E Levi's ritagliò i jeans
E Levi's ritagliò i jeans Pochi giovani, mercato in crisi, 7 fabbriche chiuse per 2 mesi E Levi's ritagliò i jeans LOS ANGELES. Colpa del calo demografico. Pochi bambini, pochi giovani, tanti anziani, che vestono jeans e cavalcano Harley Davidson solo nelle pubblicità: Levi Strauss, il mito, non tira più, chiude per due mesi 7 fabbriche in America, per sempre tre fabbriche in Europa. Una brutta telenovela occupazionale. Perché la riduzione di personale non è affatto un fulmine a ciel sereno, ma un nuovo capitolo, neppure il più pesante, visto che l'anno scorso il colosso californiano aveva già ridotto del 34% la forza-lavoro. Non solo: a settembre era già partita una nuova cura dimagrante, con il taglio di mille posti di lavoro negli Usa. Anche il nuovo annuncio è decisamente preoccupante, con i sette stabilimenti fermi in dicembre e gennaio, 4 mila dipendenti a casa per il più lungo «ponte» aziendale. Rinunceranno appena al 10% del salario, visto che sussidio di disoccupazione, ferie pagate e indennità speciale copriranno il 90% dello stipendio. Tutelati, quindi, ma non certo tranquilli. Perché, a conti fatti, saranno 2600 dipendenti in meno, a conferma che la crisi Levi's è cosa seria: dall'Europa si è estesa a Texas, Tennessee, Gergia e Nord Carolina, gli Stati interessati dalle sospensioni. Nel Vecchio Continente tocca già tre stabilimenti in Belgio e uno in Francia: 1600 dipendenti con la prospettiva di restare senza lavoro per una drastica riduzione di produzione. Perché le prospettive in Europa non sono buone: entro il 2005, dicono le proiezioni demografiche, la popolazione giovane, primo mercato dei jeans, diminuirà del 5%. Meno ragazzi da vestire (e forse più quarantenni), la moda che cambia e fa preferire al clastico pantalone aderente «cinque tasche» in tela blu il modello largo e tubolare, con più ta¬ sche e tassativamente di una taglia in più. E se non cambia la moda e Levi Strauss non si decide, dopo decenni di jeans, a cambiare modelli, saranno guai: occupazione ridotta del 20%, licenziato anche un centinaio di dirigenti in Europa, dove l'azienda conta 7500 dipendenti su 30 mila. E non è un caso isolato. Va in parallelo con le vicende di un altro marchio altrettanto storico come Gillette, messo in difficoltà non dal calo demo- Srafico o dalla moda della bara, ma dalla crisi asiatica. Crollate le vendite in Giappone, Corea, Thailandia e Indonesia, il più grande produttore mondiale di lamette e rasoi ha varato un piano di riorganizzazione che prevede la chiusura di 14 fabbriche e di 12 magazzini, con il licenziamento di 4700 dipendenti, l'll% degli impiegati per fronteggiare un calo degli utili stimato al 20% nel quarto trimestre dell'anno. tb. g.l
Persone citate: Gillette, Harley Davidson, Levi Strauss
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