Parte da Vienna l'esercito europeo di Aldo Rizzo
Parte da Vienna l'esercito europeo F Parte da Vienna l'esercito europeo EI giorni scorsi, si è svolta a Vienna (nell'ambito della presidenza di turno austriaca dell'Unione europea) una riunione senza precedenti. Per la prima volta, i ministri della Difesa dei quindici Paesi dell'Ue si sono ritrovati insieme per parlare della sicurezza comune. E' stata una riunione strana, l'«Economist» l'ha definita addirittura «surreale». Come se fosse intimorito dalla novità (ufficialmente, la difesa non rientra nelle competenze dell'Ue), il governo di Vienna ha insistito sul carattere informale del «meeting» e ha persino invitato i ministri a farsi accompagnare dalle mogli, per godere insieme delle ben note attrattive viennesi... Ma i temi in discussione non avevano niente che fare col turismo, sono un aspetto cruciale del futuro dell'Europa (e tra una settimana se ne tornerà a parlare a Roma, in un convegno già previsto dal governo italiano). I temi sono due, o meglio due in uno. Il primo è la sproporzione, finalmente sotto gli occhi di tutti, tra quanto i Paesi europei spendono per la difesa e i risultati che ottengono. Spendono quasi due terzi di quanto spende l'America e hanno in cambio una piccola parte della potenza militare degli Usa. Questo dipende dalla dispersione degli sforzi, soprattutto nel settore decisivo dell'informatica e deU'«intelligence» elettronica e spaziale. Il secondo tema è strettamente politico ed è la constatazione, anch'essa finalmente acquisita, della carente o nulla presenza dell'Europa nelle crisi che la riguardano e che finora sono state risolte o comunque fronteggiate dall'America (dalla Bosnia al Kosovo, al Medio Oriente). E la credibilità americana si basa sulla potenza militare. Curiosamente, questa riflessione collettiva sulla necessità che l'Europa si dia un'identità strategica (coordinata con gli Usa attraverso la Nato, ma capace anche di farsi valere in proprio) è stata stimolata dal Paese tradizionalmente più estraneo, più «appiattito» sulla linea dell'egemonia americana, la Gran Bretagna. Con una nuova prova di pragmatismo creativo, è stato Tony I Blair a gettare un sasso nello I stagno europeo. Ed è stato il suo ministro della Difesa, George Robertson, più di ogni altro, a portare la riunione «surreale» di Vienna a fare i conti con la realtà effettiva (le «hard realities», dice ancora l'«Economist»). Il tema strettamente politico è naturalmente il più difficile da definire. Sono in gioco i rapporti tra Europa e America, che non possono essere in alcun modo compromessi (ma Washington è anche un po' stanca di dover agire da sola, se no forse Blair non si sarebbe mosso...). Sono in gioco soprattutto le resistenze interne europee, o intereuropee, al salto di qualità dall'unione economica a quella politico-strategica. Si diceva del prossimo convegno di Roma. Esso è organizzato dall'Italia, in quanto presidente di turno dell'Unione europea occidentale (Ueo), che ò cosa diversa dall'Ue, essendo essa sì abilitata ai temi della di Tesa, ma in modi vaghi. Il tentativo, al quale finora la Gran Bretagna si era opposta, è quello di integrare l'Ueo nell'Ue, e a questo mira la presenza a Roma dei parlamentari delle due unioni. La fusione istituzionale, tuttavia, è di là da venire, e solo essa (in assenza di meglio) potrebbe ufficializzare la ricerca di un'Europa politico-militare oltre che economico-monetaria. Aspettando le procedure istituzionali, esiste però un altro percorso, ed è quello empirico della concertazione e della concentrazione degli sforzi dell'industria della difesa. Ci Ljno già grossi segnali, dall'accordo quadripartito (Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia) su un acquisto coordinato di armamenti al progetto di fusione tra due giganti come la British Aerospace e la Dainiler-Benz Aerospace. Gran Bretagna e Germania. Potrebbe essere questo un asse inedito. L'importante, comunque è che l'Europa si muova. Aldo Rizzo
Persone citate: George Robertson
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