È un frullatore il cuoco del Duemila di Claudio Giacchino

È un frullatore il cuoco del Duemila Torino, lezione e dimostrazione dello chef: addio coltelli, è una gelatina il piatto a 5 stelle È un frullatore il cuoco del Duemila Al «Salone del gusto» brilla la stella della cucina catalana TORINO. Avete presente Jack Lemmon? Il Jack Lemmon giovane dì «A qualcuno piace caldo»? Bene, allora potete ben raffigurarvi Ferman Adria da Barcellona che le locandine dentro il Lingotto appellano «il cuoco del ventunesimo secolo». A soli 36 anni lo chef catalano gode fama universale di genio innovatore e, non a caso, è la stella che ieri ha illuminato il Salone del gusto: visitato, quando era ancora deserto, dal ministro dell'agricoltura, Paolo De Castro. Poi, dopo mezzogiorno, una volta aperti i cancelli, assaltato da legioni golose. E sterminate dato che non hanno concesso requie agli espositori sino a notte, alla chiusura. E, alle 13, ecco brillare la stella: in una saletta affollata di fans, giornalisti, cuochi perplessi, curiosi e magari qualcuno pure invidiosetto, Ferman Adria, simpatico venditore di se stesso, ricco della parlantina e del gesticolare dell'entusiasta, offre un saggio della sua arte. Insomma, nel tempio del mangiare con gusto, nel cuore di una manifestazione che è anche, o soprattutto, la ricerca del cibo perduto, del come si stava a tavola una volta, in questa ricerca-nostalgia-conservazione dell'enogastronomia che fu il Jack Lemmon iberico ci accompagna alla scoperta della cucina del Duemila: la cosiddetta «cucina destrutturata» in cui ogni cosa è tutto e il suo contrario, dove «a seconda della temperatura il gelato può essere ^.„„yy,<v,1,..v^, sorbetto o zuppa di pesce». Adria annuncia che esiste «la gelatina calda, adesso la farò ricavandola da questo brodo di pesce»: intanto, diapositive illustrano i piatti, policromi disegni di mousse dentro le quali gli elementi dei cibi sono stati sepa¬ rati e poi ricomposti attraverso immaginifici montaggi, unioni. Impensabili «sino a 14 anni fa, quando cominciai a sperimentare e mi prendevano per matto» ricorda con orgoglio lo chef il cui oc¬ chio, come in ogni inventore che si rispetti, luccica dell'Assoluto, della certezza che finalmente s'è fatto quanto il mondo attendeva dalla notte dei tempi. Per due ore, dietro un bancone stipato di piatti, centrifuga, frullatore, sifoni e affettatrice, davanti a una platea che ha pagato 75 mila lire a cranio per abbeverarsi al verbo del futuro, il mago dei fornelli venuto dalla Spagna mostra, aiutato dal fratello, scampoli della sua arte lavorando su e con: pomodori, asparagi, uova, colla di pesce, mango, cocco, olio aromatizzato da bastoncini di cannella, mandorle, scampi, gamberi e fumetto, cioè il brodo ricavato dai molluschi. Il tutto è immancabilmente centrifugato, frullato, ridotto a liquido contenuto in mezzo bicchiere e messo in freezer. Poi, imprigionato com'è in trasparenti scafandri di gelatine, eccolo manipolato, mescolato, cesellato con certosine lentezza e cura: sino al risultato finale, di stupefacente spettacolarità che, nell'occasione, è un raviolo di mango e gambero ripieno di fumetto, una sfoglia di scampo e cocco. L'effetto estetico è notevole: quello papillare chissà dato die il laboratorio non contempla là degustazione. Però, in prima fila, attente e con tanto di bloc-notes fitto di appunti, seggono alcune giovin signore affascinate da Adria, una è stata anche nel suo ristorante barcellonese «El Bulli», garantisce che le ricette dell'innovatore «sono magnifiche, due anni fa le ho sperimentate: venti portate, 110 mila lire, ho assaggiato composizioni incredibili. Certo, non è cucina per i cultori delle abboffate: è per palati fini». Il nostro Jack Lemmon degli chef ha finito: è assediato da fans, foto, autografi, le donne sono le più entusiaste, una Giunone, Francesca Rossi, soffia nell'eccitazione di ritrovarsi accanto all'idolo «sono venuta apposta da Ge¬ nova». E lui ripete anche in tv che «centrifughe e frullatori sono la vera rivoluzione dell'arte culinaria. I coltelli? Medioevo, oggi c'è l'affettatrice». Abbiamo detto che la platea non è di fans, molti sono i cuochi. Tranne il furiano Antonino Venica, della «Trattoria del buco» di S. Giovanni Natisone, «Qui ho imparato molto», tutti sono perplessi o sarcastici. Come Beatrice Segoni, del «Torvoletto» di Porto Recanati «collaboro con Vissani», e Sergio Mei, dell'hotel «Four seasons» di Milano: «Che furbone il catalano, le sue sono le scoperte dell'acqua calda: altro che Duemila, questo vende roba di 30 anni fa, roba per giunta buona solo da deglutire: il mangiare è altra cosa». Non sarete mica invidiosi? «Noi? Nooo. Come potremmo invidiare una cucina per sdentati? Adria è una moda». Claudio Giacchino

Persone citate: Antonino Venica, Beatrice Segoni, Francesca Rossi, Jack Lemmon, Paolo De Castro, Sergio Mei, Vissani