La rabbia dei tassisti «Non siamo a New York»

La rabbia dei tassisti «Non siamo a New York» La rabbia dei tassisti «Non siamo a New York» ROMA I L presidio dei tassisti romaK ni è a piazza Venezia. Mi accosto al folto gruppo sui giardinetti di fronte al palazzo del famoso balcone del duce e vedo che c'è grande agitazione. Saranno più di 200, visibilmente seccati o, come specificano loro «ine... neri, pe' favore lo scriva». Fra loro riconosco tassisti amici, quelli che mi portano all'aeroporto, quelli con cui scambio due chiacchiere mentre le radio accese gracchiano e una buona metà di loro fuma senza neanche chiedere permesso. Ma li amo, sono i tassisti della mia città e formano con i poligrafici romani, cui sono imparentati per via di vaste reti di cognati e cuginerie, una classe operaia e artigianale variopinta e formidabile. Non posso e non voglio dunque parlare male di loro perché sono quasi tutti fior di galantuomini, non sempre e non tutti gentilissimi, qualcuno anche, per dirla con il vernacolo, «un po' fijo de na mignotta», ma comunque fanno parte della pelle della città come i sanpietrini. E questi sanpietrini stanno mettendo in ginocchio Roma, che per conto suo è già sotto assedio, tutta una catena di cantieri, cammini di guerra, trincee, sirene di due corpi diplomatici, di governi che vanno e di governi che vengono, con vigili urbani di pessimo umore, intasamenti da sedersi per terra e cominciare a piangere: roba che quando Bossi dice Roma ladrona viene voglia sia di strozzarlo che di chiedergli asilo politico. E poi loro, i tassisti in sciopero. Fermi, e la città è alla paralisi. Oppure tutti insieme a zonzo (altra forma di sciopero a dispetto), altra paralisi. Oppure piazzati in punti nevralgici, sempre da fermi. E la città è all'estrema unzione. Hanno deciso di far ingoiare alla giunta comunale l'idea di fare Roma come New York, perché di questo in fondo si tratta: «C'era una vorta er communismo, e allora bisognava fa come la Russia. Mo' Veltroni se compra le camicie a Nuiorche, e dovemo fa tutti finta d'esse nuiorchesi, perché pure Rutelli s'è messo in testa a Rudolph Giuliani». Della faccenda si parla ormai da tempo e gli scioperi sono cominciati da qualche settimana. I turisti intercontinentali arrivano stremati a Fiumicino e non trovano nulla e nessuno, noi arriviamo da Torino, da Milano, da Palermo e dobbiamo stringere i denti di fronte a ima ricotta pasoliniana sulla quale si è abbattuta un'alluvione di detriti. Niente taxi, 1 loroitrisSoni dicono cose un po' eccessive, tipo «Oggi la democrazia è morta» e un altro allude alla scarsa chioma del vicesindaco Tocci «pelato» anche per motivi di rima con «ciài stufato». Che cosa vogliono? Estirpare la «voglia di Giuliani» dal Campidoglio, nelle cui stanze è stato deciso di far correre i taxi giorno e notte (come a New York) invitando i tassisti ad organizzarsi per far girare le loro macchine per tre turni di otto ore. Dicono: «Secondo Rutelli dovremmo far usare il nostro taxi anche a nostra moglie e al figlio. Bè, prima de tutto io mi' moje me la tengo a casa e mi' la mando manco p'er cavolo a guida er tassì. E quanto a mi' fijo, nu' j'è venuto in mente a quei quattro s... che lui po' studia da avvocato, invece che da tassinaro? Lo vede che so' razzisti?». Voci del coro: «A Nuiorche i tassì so' tutti zozzi, pieni di car- tacce e de cocacola, e poi ciànno la benzina a 400 lire, aliò, ma che scherzamo?». No, non «scherzamo». Ma qui pare che non scherza nessuno: su al Campidoglio sono decisi ad andare avanti a tutti i costi, e la lobby dei tassisti romani è scesa sul sentiero di guerra avvertendo: «Sciopero a oltranza, min se piegamo, amiamo avanti fino alla morte, so' cavoli amari pe' tutti». Tento il dialogo: ho visto i turisti - dico - e anche i semplici cittadini disperati perché non si trova un taxi, perché i posteggi sono vuoti, perché chi non ha il telefonino per chiamarli via radio si può anche impiccare... Mi saltano addosso (gentilmente, per carità) in una dozzina: «Ma che dice. Ma non se po' ffà d'ogni erba mi fascio. Che c'entra er caso singolo. Allora io pureje dico che ce so' certi clienti. Qui a noi ce tocca a manna giù merda da la marina alla sera, perché la clientela s'è imbastardita e oggi min sai più chi te motti in macchina...». Obietto che a Parigi, a Londra, anche lì hanno gli stessi problemi. Altro assalto: «Ma che stai a ili? Ma de che parli? Aliò, ma l'hai vista la città sicched'è? Ma te rendi conto? Ma che voi fa li paragoni co' Parigi, Londra e Nuiorche?...». No, per carità, ma certo che sarebbe simpatico provare a invertire la tendenza. E allora il coro spiega la ricetta «al positivo» dei tassisti romani: «Basta leva de mezzo tutte, ma dico tutte, le macchine private. Via. In garage. La gente: tutta a piedi. Allora sì, che puoi circola e vedi, se la gente un'Io pia, er tassì!». Certo, spazzolare via ogni au- lo privata è un'idea, basterebbe avere la metropolitana che hanno a Nuiorche, a Parigi e a Londra. Ma non c'è verso. Sono veramente furiosi e considerano qualsiasi obiezione come un attacco personale. Anzi, uno, gentilissimo: «li' stato lei a scrivere quell'articolo sui tassisti romani in cui diceva che noi non apriamo la porta ai clienti e non li aiutiamo a mettere a terra i bagagli». Sì, confermo. Sono io. Non generalizzo, ma confermo. «Ah - fa il tassista gentile -. Beh. mi dispiace, sa? Io apro sempre le porte, faccio parte dei tassisti moderni». Dispiace anche a me, ma è la verità. Fra di voi ci sono cafoni e burini infernali, gente che non sa dove stia di casa lo spirito del servizio. (Ionie ovunque, naturalmente, ma un po' più che ovunque. Saltano su in molti. 1 più per dire che non è vero, ma i più vecchi gridano: «La colpa è vostra che avete fatto cresce una generazione che è uno schifo, so' tutti ignoranti. E co' chi ve la prendete? Coi tassinari? Ma prendetevela co' voi stessi». Con noi chi, scusi? «Co' voi de sinistra. Ciavete, co' rispetto parlando, rotto li...». Ma quanto guadagnate oggi? «Duecentomila lire al giorno, di cui 100 mila di spese. Restano 100 mila, per 26 giorni. Fa due milioni e sei, nei momenti migliori tre milioni. Senza ferie, e si t'ammali min guadagni». E' il prezzo della libertà, osservo: chi non sta sotto padroni!, ha questi inconvenienti. Discutono fra di loro sui veri guadagni e sostengono che queste cose non si devono dire ai giornali, altrimenti la categoria ci va a rimettere. Comunque i tassisti romani si sentono una avanguardia rivoluzionaria-protestataria simile a quella dei camioneros cileni: testimoniano una radicale disaffezione alla sinistra da cui realmente provengono in massa e dicono chiaramente di voler passare a destra. Perche? «Perché si tu me raddoppi li taxi pe' strada, vor dì che tu ar tempo stesso me dimezzi er guadagno, perché a concorenza è a concorenza. E si starno in due a magna la stessa minestra, alla fine magnerai de meno, o rio? 0 lei che certamente ha studiato me po' smentì? Sa che je dico? Che nun sento più de sinistra, e che quanno ce saranno le elezzioni, tutti a casa, li mainiamo». Paolo Guzzanti Protesta in piazza Venezia contro la liberalizzazione degli orari in stile Usa «Possiamo bloccare la città» «Si guadagna solo 100 mila lire al giorno senza ferie e se ti ammali non prendi una lira» «Rutelli vorrebbe che facessimo guidare l'auto ai nostri figli Non pensa che invece potrebbero studiare»

Persone citate: Bossi, Giuliani, Paolo Guzzanti, Rudolph Giuliani, Rutelli, Veltroni