E il Golem a Praga trovò la Bernhardt

E il Golem a Praga trovò la Bernhardt Bruxelles ospita l'altra capitale Art Nouveau E il Golem a Praga trovò la Bernhardt a! BRUXELLES 7 ESPOSIZIONE per eccellenza e il fiore all'occhiello del gemellaggio culturale I fra Praga e Bruxelles - di cui abbiamo già illustrato, su La Stampa di lunedì scorso, la mostra del gotico boemo -, Praga Art Nouveau trionfa non a caso con le sue quasi 600 presenze, pittura e scultura, disegni e foto d'epoca d'architettura, fotografia «pittoriale» e gioielleria, ceramiche e vetri, mobili e grafica pubblicitaria e d'arredamento, nel tardo monumento fra espressionismo e déco di Victor Horta, il Palais des Beaux-Arts. Non a caso, perché da un lato Bruxelles è stata riconosciuta unanimente una città capitale nella rivalutazione del simbolismo e dell'Art Nouveau, nella seconda metà del secolo, pur con l'irrimediabile e insopprimibile onta della distruzione del protocapolavoro, la Maison du Peuple di Van de Velde; ma dall'altro la mostra rivela che anche Praga è stata un centro di altissimo livello della stessa cultura, in una maniera molto singolare, nel cruciale quindicennio tra la fine degli anni 1890 e l'inizio degli anni 1910. La straordinaria ricchezza e variegazione di questa vicenda praghese si impone subito con evidenza nei saloni iniziali, con il modello in gesso del Municipio di Praga eretto nel 1906-11 da Antonin Balsanek, compromesso fra neobarocco e liberty, da confrontare alla fine della mostra con lo stupefacente progetto del 1909 di Josef Gocàr, enorme mausoleo piramidale cuboesprcssionista anticipante la «città nuova» di Sant'Elia o addirittura Metropolis di Lang, il modello divisionista e simbolista alla Puvis de Chavannes dipinto da Karel Spillar per il mosaico sulla facciata dello stesso palazzo e il grande bronzo L'angoscia del 1911-12 di Otto Gutfreund, corrispettivo cuboespressionista dell' Urlo di Mundi. Accanto alla statua di Gutfreund, il puro espressionismo è rappresentato dai due scultori del gruppo «Manes», Stanislav Sucharda con il busto dell'eroe hussita Frantisele Palacky, modello per un monumento ideologicamente antiasburgico, e Ladislav Saloun, con il bozzetto per la statua di rabbi Lòw, il mitico creatore del Golem. Questi accenti nazionalistici cèchi per un'autoctona cultura praghese sono fondamentali per comprendere l'originaria esplosione «Art Nouveau» sulla linea franco-belga, alla quale solo in un secondo tempo si affianca l'influsso della Secessione viennese. Ne è simbolo primario, fra Praga e Parigi, il principe dei cartellonisti, Alfons Mucha (due abbaglianti, svettanti apparizioni di Sarah Bernhardt nelle vesti di Gismonda di Sardou e di Medea di Catulle Mendès da Euripide). Il rigore geometrico della Secessione viennese comincia ad emergere nei mobili di Bedrich Ohmann, trionfa nelle architetture e nei mobili di Jan Kotèra, ma è addirittura anticipato dalle carte da parato presentate a Parigi nel 1900 da Vojtèch Preissig, attivo nell'atelier parigino di Mucha ma in realtà sua perfetta, antitetica alternativa. La varietà vitale di questa officina praghese è veramente stupefacente. Si estende dal simbolismo e postimpressiomsmo dei pittori di «Manes», di cui è tipico esempio Jan Preisler, con i suoi echi di Gauguin e dei Nabis, al decadentismo macabro e anarchico del grafico e poeta Karel Hlavàcek, autore del ciclo Lupanare dell'ani mo, fra Rops e Redon, con i suoi autoritratti in forma di teschio, di incubo, di Cristo diabolico. [m. r.] Prague Art Nouveau métamorphoses d'un style. Bruxelles, Palais des Beaux-Arts Fino al 17 gennaio Da martedì a domenica 10-18 Chiuso 25 dicembre e /0 gennaio Un arredo in stile Art Nouveau