Prove generali per la Grande Europa

Prove generali per la Grande Europa Oggi il via alle trattative con Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Estonia e Cipro Prove generali per la Grande Europa Ma i Quindici già frenano sul secondo allargamento BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Si ritroveranno in ventuno, questa mattina, al «Justus Lipisius», il palazzone rosso che ospita il Consiglio dei ministri a Bruxelles, per una prova generale dell'Europa che verrà: da una parte i ministri degli Esteri dei Quindici, dall'altra i loro colleglli dei sei Paesi candidati a diventare membri dell'Unione europea attorno al 20052006: Cipro, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia ed Estonia. Ma l'ambizioso processo di allargamento dell'Ue verso Est rischia di essere assai meno tranquillo e rapido di quanto si potesse prevedere fino a qualche tempo fa, come hanno dimostrato ancora ieri i disaccordi tra i ministri degli Esteri dell'Unione e la Commissione europea sull'opportunità di aumentare già l'anno prossimo il numero di Paesi candidati. Sui Quindici, che costituiscono il nucleo duro dell'Europa, pesa la paura di un dilagare delle crisi internazionali che potrebbe intaccare le risorse necessarie per l'allargamento; sui Paesi dell'Est pesano i timori per la situazione russa che potrebbe facilmente contagiare le loro economie, spesso ancora claudicanti (il Pil estone, ad esempio, è un quarto di quello medio dell'Ue); e sugli Stati membri attuali e futuri pesa, infine, la necessità di una riforma urgente e radicale delle istituzioni europee che non potranno certo funzionare come oggi quando l'Unione sarà a ventuno o, in prospettiva, a ventisette membri. Del resto lo sforzo di adattare pratiche e norme dei cinque Paesi dell'Est e di Cipro agli standard comunitari in tutti i campi necessari - dalla protezione dei diritti d'autore all'organizzazione della burocrazia, dalle garanzie per i diritti civili alla libera circolazione - in molti casi appare'un compito titanico, che potrebbe richiedere addirittura decenni. Così, mercoledì scorso, quando' la Commissione europea ha dato il suo primo giudizio sui passi fatti dai sei candidati e dagli altri sei Stati (Bulgaria, Romania, Slovacchia, Lituania, Lettonia e Turchia), la cui adesione è considerata possibile in una seconda fase, alle valutazioni complessivamente positive per l'Ungheria e la Polonia si è contrapposta ad esempio una dura reprimenda alla Repubblica Ceca, che sta rallentando nei preparativi per l'adesione. In questo quadro di estrema prudenza sull'adesione è comprensibile come ieri gli Stati membri siano partiti all'attacco delle «aperture» fatte da Bruxelles ad alcuni Stati della seconda ondata. Mercoledì, infatti, la Commissione ha affermato che la Lettonia, visti i suoi enormi progressi, potrebbe essere già ammessa ai colloqui di adesione nella seconda metà del 1999, mentre poco dopo la stessa sorte potrebbe toccare a Lituania e Slovacchia. Ma questa mossa piace solo ai Paesi del Nord, come la Finlandia o la Svezia, mentre la maggioranza dei partner comunitari teme piuttosto che un'apertura anticipata di nuove negoziazioni avrebbe effet¬ ti negativi. «Un allargamento più esteso rispetto ai sei Paesi previsti - ha spiegato ieri il ministro degli Esteri Lamberto Dini - rischia di urtare con le risorse finanziarie previste dall'Agenda 2000, che è valida fino al 2006: ci deve essere coerenza tra i mezzi a disposizione e la politica dell'allargamento». E inoltre, sostiene ancora Dini, «bisogna stare attenti a non creare ulteriori distinzioni tra chi entra subito e chi invece non entra nella prima ondata», evitando quindi di «scoraggiare» Paesi come la Romania, le cui chances di ingresso nell'Ue appaiono al momento remote. Così il ministro italiano interpreta la posizione più diffusa tra i Quindici quando afferma di «non prevedere» che nuovi Stati si aggiungeranno presto ai sei primi aspiranti. Ad agitare le acque sull'allarga- mento ha contribuito ieri anche una dichiarazione congiunta, sottoscritta da Francia, Germania, Italia e Olanda, nella quale si afferma in sostanza che Cipro non potrà sperare di essere ammessa nell'Unione finché non risolverà, «attraverso una soluzione politica», il suo status di isola divisa. Una posizione non nuova, che ribadita però proprio alla vigilia dei negoziati ufficiali ha avuto per ora il solo effetto di mandare su tutte le furie la Grecia, grande sponsor dell'ingresso di Cipro. «Posso garantirvi che nessun Parlamento greco ratificherà inai l'adesione di un nuovo Stato membro se questo principio ingiusto verrà utilizzato per Cipro», assicurava ieri sera il ministro degli Esteri greco George Pnpandrou. Francesco Manacorda La Commissione vorrebbe aprire ad altri sei Paesi ma i costi sarebbero altissimi 16 ESTONIA 17 POLONIA 18 REP. CECA 19 UNGHERIA 20 SLOVENIA * CIPRO * La richiesta di adesione di Cipro alla Unione è stata congelata: la grave tensione che esiste nell'isola divisa nel 1974 dall'invasione turca, secondo Olanda, Francia e Germania rende per ora inopportuno l'ingresso nella Comunità. * " ★ * ★ * *

Persone citate: Dini, Francesco Manacorda, Lamberto Dini