NON SI SA COME di Osvaldo Guerrieri
NON SI SA COME NON SI SA COME LASCIAMO stare il lamento degli sciovinisti («Ma come! Uno spettacolo del nostro Teatro Stabile che non debutta a Torino!»). Pensiamo invece a ciò che Lavia propone adesso al suo pubblico, al «Non si sa come» che è l'ultima commedia compiuta di Pirandello, composta tra il luglio e il settembre del '34 e rappresentata l'anno dopo a Roma. Quest'opera si ispira a tre novelle: «Nel gorgo», «Cinci», «La realtà del sogno». Il suo senso è nel titolo, che riprende una battuuta che rimbalza come una pallina impazzita da un capo all'altro della commedia: «Non si sa come... non si sa come...». Il che ci porta con violenza dentro i capricci del caso. Crediamo noi di essere gli autori delle nostre azioni? Sbagliato. Esse nascono non si sa come. Per quale motivo Romeo Daddi uccise da ragazzo, quando portava ancora i calzoni corti, quel suo coetaneo in un'abbagliante campagna siciliana? Fu davvero per una lucertola? E perché, una volta cresciuto, una volta diventato uomo di mondo e di salotto, ha intrecciato una breve relazione senza conseguenze con la moglie di un ufficiale di marina, provocando un doppio finale sul quale si sono divisi i registi teatrali? Romeo Daddi non aveva alcun bisogno di rivelare quell'adulterio, ma, non si sa come, lo fece. Pirandello avrebbe voluto concludere così. Ma forse furono le insistenze di un impresario teatrale a fargli scegliere un'altra strada: quella della morte del protagonista, ucciso con un colpo di pistola dal marinaio. Ed è la conclusione forse più giusta, se si vuole evitare il clima sospeso che ci mostrò qualche anno fa Arnaldo Ninchi, quando mise in scena «Non si sa come» senza quel fatale colpo di pistola. E' la seconda volta che Gabriele Lavia affronta questo testo. Sedici anni fa ne fu soltanto il regista, lasciando a Umberto Orsini il personaggio di Romeo Daddi. Oggi ne è anche protagonista. Il suo è uno spettacolo per molti versi inatteso. Innanzi tutto, niente scenari dell'Umbria, ma un'assolata spiaggia siciliana tra sabbia e lava. Niente marsine, né abiti di società, ma accappatoi e sguscianti nudità, come se i personaggi fossero ricondotti alla loro essenzialità biologica. Salvo il protagonista, vestito di tutto punto, quasi per evocare l'immagine dello stesso Pirandello, che si faceva fotografare al mare in abito scuro, con cappello e guanti (l'abbiamo visto così anche ai remi di un pattino). E' chiaro che, in questo modo, cambia il clima della commedia: non più salottiero, ma barbarico, primordiale, «dialettale» nell'anima anche se la lingua è italiana, pur con scivolature nella parlata agrigentina. Dunque un Pirandello antico, ma tutto da scoprire. Osvaldo Guerrieri f
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