Olivetti, patto di ferro contro tutte le scalale di Ugo Bertone
Olivetti, patto di ferro contro tutte le scalale SOCIETA' Blindato per 3 anni l'accordo di Colaninno Olivetti, patto di ferro contro tutte le scalale MILANO. Gli obiettivi della Bell? L'Olivetti, naturalmente, da difendere ad ogni costo anche in caso di Opa. Ma non solo l'Olivetti, a giudicare dai propositi previsti dal patto di sindacato della squadra, nuovo socio forte di Ivrea. L'asse di ferro tra Brescia e Mantova, riunito dalla regia di Roberto Colaninno e con il supporto di Banca Antonveneta e Chase Manhattan, comincia a svelare i suoi programmi dopo l'operazione che ha fatto di Bell l'azionista numero uno di Olivetti con mia quota pari all'8,026% (investimento di circa mille miliardi, ai valori attuali di Borsa) destinata presto a salire. Tra gli obiettivi di Bell, infatti, almeno da quel che si legge nel patto di sindacato, c'è quello di «raggiungere una quota prospettica pari al 10% circa delle azioni ordinarie Olivetti, nonché sviluppare ulteriori iniziative e sinergie di natura partecipativa e finanziaria nei settori della telefonia, alta tecnologia, comunicazioni, media e simili». Non mancano le ambizioni in casa Bell, finanziaria dalle molte teste: al primo posto, con una quota di capitale pari al 46% figura la Fingruppo, controllata a sua volta da Roberto Colaninno, che dispone del 15,8% e da altri partners padani (la famiglia Lonati con il 12, Emilio Gnutti con il 7 più altri investitori); segue il gruppo Antonveneta, anche con la partecipaca Interbanca, con una quota complessiva del 19,5%; altro partner bancario il gruppo Chase Manhattan (6.834), l'Oak (6,51) e la Lides (4,345); la Gpp International di Emilio Gnutti, con il 16,7%. Una bella compagnia che si è impegnata a «non cedere azioni Bell a terzi fino al 3 novembre 2001 senza l'autorizzazione degli altri alleati» Il patto di sindacato serve a dis¬ solvere alcune perplessità degli analisti di fronte alla varietà e alla complessità della cordata messa assieme da Colaninno. Come difendere, ci si era chiesto, il primato di Ivrea con una squadra così eterogenea, partendo da una base dell'8-10%? Non sarebbe stato facile gioco per un aggressore rompere la solidarietà tra soci con un'offerta molto vantaggiosa? E come garantire unità di indirizzo o rispetto per le quote di capitale più modeste? Come allontanare in altri termini il sospetto che qualche socio «forte» avrebbe presto spiazzato il resto della compagnia? Il patto di sindacato, al proposito, prevede una maggioranza qualificata, il 75%, per le decisionichiave: nomine, approvazione del bilancio, acquisizioni e vendite. In caso di Opa, poi, scatterà la clausola di prelazione per i soci che non intendono vendere all'esterno. Il testo recita infatti che: «Qualora l'assemblea di Bell decida di non aderire ad un'offerta pubblica di acquisto lanciata da terzi e i prezzi unitari offerti siano superiori a soglie prestabilite la parte che abbia espresso voto contrario a tale decisione potrà uscire cedendo agli altri alleati le proprie quote». Colaninno e soci, infine, si sono cautelati sugli equilibri all'interno di Bell e di Olivetti. Non solo, perciò, per 3 anni i soci della Bell non potranno cedere titoli all'esterno senza il gradimento dei soci, ma una specifica clausola impone che, per tutto il periodo, nessun azionista Bell potrà acquistare più dell'1,75% di Olivetti ordinarie. La tela di Colaninno sembra proprio a prova di scalata, dall'esterno e dall'interno». Ugo Bertone
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