Una puntata dell'eterno dualismo

Una puntata dell'eterno dualismo Il leader uscente: solo diverse sensibilità. Il neoeletto: nessuna rivalità Una puntata dell'eterno dualismo FROMA ACILI profezie: «Riprenderà - ha esclamato a un certo punto D'Alema, con una certa sopportazione - la solfa dei dualismi»... «Solfa» sta per solfeggio, ma ne peggiora il senso. E' un suono insistente, fastidioso, monotono, ripetitivo. «Via via, nella nostra storia sono stati presentati dei dualismi», ha insistito il presidente del Consiglio, come a dire che tali rivalità erano in realtà deformate e replicate dall'esterno. Mentre solo all'interno del partito è possibile coglierne il valore. Questi eventuali, ipotetici dualismi, comunque «potranno essere governati da persone che hanno il senso alto della loro funzione e sanno che la collaborazione tra di loro risponde agli interessi della sinistra e del Paese». A questo punto il segretario uscente si è anche richiamato a un tema antico: l'unità del parti¬ to. «Noi non abbiamo mai nascosto l'esistenza di diverse sensibilità - ha continuato -, ma la nostra forza è stata quella di combinarle in modo tale che la dialettica non sia distruttiva, ma utile. Non credo che questa diversità possa essere ridotta a dualismo». Veltroni, ancora seduto in platea, stava molto attento. Dopo l'elezione, ha anche lui ritenuto opportuno affrontare la questione: «Fra di noi non c'è mai stata nessuna rivalità - ha chiarito -, ci possono essere sensibilità diverse, ma nel gruppo dirigente del partito c'è sempre stata una grande compattezza di fondo e di principio». Dove l'identità di vedute e perfino di linguaggio tra i due leader arriva a configurare un cerimoniale officiato a scopi di rassicurazione: «Noi che ci siamo sempre voluti così bene». Intendiamoci: nel caso di D'Alema e Veltroni l'affetto c'è an¬ che, i due sono cresciuti insieme, Walter ha addirittura sposato Massimo. E tuttavia: se esiste la «solfa» dei dualismi, pure alimentata e gonfiata dai media, esiste di sicuro anche quella che strenuamente nega i dualismi - o li presenta in maniera più accettabile. Vinta la sfida del 1994, sempre alla Fiera di Roma, D'Alema tranquillizzò Veltroni e i suoi: «Ci siamo messi delle ma- ghette. Adesso è finita. Chiuso». In realtà, l'antagonismo -pare implicito nell'idea stessa di politica ed ha quindi sempre largo corso nei partiti. Ma esistono momenti ieri, ad esempio - in cui i contendenti devono negare questa competizione in nome di un interesse collettivo superiore. Il Pei (poi Pds e ora Ds) non fa eccezioni. Senza riandare al conflitto Amendola-Ingrao (risolto con il «salto generazionale» e la vicesegreteria a Berlinguer), non sarebbe difficile ricostruire la storia recente, più o meno sommersa, del dualismo all'interno del gruppo dirigente post-comunista. Una storia, oltretutto, per certi versi esemplare se si pensa che in un primo momento toccò a D'Alema insidiare la leadership di Occhetto. E che poi, una volta ottenutala, ebbe pure lui qualche forma di insidia - o almeno così sembrò - da parte di Veltroni, come numero due dell'Ulivo. Il dualismo, insomma, è nella forza delle opere e dei giorni, per quanto ieri fosse visibile solo attraverso barlumi, indizi. Il punto è che domani, magari, potrebbe tornare addirittura utile, «del resto scherzava ma non troppo Beppe Vacca - è sempre meglio del moni smo». Dall'alto della loro saggezza, democristiani sapevano bene co me trarre vantaggio dal conflitto duale, ripartendo le poltrone di Piazza del Gesù e Palazzo Chigi secondo (inconfessate) logiche di pe si e contrappesi. Con la massima naturalezza, ad esempio, piazzavano Zaccagnini, candida colom ba, al partito; e un biblico, astutissimo serpente come Andreotti al governo. Era in realtà un solfeggio da virtuosi, quel dualismo, mica la solita «solfa». Filippo Ceccarelli ENZA «JENSO di STEFANO BARTEZ2AGHI ECHI VELUtONUNI Attaccato alla mia coltre (oltre, oltre) sembro Linus, sono Walter (alter, alter) Col mio audience ben gremito (mito! Imito!) sono il Capo del Partito (Tito, Tito). Son sovrano, son Veltroni (troni, troni) sono il re dei bonaccioni (Cioni, Cioni)

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