NUOVE FRONTIERE DELL'EUROPA di Boris Biancheri
NUOVE FRONTIERE DELL'EUROPA 'AGINA NUOVE FRONTIERE DELL'EUROPA cevono da Bruxelles più di quanto vi contribuiscano (Spagna, Irlanda, Grecia, Portogallo, ecc.) sostengono che non possono ricevere meno di quanto ottengono attualmente. I Paesi candidati, a loro volta, sostengono che debbono ricevere gli stessi benefici che furono accordati ai nuovi membri dell'Unione, come per esempio appunto la Spagna o la Grecia, all'atto del loro ingresso. E' evidente che queste tre aspettative non possono essere contemporaneamente soddisfatte: forse i primi finiranno con il dare un po' di più, i secondi con il ricevere un po' meno e i terzi non avranno esattamente quanto chi entrò prima di loro ottenne. Per raggiungere questo compromesso occorrerà del tempo. Dalla data originariamente ventilata del 2002 come obiettivo di adesione per i Paesi meglio qualificati si passa già a un più realistico 2005 o 2006. Sembrano date remote. Ma, guardando indietro, non è remota Maastricht stessa? Vi è poi il problema dei Paesi esclusi dalla prima fase negoziale. Alcuni di essi si sono profondamente risentiti (la Lettonia, per esempio) e cercano di recuperare saltando sul treno anche se è già partito. Quanto all'area balcanica, così profondamente sconvolta, è difficile prevedere se e in che limiti troverà un assetto politico che sia la premessa per una evoluzione della regione verso un modello vicino a quello europeo. E su tutto pesa l'ombra della Turchia, che presentò la domanda di adesione quando analoga domanda fu presentata dalla Grecia e che è ormai da decenni in Usta di attesa. Tutti questi problemi si intersecano reciprocamente. La Germania, che sa lo sforzo che le è costato l'assorbimento della zona orientale, così diversa per cultura politica, abitudini e struttura economica, comincia a interrogarsi se lo sforzo richiesto dall'integrazione di tanti Paesi dell'Est sia sostenibile e se ne valga la pena. Ma la risposta, come si è detto, è politica. Una volta avviato il processo che porta l'Europa verso Est sarà difficile fermarsi a metà. Ove fallisse, l'intero progetto europeo così come si è ora venuto configurando sarebbe messo in forse. E si tornerebbe all'idea di un'Europa a spicchi, o a geometrie variabili, o flessibile o comunque si voglia chiamare un'Europa hi cui venga a mancare l'idea dell'integrazione e della unità. Boris Biancheri
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