Libertà di stile e venti di fronda
Libertà di stile e venti di fronda A Milano i pittori di «Corrente» Libertà di stile e venti di fronda NMILANO ELL'87, Vedova viene a Milano, a vedere come l'amico collezionista An I tonio Stellatela' abbia piazzato i suoi formicolanti Tondi gulliveriani. Tornato a Venezia, esplode in una lettera-shrapnel: «Il Tondo intrappolato fra porta e camino... in un obbligato stare... il senso insopportabile di insidioso bloccare... In castigo. Chiede, respira, vuole spazio!!!... soffre, scoppia, sta male. Col video si rivedono gli ambienti. Così belli di luce impossibile per tre "bestioni". No! per tre entità di fortissimo così». La vita, il respiro, la libertà. Questa colorata mostra su Cor rente e oltre non si capirebbe se non la si riferisse alla collezione appassionata e dotta di Stellatelli, un economista legato al clima di Comunità e di Adriano Olivetti, compagno di strada degli amici tanto complessi e contraddittori di Corrente. Di cui lui ha seguito le tracce: Yoltre del titolo si riferisce proprio a queste imprevedibili derive, e non soltanto all'immagine-chiave del manifesto di Vedova e Morlotti Oltre Guernica del '46. La storia di Corrente, il foglio creato nel '38 in pieno regime da un gruppo di giovani intellettuali di fronda, sta tutta nella forza dirompente di questo legame tra arte e vita (non in senso decadente): infatti il titolo originale della rivista, che si farà movimento e che riuscirà ad autofinanziarsi con ben 15.000 lettori, è proprio Corrente di vita giova nile. Un vitalismo che all'inizio non disturba l'ottimismo di parata del regime, finché il segretario del partito Scorza, che farà cessare d'autorità la rivista nel '40, non detterà un allarmante decalogo. «Il Duce e il Regime non hanno bisogno di cervelli polemici che si smarriscano dietro astruserie. Occorre che il Duce abbia pronto un esercito: immano, quadrato, maschio, incrollabile nella fede, insomma, un ordine religioso armato». Come bene ha intuito Persico in una conferenza del 1934, questa generazione che alcuni considerano di sopravvissuti dovrà contrapporre una mistica europea a quella fascista: «E' soltanto dopo questa prova che può cominciare tra di noi un mondo moderno, il mondo di quelli che non tornano indietro». Da parte sua il filosofo Banfi insegna: «L'arte non vive di sogni vaganti in non so quale spazio di eternità; nasce e si nutre della vita, è la sua stessa trasfigurazione». Il riferimento all'intemporalità sospesa della Metafisica e del Richiamo all'Ordine sembra esplicito: i giovani Birolli, Guttuso, Cassinari, Sassu, Treccani, Morioni, riportano la vita e la morale dentro la pittura: «L'arte vuol vivere e la vita ò una sola cosa con la libertà». Le urla cromatiche del «lavico Guttuso», le geometrie nere di Vedova, il primitivismo periferico di Birolli, che è anche un lucido teorico e «sente» ungarettianamente la vita: «Esclama e urgi alle cose e ai loro colori». «Nessun colore soggiogato da una forma a priori». Non ci sono più steccati: Coirente si occupa di cinema e fotografia con Lattuada, Sereni e Gatto, Montale e Luzi diventano collaboratori preziosi, Rognoni scrive di musica. Anceschi parla di «una nuova speranza», sia pure spezzata. Come bene osserva la curatrice Marina Pizziolo: «Una gioventù troppo breve (...) una maturità esperta di morte (...) di un'intera generazione di italiani che alla tragica roulette della storia hanno puntato sul rosso o sul nero, perdendo comunque». Se il risultato espressivo può lasciare interdetti, l'interesse documentario del catalogo Charta su arte e repressione è davvero grande. Marco Vallerà Corrente e oltre Milano, presso la Permanente Sino al 15 novembre Tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 14.30 alle 18.30 Lunedì riposo «Raccoglitori di arance» una tela di Giuseppe Migneco, 1952, ora alla mostra milanese su «Corrente e oltre» dove sono raccolte opere degli artisti che si riconobbero nella rivista creata nel '38 in pieno regime da un gruppo di giovani intellettuali di fronda
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