L'eternità inquieta dell'esilio di Lietta Tornabuoni

L'eternità inquieta dell'esilio PRIMI CINEMA Anghelopoulos L'eternità inquieta dell'esilio QUANTI dubbi ne «L'eternità e un giorno» di Theo Anghelopoulos, vincitore della Palma d'oro all'ultimo festival di Cannes: quel ragazzo con la bandiera rossa addormentato nell'autobus notturno sarà un simbolo o un effetto cromatico? Quei tre ciclisti che pedalano illuminando la piovosa oscurità con i loro impermeabili gialli saranno una metafora o una macchia di colore? Quel corteo o quel ballo di nozze per le vie della città saranno segnali delia continuità della vita oppure una belluria? Senza dubbi è la assoluta bellezza del mare inquieto, della pioggia, di quel cielo azzurro spietato, d'un edificio in costruzione che serve da rifugio agli immigrati clandestini, di quella frontiera nevosa tra Grecia e Albania dove sagome d'uomini s'aggrappano alla rete di recinzione come uccelli migratori in riposo. Al suo undicesimo film, Anghelopoulos offre qualche insopportabile poeticismo di troppo e una nuova prova di straordinaria maestria cinematografica, di perfetta bravura immaginifica. Uno scrittore famoso (Bruno Ganzi si prepara a entrare nell'ospedale da dove, lo sa, non uscirà vivo. Nelle ultime ore, l'incontro con un bambino albanese che lava i vetri delle automobili ai semafori di Salonicco lo salva dall'aridità della solitudine. L'uomo e il bambino esclusi, l'uno dall'imminenza della morte, l'altro dalla clandestinità dell'immigrazione, girano insieme sotto la pioggia per il Paese e per la città notturna. All'alba si separano. Il viaggio dello scrittore verso la morte è fitto d'estremi saluti: una visita in clinica alla madre smemorata, una visita in casa alla figlia distratta; il dialogo con la moglie scomparsa («Cos'è domani, Anna?», «L'eternità e un giorno»); il racconto fatto al bambino d'un poeta greco abitante in Italia (Fabrizio Bentivoglio) che torna nel suo Paese in lotta contro il giogo ottomano ma non ne conosce più la lingua e gira per i quartieri popolari annotando parole, compra parole a lui ignote e così scrive il suo inno alla libertà. Lo scrittore alla fine non entrerà in ospedale, gli interrogativi seguiteranno ad assediarlo: «Perché nulla è andato come ci aspettavamo? Perché ho vissuto la mia vita in esilio?». Lietta Tornabuoni L'ETERNITÀ' E UN GIORNO di Theo Anghelopoulos con Bruno Ganz Achileas Skevis Fabrizio Bentivoglio Isabelle Ranauld Drammatico Francia/Grecia/ltalia, 1998 Ai cinema Adua, Charile Chaplln 2 di Torino Anteo, Pllnlus di Milano Mignon di Roma

Persone citate: Anghelopoulos, Bruno Ganz, Bruno Ganzi, Fabrizio Bentivoglio, Fabrizio Bentivoglio Isabelle, Mignon, Theo Anghelopoulos

Luoghi citati: Albania, Cannes, Francia, Grecia, Italia, Milano, Roma, Salonicco, Torino