CONVEGNO di Filippo Ceccarelli
CONVEGNO CIDAS CONVEGNO Inquisitori o giudici? Sabato 7 al Centro congressi dell'Unione Industriale (via Fanti 17, ore 9-13) il Cidas organizza il convegno «Giudici e inquisitori». Con A. Angeletti, F. Cavalla, G. Frigo, L. Lanza, P. Longo, M. Taradash. SE il giudice imparziale è un mito, l'inquisitore non è soltanto un mito alla rovescia, una lejenda negra, ma viene invocato anche, e sempre più spesso in questi tempi di semplificazione spettacolare, come un autentico incubo pronto-uso, d'infallibile efficacia indiziale. Nel senso che basta la parola: inquisitore, inquisizione. E subito la potenza stessa del suono chiama a raccolta gli spaventosi monaci incappucciati del martirio di Santa Giovanna d'Arco di Dreyer, e i bagliori sinistri dei roghi, le confessioni estorte, il sadismo delle torture, gli orrori, le delazioni. Il tutto secondo una linea estetica che dal torvo sfondo ecclesiastico-spagnolesco, senza interruzioni geografiche, logiche o cronologiche, si estende al gotico per proseguire con i racconti di Edgar Allan Poe, con i terrificanti processi staliniani o le più concitate ordalie del maccartismo. Fino ad approdare - dilatando un po' l'immagine - a qualche interrogatorio di Mani Pulite. E difatti di Inquisizione ha parlato il giudice Nordio (quando vennero pubblicate le intercettazioni delle conversazioni fra Craxi e il suo legale); ha parlato Berlusconi; ha parlato Mattarrese; ha parlato, a suo tempo, il povero Mortillaro. Oltre ai difensori - e qui, francamente 0 richiamo storico sembrava più appropriato - di Marco Dimitri e della banda (poi assolta) dei cosiddetti «Bambini di Satana». Ora, sull'eventuale progenie del demonio si discute da secoli. E anche con questa consapevolezza davvero nulla impedisce ai garantisti - e agli imputati - di evocare quel genere di processi. Rientra nel gioco della comunicazione. Torquemada, oltretutto, è costantemente in agguato (per quanto ecclesiastico pure lui aveva figli, e li presentò al sovrano come «i miei graziosi peccati»). La modernità senza radici, oltretutto, tende a recuperare il primordiale. C'è sempre il rischio, insomma, che le correnti di opinione pubblica intercettino voglie di epurazione e di annientamento quantomeno sbrigative degli avversari. La storia ha consegnato questo ricordo di tribunali selvaggi e sanguinari; ha lasciato in eredità questo terrore antico che in nome di una verità da proteggere costrinse al conformismo e all'ipocrisia. Però, onestamente, un'analogia, per quanto efficace, incubatica o contundente, resta appunto un'analogia. Dà un bel titolo a un convegno, riempie una sala di interessanti e sottili disquisizioni. Ma non fa storia, fa polemica e paradosso. Per cui, mentre la Chiesa apre gli archivi e chiede perdono alle vittime dell'Inquisizione, si scopre che il mito nero continua, al di là e al di fuori del monopolio ecclesiastico. Filippo Ceccarelli
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