9 NOVEMBRE, GIORNO FATIDICO di Emanuele Novazio

9 NOVEMBRE, GIORNO FATIDICO 9 NOVEMBRE, GIORNO FATIDICO E9 la data della «notte dei cristalli» e delle prime brecce nel Muro di Berlino BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE In Germania si fa di nuovo strada «la cultura del guardar dall'altra parte», accusa il capo della comunità ebraica Ignatz Bubis. «Molti nella nostra società si ritraggono», di fronte alle aggressioni di carattere neonazista e antisemita, «invece di intromettersi», per spezzare il cerchio della violenza. Di più: «In passato l'estremismo di destra era il dominio degli strati, sociali più deboli. Oggi vi aderiscono anche gli intellettuali». Sessant'anni dopo il pogrom più grave della storia tedesca, la «notte dei cristalli», sembra «venir meno la memoria», è l'allarmato monito di Bubis. Un recentissimo sondaggio conferma: oltre un quinto dei giovani tedeschi fra i 14 e i 17 anni alla domanda «Chi o che cosa è Auschwitz?» non ha saputo dare una risposta. Come dire: oltre 3 milioni di persone giovani, in Germania, «non hanno alcuna idea del luogo simbolo dell'Olocausto». L'indignazione di Bubis cade come un masso, nel giorno anniversario di una giornata-chiave per i tedeschi e la Germania: «Una cesura e un giorno di frattura», come la definisce il cancelliere Schroeder. La singolarità del 9 novembre è infatti proprio la memoria: tutto in Germania, il 9 novembre, sembra intrecciarsi in una sovrapposizione di ricordi che alludono alla difficoltà tedesca di recuperare una normalità piena, irreversibile, totale. Il 9 novembre la storia sembra essersi accanita, in Germania: ottant'anni fa, il 9 novembre 1918, mentre il socialdemocratico Philip Scheidemann proclamava al Reichstag la Repubblica Tedesca - la Repubblica di Weimar - lo spartakista Karl Liebknecht proclamava la Repubblica «socialista e libera». Una sovrapposizione che annunciava il disordine degli anni successivi, la corsa suicida verso Adolf Hitler e il suo regime. Settantacinque anni fa, il 9 novembre 1923, le «colonne brune» marciarono sulla Feldherrnhalle, a Monaco: il colpo di Stato tentato nel «capitale del movimento» fallì, ma Adolf Hitler non abbandonò il progetto che gli avrebbe consegnato la Germania. Sessant'anni fa, la notte fra il 9 e il 10 novembre 1938 - quando il partito nazional-socialista era al potere ormai da cinque anni - bande di SA e di SS assaltarono case, saccheggiarono negozi (rompendo «vetri e vetrine», appunto), bruciarono merci, aggredirono ebrei per strada. Una furia sinistra scatenata a comando in tutte le città che provocò subito un centinaio di morti: ma nei giorni seguenti migliaia di ebrei furono inviati in campi di concentramento destinati a diventare i simbob delle atrocità naziste, Dachau, Buchenwald, Sachsenhausen. Sarebbero stati rilasciati la primavera successiva, ma nel frattempo violenze, epidemie e gelo avrebbero fatto salire le vittime a oltre 2500. Nove anni fa, infine, la sera del 9 novembre 1989, si aprirono le prime brecce nel Muro di Berlino: migliaia di persone varcarono un confine che - da oltre 40 anni - non era soltanto la divisione fra due Stati ma una linea tesa sulla storia. Da allora, la Germania ritornata unita ha legato al 9 novembre un'ulteriore riflessione sulla propria identità, e ancora una volta è il senso della memoria a imporsi: milioni di tedeschi, all'Est, si interrogano sulla propria appartenenza alla nuova Germania e si sentono sospesi, incapaci di separarsi dal passato. «Abbiamo difficoltà con la nostra storia: con quella precedente al '45 ma anche con quella successiva all'89», ricordava di recente il rettore della Humbold-Universitàt, Richard Schroeder. La cerimonia era dedicata alle «giornate di novembre» che hanno cambiato la Germania. Emanuele Novazio Preoccupazioni della comunità ebraica per l'ignoranza che circonda il passato: tre milioni di giovani non conoscono i simboli dell'Olocausto 9 novembre 1989, i berlinesi si accalcano intorno al Muro che crolla

Persone citate: Adolf Hitler, Bubis, Ignatz Bubis, Karl Liebknecht, Philip Scheidemann, Richard Schroeder, Schroeder