L'EROE INUTILE DI ROTH di Masolino D'amico

L'EROE INUTILE DI ROTH RECISIONI L'EROE INUTILE DI ROTH «Pastorale americana» : ilfiglio di un guantaio colpito dalla sventura quando crede di avercela fatta ER sua disgrazia Nathan Zuckermann, lo scrittore-alter ego di Philip Roth, ormai anziano, è stato operato alla prostata diventando praticamente impotente. Per nostra fortuna, ha pertanto smesso di arrovellarsi sulla propria vita sessuale e ha cominciato a guardarsi intorno; e il risultato è il libro più articolato, dolente, complesso e, pur nella sua ripetitività, affascinante, che il prolifico Roth abbia sfornato da molti anni a questa parte; anzi, forse è addirittura il suo capolavoro. E', anche, la sua elegia appassionata e pessimista sulla fine del sogno americano; il suo Ricorda con rabbia, con la differenza che il furore di Jimmy Porter era quello di un giovane, turlupinato da una società nella quale era appena entrato con fatica, mentre il protagonista di Roth è colpito dalla sventura quando ormai ha tutto e crede di avercela fatta. Anche lui è un outsider, come il portavoce di Osborne, che veniva dalla classe operaia. Seymour Levov è ebreo di Newark, figlio di un guantaio che a forza di tenacia e di competenza ha messo su una prospera fabbrichetta. Baciato dagh" dèi, Seymour è alto, bello, biondo - a scuola tutti lo chiamano lo Svedese -, leale, e supremamente dotato negli sport. Si arruola nei marines, corpo antisemita, e trionfa anche lì, pur non facendo in tempo ad andare al fronte (è l'ultimo anno della Guerra Mondiale); sposa una splendida ragazza di origine irlandese, Miss New Jersey 1948; subentra al padre nella direzione dell'azienda e ne moltiplica i guadagni. Anche la moglie è a modo suo un modello di perfezione, fu reginetta di bellezza solo per racimolare soldi per far studiare il fratello, ma adesso si dedica alla gestione di una piccola fattoria. Di qualche anno minore dello Svedese, Zuckerman, che era cresciuto nella stessa cittadina, lo aveva idolatrato da ragazzo, poi lo aveva perso di vista. Lo incontra una volta, per caso, negli Anni 70, e vederlo lo emoziona. Dopo altri anni lo Svedese si fa vivo con lui, lo invita a colazione in un ristorante apparentemente per parlargli del padre, su cui vorrebbe essere aiutato a scrivere qualcosa. Poi però i due non si dicono niente, e dopo qualche tempo Zuckerman apprende che lo Svedese è morto. Contestual¬ mente viene anche a sapere dell'antica tragedia che sconvolse l'esistenza dello Svedese, e capisce che l'incontro avrebbe dovuto vertere su questo. Il fatto era stato sui giornali, ma a Zuckerman era sfuggito, e lo Svedese evidentemente non si era sentito di alludervi per primo. Ora però Zuckerman ci si getta sopra, lo scava e lo rivolta; l'espediente conradiano del narratore filtrato (Roth che scrive di Zuckerman che scrive dello Svedese, come Marlowe raccontava di Kurtz) cessa, e l'affabulatore diventa onnisciente e coinvolto. Lo Svedese e sua moglie ebbero una figlia, Meredith detta Merry, amata e coccolata anche se per loro mancanza di convinzioni non fu allevata né come cattolica né come ebrea. Durante un'infanzia apparentemente felice, Merry diventò balbuziente e refrattaria alle cure in proposito. In seguito cominciò a rimpinzarsi di junk food e ingrassò. Poi - siamo alla fine degli Anni 60 si politicizzò, e seguì con morbosa angoscia i misfatti della guerra in Vietnam. Da ultimo, sedicenne, fece esplodere una bomba che distrusse l'emporio locale ammaz- zando il buon vecchio medico che passava per caso, scappò e per cinque anni fu latitante. Con frequenti puntate nel prima e nel dopo, il grosso della storia che Roth-Zuckerman presenta riguarda questi cinque anni, nei quali lo Svedese, continuando a comportarsi benissimo, si tormenta per recuperare la figlia e per capire dove lui e sua moglie hanno sbagliato; a questo non trova risposta. La follia di Merry è accompagnata da una specie di dissoluzione generale, che in questo periodo si assiste anche al disfacimento dell'idilliaca Newark di una volta; i conflitti sindacali portano alla chiusura delle fabbriche, le strade diventano a rischio, ci sono zone dove i malviventi rubano addirittura le pietre intagliate dagh edifìci. La nazione un tempo liberale e ospitale è come presa da un delirio di autodistruzione. Lo Svedese - l'ebreo che è diventato l'incarnazione dello yankee ideale, di cui esibisce le virtù senza hybris - continua a giocare secondo le regole, ma intorno a lui tutto si inquina, non escluso il suo matrimonio. Roth è magnifico nella descrizione di questo eroe inutile e superato, e anche del mondo da cui proviene (impagabile il «carneo», in particolare, del padre); riesce magistralmente a comunicarci persino il suo orgoglio artigianale, illustrando in tutte le sue minuzie l'arte di confezionare dei guanti impeccabili. Ma l'eloquenza e la bravura mimetica con cui riproduce il tono dogmatico, l'intransigenza, la cieca barbarie, sia di Merry sia di una sua orrenda amica-complice che viene a parlamentare con lo Svedese, sono alimentate da un odio freddo e duro; e benché nel libro ci siano tutti gli elementi anche per «capire» la sciagurata bombarola (che durante la clandestinità ammazza altre tre persone, prima di convertirsi a una setta indiana predicante il rispetto della vita fino a evitare di uccidere moscerini col respiro), Roth bada bene a non rendercela simpatica neppure per un secondo. Il paradiso terrestre è stato devastato non per sete di conoscenza, ma fondamentalmente per invidia, e per idiozia. Masolino d'Amico Philip Roth Una vita sconvolta dalla figlia: tra balbuzie, Vietnam, bombe e sette indiane PASTORALE AMERICANA Philip Roth trad. Vincenzo Mantovani Einaudi pp. 426 L 34.000

Luoghi citati: New Jersey, Newark, Vietnam