Tom Wolfe: gli antichi Stoici contro i veleni del Duemila

Tom Wolfe: gli antichi Stoici contro i veleni del Duemila L'intervista. Parla lo scrittore americano che dopo 11 anni pubblica il nuovo romanzo Tom Wolfe: gli antichi Stoici contro i veleni del Duemila NEW YORK PPENA uscito è già candidato per il National Book Award e ha scatenato una polemica furiosa. Si tratta di A Man in Full (Un uomo completo), il nuovo romanzo che Tom Wolfe ha impiegato 10 anni a scrivere e che da oggi invaderà le librerie di tutti gli Stati Uniti. La Farrar, Straus &■ Giroux, prima di darlo alle stampe, aveva chiesto ai compratori della grande catena di librerie Barnes and Nobles che cosa ne pensassero della copertina prevista. Apriti cielo. L'American Booksellers Association è andata su tutte le furie. «Se una catena di librerie ha il potere di imporre a un editore quale immagine mettere o non mettere sulla copertina», polemizza Richard Howorth, presidente dell'associazione di cui fanno parte 3400 membri, «quanto ci manca perché metta pure il naso sul contenuto del libro?». Per A Man in Full, comunque, è un ottimo battesimo e per Tom Wolfe una pubblicità gratuita. Da quando nel 1987 aveva pubblicato il suo primo romanzo, Il falò delle vanità - la saga di costume ambientata negli Anni Ottanta, che fino a oggi ha venduto 4 milioni di copie - si era dedicato a raccogliere materiale, annotare e registrare tutto quello che passa nel profondo Sud e in particolare ad Atlanta per produrre questo spaccato d'America massiccio, ma agile e sorprendente. Il protagonista è Charlie Croker, un megalomane tycoon del Sud, sull'orlo del collasso finanziario e morale, ma c'è anche Fareek Fanon, detto Canon, star nera del football, accusato di avere violentato la figlia di mi altro mUiardario. Le due storie convergono, si aggiunge quella di un giovane idealista, Conrad Hensley, che a Pittsburg, in California, viene licenziato dal deposito della Croker Global Foods e finisce nel carcere di Santa Rita, alla periferia di Oakland. In questo inferno l'unico conforto è la lettura di Epitteto e degli altri Stoici. Poi Wolfe aggiunge tutto il possibile: dai sindacati neri all'avvocato bianco, le mogli aggressive, la mania del body building, la rap music, i contrasti razziali, la violenza e i tic di questa America apocalittica alla fine del millennio. «Giro sempre con alcuni fogli di carta e una pernia in tasca», racconta lo scrittore, «anche se qualche volta non posso far vedere che prendo appunti». E allora? «Tonio in albergo e butto giù tutto quello che ho visto, ogni minimo dettaglio, per mipedire che la memoria mi tradisca e faccia scomparire rapidamente materiale prezioso». «A Man in Full» si svolge alla fine degli Anni Novanta. Cosa è cambiato nella società americana rispetto a dieci anni fa? «Gli Anni Ottanta erano caratterizzati dalla febbre per il denaro, mentre i Novanta da una specie di febbre morale». Cioè? «E' quella del protagonista Charlie Croker alla fine del romanzo. Io credo che in questi nostri giorni ci sia molta ricerca spirituale. Sono convinto che la gente è Ietterai- mente alla scoperta dell'anima, della propria anima». Crede che questo bisogno continuerà a crescere? «Ne sono convinto. Se Nietzsche ha ragione, nel XXI secolo vedremo l'eclissi di tutti i valori morali, il che sarà molto più orribile delle guerre mondiali del Novecento. Ho la sensazione che abbia ragione. E' cominciato con la morte di Dio, o almeno con una specie di ateismo diffuso proprio tra le classi più colte, e adesso stiamo toccando il fondo. Ecco perché la gente cerca fondamenta spirituali per vivere». Nietzsche ha previsto anche di peggio. «In effetti ha detto pure che la scienza comincerà a divorare se stessa. Quando non avrà nessun altro aspetto della vita da demistificare si autodistruggerà. Penso che questo processo sia già cominciato». Torniamo al libro. Come mai ha deciso di ambientarlo nel Sud? «Nel 1989 feci un viaggio nelle piantagioni a Sud della Georgia e fui stravolto. Fino ad allora credevo che il lusso fosse avere un jet privato e b ho scoperto persone che possiedono piantagioni di 10 mila ettari con piste di 2 chilometri per fare atterrare i loro aerei». Ma nel romanzo lei racconta anche l'opposto. «Certo, ma non è stato facile. In California, in un altro dei miei viaggi, sono finito tra gente che lavora duro, per esempio nelle celle frigorifere, per ore. Non immaginavo che questa realtà esistesse ancora oggi. Tutta la fatica l'ho fatta dopo a combinare i due estremi: i latifondi della Georgia e la classe operaia californiana». Eppure lei dovrebbe essere abituato a questi contrasti. E' nato in Virginia, vive tra New York e South Hampton. «Sì, ma il risultato è che uno si sente sradicato. E' difficile conservare i vecchi amici in questa situazione. E i nuovi amici oggi si scelgono in base a quello che fanno, al ruolo che hanno nella società, non per quello che sono. Non esistono legami più profondi». Lei ha scrìtto sia saggi sia romanzi. Qual è il genere in cui si sente più a suo agio? «Se scrivi un saggio devi dare vita a qualcosa che c'è già, mentre se scegli il romanzo hai una libertà assoluta, il che mi intimidisce un po'». Non si direbbe. In questo ((A Man in Fulbi è andato avanti per 742 pagine... «E me ne sarebbero servite anche di più...». Ha già cominciato un nuovo libro? «Ci sto pensando. Voglio scrivere un romanzo sull'insegnamento. Per ispirarmi sto rileggendo la Biografia di Zola di Frederick Brown. E' un libro straordinario ed è diventato la mia bibbia». Dovremo aspettare altri dieci anni? «Vogho rispondere con l'ultima riga di A Man in Full: "Oh non ti preoccupare - disse l'uomo del mondo -, tornerò"». Fiamma Arditi «A Man in Full» è ambientato alla fine di questo decennio in mia America apocalittica di violenza, tic e contrasti «Passata la febbre del denaro la gente torna ai valori morali, alla riscoperta della propria anima» A destra Tom Wolfe, a sinistra una scena del film «Il falò delle vanità» che Brian De Palma ha ricavato dal primo romanzo dello scrittore americano