Ma il suo primo ostacolo sarà il «professor Prodi»

Ma il suo primo ostacolo sarà il «professor Prodi» RETROSCENA LA SEDIA «VUOTA» Ma il suo primo ostacolo sarà il «professor Prodi» aROMA UELLA sedia vuota, resa ancor più opprimente da quella platea silenziosa, parca di applausi, e da quei discorsi avari di citazioni dell'Assente, sarà la prima vera spina nel fianco di Walter Veltroni. Perché è difficile che il Veltroni dalemizzato riuscirà a ulivizzare i diessini senza avere al suo fianco Romano Prodi o, peggio, avendolo addirittura contro. Perche non basta quella lettera aperta da un «Carissimo Walter» (il saluto più formale presente nel linguaggio De che il Professore conosce a menadito) a far dimenticare quell'assenza. Un vuoto reso ancora più evidente dalla presenza nel parterre di personaggi come Rocco Buttiglione e Clemente Mastella, che la storia riterrà i sicari materiali della premiership di Prodi. Uno scherzo del destino o più semplicemente la legge spietata della politica vuole che la prima grana del nuovo segretario porti il nome del Professore. L'uomo che fino a quindici giorni fa era il nume tutelare di Veltroni adesso ne è diventato il più diretto concorrente. Se, infatti, il progetto del neosegretario è quello di portare l'Ulivo nella sinistra democratica aprendo un partito piantato stabilmente nel solco delle grandi socialdemocrazie europee ai cattolici democratici, ai laici, al movimento dei sindaci e a quant'altro fermenta nell'area che va dal centro alla sinistra, ebbene, questo progetto non potrà non scontrarsi con quello di Prodi che vuole a sua volta creare un nuovo soggetto politico mettendo insieme tutto il mondo dell'ulivismo. Allora, la prima scommessa di Veltroni è questa, convincere Prodi a cambiare, ad accettare con realismo la nuova fase, magari entrando nella Quercia formato Ulivo o, in mancanza di meglio, nel Ppi come vorrebbero Marini e De Mita. Quel¬ lo che non può permettersi il neosegretario è un Prodi in libera uscita, che va per conto suo. Un Professore che probabilmente non andrà da nessuna parte, ma nel contempo disperderà delle forze e porterà via consenso alla Quercia - questa volta la Quercia di Veltroni - chiamata ad una prova difficile come le prossime elezioni europee. Riuscirà il neosegretario nel suo intento? Quella sedia vuota per ora equivale a un «no». Il rapporto che legava la coppia è venuto meno con l'incarico a D'Alema e la decisione di Veltroni di andare al Bottegone. All'indomani della crisi di governo, infatti, il Professore aveva in mente un'operazione di lungo periodo per entrambi: Veltroni doveva egemonizzare i Ds, lui il centro. Poi nel giro di qualche anno ci sarebbe dovuta essere la fusione dei due tronconi nell'Olivo. Il ruolo svolto da Veltroni nel portare tutto l'Ulivo ad appoggiare l'incarico di governo a D'Alema, e la staffetta al vertice dei Ds hanno modificato profondamente il giudizio di Prodi sul suo «vice» al governo: «Walter mi ha lasciato solo come gli altri». D tempo non ha lenito le ferite, anzi. Insieme al rancore sono aumentate le distanze politiche. L'ex premier ha tracciato una sorta di linea di confine nei rapporti con quelli che considerava i suoi fedelissimi: chi ha scelto di collaborare in un modo o nell'altro con D'Alema è passato di là, non lo annovera più tra i suoi. E se ha applicato la regola con i suoi epigoni, con Enrico Micheli e Gianclaudio Bressa, figuriamoci se Prodi avrebbe potuto fare un'eccezione per Veltroni. «Walter va al Bottegone? - è stata la prima reazione polemica del Professore alla notizia di una segreteria Veltroni -. Ma allora è vero che i comunisti non cambiano». Di fronte a tanta rabbia cosa può fare il neosegretario? NuU'altro che aspettare, sperando che il tempo faccia rimarginare le ferite e faccia capire al Professore che il rancore non paga, che rischia solo di consegnarlo a una parabola simile a quella di Achille Cicchetto. Aspettare e nel contempo continuare a corteggiare il vecchio maestro. Così, quando due giorni fa Prodi è tornato dal viaggio in Egitto, Veltroni gli ha subito recapitato l'invito al congresso. Anche questa volta invano. Ad una decina di fedelissimi (da Arturo Parisi a Franco Monaco, da Pia Valetto a Sergio Rogna) riuniti nell'ufficio di largo Brazzà, Prodi ha anticipato il suo «no». «Io mantengo i miei piani: liste uniche dell'Ulivo alle europee e referendum elettorale. Se Veltroni pensa che io vada a presenziare la sua elezione a segretario, se lo scorda. E' incredibile! Dopo tutto quello che abbiamo detto insieme, adesso va a fare il segretario dei Ds!». E nella critica feroce il Professore ha marcato volutamente il tono sulla P di partito che i diessini hanno abolito nel loro ultimo congresso, ma che il Professore gli riappiccica addosso per inserirli nell'elenco di una nuova partitocrazia, per rammentare a Veltroni che anche lui era il profeta del superamento della forma partito. Il neosegretario ha incassato pazientemente il nuovo «no», ma è riuscito a strappare quel messaggio un po' freddo, ma che basta a salvare le apparenze. Nella sua prima relazione da segretario ha poi inviato nuovi segnali al Professore: ha sposato il referendum; ha proposto una legge anti-ribaltone per le regioni; ha inserito La Pira e Dossetti nella galleria dei santi del nuovo partito, insieme a Gramsci e Berlinguer. E oggi a Bologna forse tornerà a bussare alla porta di casa Prodi, sperando che il suo ex Professore si stanchi di dire sempre «no». Augusto Minzolinl L'ex premier ulivista si sente tradito e la sua poltrona al Palafiera è rimasta vuota L'ex presidente del Consiglio Romano Prodi

Luoghi citati: Bologna, Egitto