fi COMPUTER E LAVORO

fi COMPUTER E LAVORO fi COMPUTER E LAVORO L'Italia è già fuori dalla «cyber-élite» NEL suo bellissimo articolo Luciano Gallino prende lo spunto dalla classifica di «Time» sui 50 esponenti più importanti della «cyber-elite», ove compaiono soltanto due europei altrentottesimo posto, per rilevare i gravi ritardi tecnologici e industriali dell'Europa rispetto agli Stati Uniti. Tutti i dati relativi ai vari comparti del mercato, alla produzione di hardware e software, alla diffusione dei prodotti informatici nella società, agli investimenti in ricerca e sviluppo, confermano senza ombra di dubbio il rilievo di Gallino. Gli indici quantitativi relativi all'Europa sono mediamente la metà di quelli caratteristici dei due Paesi leader, Stati Uniti e Giappone. Il giusto rilievo del ritardo europeo non deve comunque indurre l'osservatore italiano a una pericolosa consolazione del tipo «mal comune, mezzo gaudio»,. Infatti, i dati relativi al nostro Paese sono nettamente inferiori alla medie europee e in particolare ai valori dei tre maggiori Paesi. La spesa informatica italiana nel 1997 è stata pari a 268 dollari per cittadino, contro 985 negli Stati Uniti, 777 in Giappone, e 568, 545 e 524 in Gran Bretagna, Germania e Francia, rispettivamente. Su 100 lavoratori italiani soltanto 29 dispongono di un personal computer contro 79 americani e una media europea di circa 45. Il numero di personal computer collegati a un modem è pari al 4% nel nostro Paese contro l'87% degli Usa e il 20% della Germania. Inoltre, il tasso di crescita del mercato informatico italiano è dell'ordine del 5%, nettamente al di sotto di tutti gli altri Paesi europei. • Gli indici di penetrazione dei prodotti informatici nella Società sono ancora inferiori. Secondo uno studio recente, per ogni utente italiano di Internet si contano almeno 60 utenti Usa, 8 giapponesi, 6 inglesi e 4 tedeschi. Nella classifica relativa il nostro Paese è relegato al quindicesimo posto, superato anche da Paesi piccoli come l'Olanda, la Svezia, la Finlandia, la Norvegia, e da Paesi non molto avanzati sul piano della cultura tecnologica come l'Australia e il Brasile. Se gli indici dell'uso di prodotti e tecnologie dell'informazione sono nettamente inferiori alle medie europee, gli indici della produzione di tali prodotti e tecnologie sono praticamente inesistenti. I cosiddetti processi di «razionalizzazione internazionale» indotti dalla globalizzazione sono stati disastrosi per la sopravvivenza come soggetti industriali delle aziende italiane, piccole e grandi, operanti nel settore. Infatti gli accorpamenti di queste aziende in multinazionali più potenti ha comportato la mortificazione della loro vocazione industriale e la riduzione del loro ruolo alla diffuzione commerciale. Negli ultimi anni si è registrato un buon andamento dell'economia mondiale, con baricentro geografico dello sviluppo negli Stati Uniti. Questo favorevole momento ha interessato l'Italia solo marginalmente, per la supina accettazione da parte degli attori della politica economica italiana di un modello della divisione internazionale del lavoro che esclude il nostro Paese dallo sviluppo di quasi tutte le tecnologie di punta e degli strumenti della produzione. Poiché la produzione dei beni in senso stretto, che rappresenta il nostro compito, è associata a valori aggiunti e posti di lavoro decrescenti -rispetto allo sviluppo degli strumenti della produzione, che è sempre più importante, quella recessione che D'Alema paventa potrebbe divenire una catastrofe per l'Italia, Angelo Raffaele Meo leo |

Persone citate: D'alema, Gallino, Luciano Gallino, Raffaele Meo