Un vaccino per quattro malattie
Un vaccino per quattro malattie IN FUTURO Un vaccino per quattro malattie a a a e i a a a e e e i i a i e UN vaccino quadruplo, ossia che agisce contemporaneamente per la profilassi di quattro infezioni, difterite, tetano, pertosse ed epatite B, è una delle recenti novità nel campo delle vaccinazioni. Questi vaccini associati polivalenti avranno un importante sviluppo in un prossimo avvenire. Il rapido progresso delle conoscenze scientifiche in microbiologia, virologia, immunologia, genetica, ha fatto emergere una nuova disciplina, la «vaccinologia», con molte innovazioni quali nuovi vaccini, nuove associazioni di vaccini, migliori applicazioni dei vaccini già sperimentati. Una strategia razionale sta sostituendosi all'empirismo. I vaccini contengono antigeni, ossia sostanze riconosciute dal sistema immunitario. L'introduzione degli antigeni nell'organismo provoca come risposta la produzione di anticorpi con l'intervento di due tipi di cellule, i linfociti ed i macrofagi. Il riconoscimento degli antigeni, la produzione degli anticorpi e il tipo di risposta immunitaria sono sotto controllo genetico. I vaccini tradizionali sono costituiti da batteri (febbre tifoide, colera, peste, tubercolosi), da virus (polio, influenza, rabbia, morbillo, rosolia, parotite), da tossine (difterite, tetano). Nuovi orizzonti si aprono per la vaccinologia. Si tratta di vaccini costituiti da estratti provenienti da batteri o da virus e racchiudenti antigeni, ottenuti mediante purificazione, sintesi o ricombinazione genetica. Sono vaccini polisaccaridi, contenenti frazioni della capsula dei batteri (vaccini contro gli pneumococchi, i meningococchi ecc.), oppure vaccini lipo-proteici quali il vaccino anti-epatite B con l'antigene del rivestimento del virus, o il vaccino anti-pertosse acellulare con gli antigeni di virulenza del batterio della pertosse. Prospettive importanti si appoggiano alla genetica. Un esempio: si inserisce in un virus un gene dei protozoi della malaria e, riproducendosi, il virus riproduce analogamente la proteina malarica codificata dal gene, trasportando così il «codice» del Dna malarico che induce l'immunità. Ma perché limitarsi ad un solo gene, perché non creare un cocktail di vaccini? Un solo virus potrebbe servire da veicolo di geni provenienti da diversi agenti patogeni costituendosi così vaccini combinati per la prevenzione di più malattie. Un altro provvedimento è inserire nel virus-veicolo geni manipolati in modo da rinforzare la reazione immunitaria. E ancora, le manipolazioni genetiche consentono di produrre a volontà proteine stimolanti le reazioni immunitarie. In sostanza si tratterebbe di vaccinare non più con un determinato antigene ma con il Dna, con il gene che codifica l'antigene: l'organismo da vaccinare risolve da sé i problemi di sintesi d'un vaccino, lo fabbrica. I vaccini genetici sono per ora studiati con buoni risultati in modelli sperimentali. Potrebbero essi stimolare anche una risposta inibitoria ed essere quindi utilizzati nel trattamento di malattie autoimmuni quali la sclerosi multipla o il diabete giovanile? Qualche risposta positiva si è avuta negli animali. Concludendo possiamo prevedere la produzione di nuovi vaccini che sostituiscano taluni attuali vaccini non soddisfacenti, o che agiscano contro infezioni per le quali oggi non si hanno vaccini, per esempio da virus respiratori o intestinali altamente patogeni per l'infanzia, specialmente nei Paesi in via di sviluppo. Intense ricerche sono in corso per un vaccino contro l'epatite C che costituisce il 20 per cento di tutte le forme di epatite virale, contro la malaria (ogni anno milioni e milioni di nuovi casi) e contro l'Aids, primo fra tutti i problemi mondiali. Purtroppo poco ottimismo per quest'ultimo: circa una ventina di vaccini sono stati saggiati in volontari sieronegativi con risultati modesti, nuove formule sono allo studio, c'è qualche speranza ma, come dice il premio Nobel David Baltimore, è improbabile che si riesca a realizzare un vaccino entro i prossimi cinque anni. Ulrico di Aichelburg
Persone citate: David Baltimore, Ulrico Di Aichelburg
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