Lo show dei giovani scrocconi

Lo show dei giovani scrocconi COSTUMI FRA IL POPOLO DEI SAPORI Lo show dei giovani scrocconi Tutti all'attacco di degustazioni gratuite OTORINO UESTO popolo del Salone del Gusto al Lingotto era impensabile sino a ieri l'altro, giorno di apertura, in quella che è la sua anagrafe reale: cioè un popolo di giovani per non dire di giovanissimi. Ci eravamo organizzati in testa un afflusso di vecchi golosoni magari privati di altri sensi stimolanti, e nostalgici di quel cibo di una volta che spesso era semplice soltanto perché povero e sano soltanto perché poco. Il Salone è una sfilata pure di belle giovani donne e di ragazze neanche un po' vecchiose per trucchi ed artifizi da loro sposati. La popolazione giovane è la connotazione primaria del Salone. I giovani sono così tanti e così tanto compresi nel lavoro di visitatori, di assaggiatori, che ti viene il sospetto di una loro recita, un gigantesco Truman Show per divertirsi, fregarti, divertirti. Perché tu arrivi ferrato, bardato di sapienza enograstronomica, di vecchie rispolverate frequentazioni di sapori e odori, e sei circondato da giovani che vivono la tua stessa parte, con la tua stessa intensità. Giovani che prima di sorseggiare (sorseggiare, mai bere) il vino gli fanno fare mulinelli nel bicchiere e ne captano l'odore, pardon il profumo, chiudendo gli occhi. Che tolgono dalla toma celebre la non crosta con piccole carezze di coltello, come sta insegnando il maestro nel seminario dedicato all'accoppiamento vino-formaggio, grande live show della tavola. Un'ora a sentir parlare di una rubiola come di un canto della Divina Commedia, a studiare il perché di un vino bianco, sorprendente lì accanto al formaggio, come per Dante ser Brunetto fra i gay. Che Salone: salotto nei modi teneri dell'approccio ai grandi cibi, saloon nell'attacco alle degustazioni gratuite, agli assaggi- ni omaggio. Le 15 mila lire del biglietto d'ingresso possono essere facilmente ammortizzate, se si ha sguardo attento e passo veloce, a colpetti di prosciutto anche d'orso, salame anche di sola vacca per musulmani, parmigiani, caciocavalli, bruschettine e bruschettone e bruschettazze. Il rito neonato e molto torinese degli aperitivi (prodromo - speriamo - dell'avvento pieno delle tapas spagnole, cioè superstuzzichini a far vero pasto), con gli assalti studiati onde far fruttare in gusto e calorie, con opportuni assaggini, le 3500-5000 lire dell'analcolico, questo rito dicevamo si sublima al Salone nella corsa all'ammortamento del biglietto d'ingresso, sbevucchiando qui, piluccando là, scroccando lì, infilando - con stuzzicadente - qua. Un lavoro duro, da giovani. Appunto. Poi si può anche accedere ai grandi banchetti però spesso superprenotati, o arrendersi ai ta¬ gliandi da 1500 lire l'uno, per piattini onesti di salumi formaggi, per bicchieri di vini spesso sacri. In sostanza è come essere in una immensa salumeria - ma il termine è generico e generalista, in realtà il dio massimo è il Formaggio - con offerte continue di assaggi gratuiti e con possibilità di accesso a cibarie importanti senza dover contrarre mutui gravosi. Gran Salone davvero, dove aspiranti ristoratori fiorentini studiano le magie delle robiole langarole, dove giovanissimi pagano anche 18 mila lire per essere edotti in un seminario sul perché della fioritura di un eratermo in un prosciutto. Odori forti, ogni tanto un refolo di tartufo - forse sono scaglie preziose immesse nell'impianto di aerazione -, infoiano la folla come gli odori sparpagliati da Grenouille ne «Il Profumo», il gran romanzo odoroso di Suskind. Se i giovani giochino seriamente a redimersi dall'hamburger, se stiano recitando, se abbiano adottato modi retro soltanto per sadomasochisticamente sgualcirli con l'uso, se si attirino rughe, anziché con il loro cibaccio usuale, con la teologia faticata del gusto, non sappiamo. Forse alla fine del Salone il Lingotto vibrerà di un enorme pernacchio generazionale, di gente che ha fatto finta di centellinare il vino e sta per offrirsi il rutto immenso da litri di CocaCola. Non importa: questi sono giorni come di Natale, si va a messa e si è o si appare tutti buoni. E studiare l'atlante del canguro, la geografia dei tagli migliori, con l'animale dei carto¬ ni animati ridotto a mappa per carnivori viziosi, non sembre reato, e d'altronde il Salone ha inglobato e smorzato, nel ping pong dell'eco, anche le grida degli animalisti contro il foie-gras e a difesa delle oche cirrosizzate a palle di mais sparate in gola, 500 grammi a colpo, come se uno di noi dovesse farsi 20 chili di spaghetti. E poi c'è anche il pornoshow: appena fuori dagli stand, nel suo posto canonico, l'autogrillesco bar anche delle pizze e dei panini che hanno nomi fascinosi e assortiti (Rustico, Fattoria, Camogli, Mediterraneo) e gusto sempre eguale. Una perversione più che una provocazione, un vizio contorto come un ulivo che però non dà olio. Gian Paolo Ormezzano Le 15 mila lire di ingresso possono essere ammortizzate se si ha sguardo attento e passo veloce fra gli stand si stava a tavoesta ricerca-noone dell'enogal Jack Lemmon gna alla scoper Duemila: la coestrutturata» in tto e il suo cononda della tem ^.„„yy,<v,1,..v^, ste , adesso a da questo bronto, diapositive policromi disentro le quali gli sono stati sepa¬ Raviolo di mango e gambero ripieno | di mousse di brodetto *di pesce m. <*»■'■ ■■ Uovo caramellato è Filetto d'acciuga ^con mousse di lampone A Il Sfoglia di calamaro ripiena di cocco sdpptmmmmspcris A sinistra il cuoco Ferman Adria, di Barcellona, durante la sua lezione al Salone del gusto di Torino. In alto la folla dei visitatori

Persone citate: Camogli, Gian Paolo Ormezzano, Jack Lemmon, Suskind, Truman Show

Luoghi citati: Adria, Barcellona, Filetto, Torino