Grande Guerra, si chiude l'ultima ferita di Indro Montanelli

Grande Guerra, si chiude l'ultima ferita La nuova Europa risponde all'omaggio di Jospin agli ammutinati francesi del 1917 Grande Guerra, si chiude l'ultima ferita Ma sui disertori è ancora polemica Quei giovani «traditori» in lacrime davanti al plotone d'esecuzione li abbiamo visti (poche volte) al cinema. Per esempio in Uomini contro di Francesco Rosi che suscitò scandalo, diciott'anni fa, rovesciando in forma assai politica un libro drammatico e bellissimo come Un anno sull'altopiano, di Emilio Lussu. Vedere <; prender partito, nel clima del '68, fu per molti quasi automatico. Per altri, che della prima guerra mondiale avevano ancora un ricordo vissuto, fu uno schiaffo. Oggi il film susciterebbe reazioni meno contrastanti. Forse quei «traditori» erano vittime, anche eroi. E come ha scritto Mario Rigoni Stern sulla Stampa, «si dovrebbe ridare memoria ai nostri fucilati perché la paura è un sentimento umano come la pietà». Anche l'Italia potrebbe seguire l'esempio di Lionel Jospin che ha «reso omaggio» agli ammutinati francesi passati per le anni nell'aprile del '17. Ridare memoria, ma come? Non è una proposta accademica. Ha implicazioni sulla nostra società. Il riliuto di impugnare ancora le anni è risuonato, nel secolo, varie volte. Ce lo ricorda Enzo Forcella, untore insieme ad Alberto Monticonc di un libro, Plotone d'esecuy.ione (ristampalo da Laterza) che raccoglieva gli atti dei tribunali militari del '15 - '18 e renava nella prelazione un titolo assai forte: Apologia della paura. Forcella aderisce «con tutto il cuore» alla proposta di Rigoni Stern, perché in quest'idea c'è un tema a lui caro: (ino a clie punto lo Stato può decidere della nostra vita? «Deflagrò con il Vietnam, ma le premesse stanno proprio nella Grande Guerra». Per questo riconoscere apertamente «la leggittimità di quanto haimo fatto i disfattisti d'allora» significa aprire una porta a lungo chiusa, chiedersi sino a che punto il singolo può rifiutare i limiti posti dalla collettività in un'epoca come la nostra dove la comunità, e soprattutto le spedizioni militari, sono intemazionali. E' un tema morale, non giuridico. «Ha significato quando viene proposto da un presidente del consiglio in carica». Ha un significato che può essere dirompente, e la prova è nelle reazioni che suscita l'adesione data dal ministro della Difesa, Carlo Scognamiglio, all'idea di Rigoni Stern. Distinguendo due fasi della guerra, la prima disastrosa, la seconda meglio organizzata, il ministro riconosce il buon diritto di chi cercava di sottrarsi a ordini stupidi, a un'«inutde follia». Ma il generale Luigi Caligaris, europarlamentare di Forza Italia e autore di studi militari, attacca - da Londra - senza mezzi termini: «Pessima idea». In che senso? «La trovata di Jospin fa parte di quel "politicamente corretto" caro ai benpensanti, fra cui Scognamiglio. Se fossi il neo-ministro della Difesa, sarei più cauto». Perche? «Perché in Italia c'è stato un terribile black out sull'esercito, e una strumentalizzazione a fini politici; siamo lontani da un minimo di consapevolezza. Abbiamo sepolto la prima e la seconda guerra mondiale, e intanto facciamo del qualunquismo. Pensi al messaggio che va a un giovane impegnato oggi in una missione di pace: se gli diciamo che l'ordine sbagliato non deve essere eseguito, quali ordini eseguirà? Sono stato a una commemorazione dei caduti britannici, e direi che in un clima come quello può rientrare anche chi sia stato punito a torto...». Ritiene che vadano quindi distinti quelli fucilati «a torto» da quelli fucilati «a ragione»? «Questo 10 ha detto lei. Insisto nel ripetere che ancora non ne sappiamo abbastanza. Al ministro della Difesa suggerirei di conoscere meglio l'ambiente con cui ha a che fare». E Pietro Melograni, anche lui eletto in FI, alla cui Storia politica della grande guerra (Oscar Mondadori) sembra che Scognamiglio si rifaccia in parte, ostenta una certa freddezza. «Tutti questi perdoni a distanza di secoli - perché ormai di quasi un secolo si tratta - mi sembrano antistorici. Sarà sufficiente usare la "pietas" necessaria, ma non possiamo "giudicare" il passato con i nostri criteri di giudizio. Alcuni ammutinati e disertori fucilati durante la Grande Guerra non erano tali. Altri sì, avevano commesso 11 fatto favorendo quindi austriaci e tedeschi. Riabilitarli equivale a dire che sarebbe stato opportuno far invadere l'Italia o la Francia da austriaci e tedeschi». Non le sembra un po' schematico? «No. Secondo Rigoni Stern, Lussu avrebbe di- chiarato che ci voleva più coraggio a disertare che ad andare all'assalto. In certi casi forse sì, ma mi sembra irrilevante. Lussu era molto coraggioso, andò all'assalto, ottenne una medaglia d'argento e non disertò mai». , Lussu, nel suo libro, descrive se stesso attraverso il personaggio di un tenente cui i soldati non si ribellano. E ne è contento, perché sa che l'ammutinamento non è contro i generali lontani, ma contro l'ufficiale più vicino. Ce lo ricorda Mario Isnenghi, che riflette sulla difficoltà di «storicizzare»: «In Francia si può dire che migliaia di ammutinati fecero cambiare una strategia militare dissennata, modificarono la natura della guerra. Anche in Italia gli ammutinamenti avvennero soprattutto nelle unità migliori, come quella di cui ci parla Lussu. Ma certo può risultare troppo comodo e consolatorio dare un giudizio di questo tipo a distanza di generazioni. E' un tema straordinariamente difficile da affrontare, perché riguarda non solo quel che è avvenuto allora, ma che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato oggi. A meno di non assumere un atteg¬ giamento di obbiezione assoluta, "religiosa" alla vita e alla disciplina militare». Detto questo, Isnenghi non ha nulla su cui dissentire da Scognamiglio, salvo la stima di diecimila fucilati proposta dal Ministro. Chi invece si arrabbia è Indro Montanelli: «Le guerre non bisogna farle. Se si fanno, bisogna combattere. Pretendere di condurle con le leggi di pace è idiota». Condanna senza appello? «Guardi, io di questo buonismo ne ho pieni i coglioni». Mario Baudino Forcella: vanno riabilitati. Può lo Stato decidere della nostra vita? Caligaris: se diciamo di non eseguire gli ordini sbagliati, che resta dell'esercito? Montanelli: le guerre non bisogna farle ma se si fanno bisogna combattere In alto un'immagine della ritirata di Caporetto nel 1917 A sinistra una postazione italiana sul fronte dell'Isonzo Qui sopra Indro Montanelli

Luoghi citati: Caporetto, Europa, Francia, Italia, Londra, Vietnam