alle cerimonie di Berlino. Una modifica di sostanza, che trova riscontro anche in dettagli soltanto in apparenza marginali: «Se prima le lettere minatorie che mi arrivavano erano anonime, adesso sono firmate con tanto di nome, cognome e indirizzo. Segno che la gente, oggi, si sente di nuovo autorizzata ad esprimersi apertamente, in questo senso». Senza contare, insiste Bubis, che da qualche tempo in Germania si fa di nuovo strada «la cultura del guardar dall'altra parte»: «Molti nella nostra società si ritraggono», di fronte alle aggressioni di carattere neonazista e antisemita, «invece di intromettersi» per spezzare il cerchio della violenza e dell'orrore. Senza contare che «in passato l'estremismo di destra era il dominio degli strati sociali più deboli, mentre oggi vi aderiscono anche gli intellettuali». Un riferimento, quest'ultimo, alla polemica ro- vente avviata nelle scorse settimane da un intervento dello scrittore Martin Walser, uno degli intellettuali tedeschi più seri e autorevoli, secondo il quale un monumento all'Olocausto sa¬ rebbe «una monumentalizzazione della vergogna», un modo esterno ed esteriore di ripensare le pagine più cupe e fosche del passato tedesco. Attenzione a una «strumentalizzazione di Au- schwitz che rischierebbe di provocare l'effetto contrario a quello desiderato», aveva ammonito Walser in occasione del conferimento del prestigioso «Premio della pace» nella Paulskirche di Francoforte. Ieri la replica di Bubis: «Quel che più mi sorprende è leggere in tanti giornali che Walser ha semplicemente detto quanto sono in molti a pensare. La normalità non può voler dire nuovo antisemitismo. Normalità, per me, è quando gli ebrei credono di poter di nuovo vivere in Germania per impegnarsi nella miglior democrazia che abbiamo avuto finora». Emanuele Novazio II rabbino capo d'Israele Meir Lau. A lato, il presidente tedesco Herzog alle commemorazioni