Cile, l'esercito in allerta di Fabio Galvano

Cile, l'esercito in allerta L'ex dittatore pretende le scuse di Londra: non ho nulla di cui pentirmi, ho servito il mio Paese Cile, l'esercito in allerta Mentre i Lord decidono la sorte di Pinocbet LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Mentre l'ex dittatore cileno lanciava una requisitoria contro i suoi persecutori e annunciava l'intenzione di battersi «con tutte le forze» contro l'estradizione, le notizie dal Cile dicono che l'esercito è stato posto in stato di allerta in tutto il Paese. Oggi riprende alla Camera dei Lord - ultima istanza giudiziaria britannica - l'appello contro la liberazione del generale, decisa due settimane fa dall'Alta Corte; ma sono i venti d'instabilità provenienti da Santiago, dove secondo un gruppo di militari vittime della dittatura il Cile «vive sotto la minaccia di un nuovo golpe», a scuotere un Paese e una democrazia ancora alla ricerca di un compromesso con il passato. E' stato il quotidiano «La Tercera», citando fonti legate all'arma, a precisare che l'esercito è in stato di allerta dalle 17 di venerdì. Tale misura significa il rafforzamento dei posti di guardia, l'obbligo per tutti gli effettivi di essere reperibili e disponibili entro 45 minuti, il divieto a ufficiali e soldati di «allontanarsi dalla giurisdizione delle rispettive guarnigioni» (in altre parole devono rimanere entro 40 chilometri dalle caserme). La decisione, secondo il giornale, è stata presa nel corso dell'incontro di venerdì fra i responsabili delle tre armi e dei carabinieri. Rappresenta, secondo «La Tercera», uno dei segnali che i militari stanno dando al governo della loro inquietudine per l'arresto di Pinochet. Due giorni fa un portavoce dell'esercito aveva smentito che le truppe fossero state consegnate, ammettendo però che erano in corso manovre militari «di routine». Tutto questo mentre i socialisti sono in fermento - rinnovano l'appoggio al presidente Eduardo Frei ma criticano l'azione del governo - e l'organizzazione dei militari democratici (Omidechi) avverte che il Paese è «psicologicamente sotto sequestro con la minaccia, ora aperta e diretta, di un nuovo golpe militare». Gli uni come gli altri accusano l'ex dittatore di essere «l'unico responsabile di questa crisi internazionale», che ha anche portato al richiamo dell'ambasciatore cileno a Madrid. Ma Pinochet, dalla sua clinica di lusso a Londra, non dà segno di pentimento. Anzi. L'ex dittatore, che sta per compiere 83 anni, si scaglia contro tutti. Contro chi ha formulato accuse che «sono una parodia della verità». Contro i «tentativi artificiali di magistrati stranieri» che dispongono soltanto di «accuse senza prove». Contro la Gran Betagna, che accusa di tradimento e a cui - ha fatto sapere nel suo primo atto di difesa da quel fatidico 16 ottobre - chiederà scuse formali: «L'esperienza del mio arresto ha scosso la mia fede in questo Paese. Prima non avevo mai dubitato che questo fosse un Paese in cui ci si può muovere liberamente». Invece, dice Pinochet, «mia moglie è stata ridotta alle lacrime, io sono stato ferito e addolorato». Soprattutto perché il generale non ha nulla - dice - di cui pentirsi: «Mi batterò con tutte le mie forze contro la richiesta di estradizione, con il sostegno del presidente e del mio Paese. Se Dio vorrà tomerò con la mia famiglia: a casa mia, in Cile, dove spero di vivere in pace gli ultimi anni della mia vita». La lunga dichiarazione, fatta avere sabato notte ai giornali domenicali in¬ glesi, ripercorre gli eventi del 1973: «Mi sarebbe piaciuto che le cose fossero andate in modo diverso. Avrei preferito che Allende se ne fosse andato con il salvacondotto che gli avevo offerto. Invece scelse il suicidio... Ma sono in pace cor. me stesso e con il popolo cileno. E' chiaro che il ritorno di una vera democrazia in Cile non sarebbe stato possibile senza la rimozione del governo marxista». «La riconciliazione - afferma ricordando Sud Africa e Irlanda del Nord - è essenziale per la pace. La Spagna si è lasciata alle spalle, senza recriminazioni, gli anni di Franco. Perché ora vuole costringerci a comportarci in modo diverso? Come altrove, anche in Cile la recriminazione è nemica della riconciliazione. Un processo in Spagna, su suolo straniero, non è giustizia. Certamente non è giustizia britannica. La riapertura di vecchie ferite non serve a nulla». Con il governo britannico se la prende anche per la presunta violazione della sua immunità diplomatica: «Sono entrato come ambasciatore speciale del Cile, forse non proprio ospite del Foreign Office, ma con la sua cooperazione e la sua completa conoscenza». A supporto della sua tesi ha diffuso la fotocopia del passaporto: «Ambasciatore in missione speciale nel Regno Unito - lo designa il ministero degli Esteri cileno per 22 giorni dal 14 settembre 1998». Quella copertura diplomatica fu poi prolungata di 19 giorni. Ma fu ugualmente arrestato. Ora tocca ai Lord decidere se confermare la liberazione. Oggi l'appello riprende; ma nessuno, ormai, fa previsioni su come e quando si concluderà. Fabio Galvano «Nel 73 avrei preferito che le cose fossero andate diversamente ma Allende rifiutò il salvacondotto che gli avevo offerto» ILfl Militari cileni in parata a Santiago. Qui sopra l'ex dittatore Augusto Pinochet

Persone citate: Allende, Augusto Pinochet, Eduardo Frei, Pinochet