Bene: «Pinocchio? E' innocente come me»
Bene: «Pinocchio? E' innocente come me» Lo spettacolo in scena dal 10 novembre Bene: «Pinocchio? E' innocente come me» Carmelo Bene ROMA. Carmelo Bene rinasce da se stesso. Ormai è il suo stile e il suo essere. L'ultima fenice del suo teatro si chiama «Pinocchio», uno spettacolo che alla nascita, nel '61, fu un simbolo di eversione. Allora, sulla graticola della contestazione ideologica, Carmelo Bene poneva la morale borghese, rappresentata dalla retorica dell'educazione, dalla trasformazione del burattino in essere umano. E oggi? Oggi Carmelo riprende il personaggio di allora, ma avverte subito di non cercare analogie. «Sarà completamente diverso». Nella sua voce si coglie quasi una minaccia. Il Pinocchio che, in forma di «vernissage», debutterà il 10 al Teatro dell'Angelo per il festival di RomaEuropa, che sarà rielaborato per il Teatro di Roma e che a fine anno sarà trasmesso da Raidue, ha anche un nuovo titolo: «Pinocchio, ovvero lo spettacolo della Provvidenza». Nell'edizione più lontana aveva come coprotagonista, nel ruolo della Fata Turchina, Lidia "Mancinelli. Al posto di quella mitica attrice legata alle prime, clamorose creazioni di Bene, troviamo oggi Sonia Bergamasco, formatasi alla scuola di Massimo Castri. Cambiamenti a parte, quello di oggi sarà «un tormentato capolavoro». Parola di Bene, che spiega: «Non ci sono polemiche e non si ritroverà per nulla la grinta che emergeva dalle precedenti edizioni. Questa volta non mi confronto con niente. Basta con il sociale! I diciotto anni che mi separano dall'ultimo allestimento di "Pinocchio" non sono trascorsi invano. E' un capolavoro che dedico all'infanzia e a coloro che si rifiutano di crescere. Pinocchio gioca con tutto, con la Fatina, col Gatto, con la Volpe. Non per niente la Fatina gli ripete "tu non puoi «Guai agliche mi con occh spettatori eguono o adulto» crescere perché i burattini non diventano grandi: vivono da burattini e muoiono da burattini"». Sarà per questo che Carmelo Bene consiglia la visione del suo spettacolo ai bambini, «purché non siano cresciuti». Ma sarà poco probabile che l'attore che ha ucciso l'arte attorale, che ha ucciso il concetto di rappresentazione e considera ogni spettacolo una forma traslata di suicidio giunga alla semplifi cazione infantile. Promette non un testo teatrale, ma un'opera con musiche (di Gaetano Giani Luporini), un «orale molte plice», disarticolato dalle varianti di una sola voce. Per arrivare dove? «A un'inco scienza da non confondere con l'indisci plina. Rinnego tutto quello che dicevo un tempo. Adesso Pinocchio sono io, così come sono io l'Amie to del secolo. Basta docu mentarsi. Ci sono libri che lo confermano, e non li ho scritti io». E' l'alzata d'orgoglio di un protagonista riconosciuto eppure discus so, le cui imprese sembrano fatalmente destinate a rinfo colare dibattiti non solo cui turali. Questa nuova edizio ne del «Pinocchio» non ha mancato di provocare la dura reazione del Polo. Perché? Uno: perché il costo è di 600 milioni. Due: perché i 600 milioni sembrano a fondo perduto. In un'interrogazio ne al sindaco Rutelli, due consiglieri comunali parlano di «sperpero di denaro pub blico». Osservano che la ca pienza del Teatro dell'Angelo è limitata a 70 posti e che dieci saranno le repliche del lo spettacolo. Quindi non vi potranno assistere più di 600 persone: un milione a perso na. E torna un problema eter no, che con Carmelo Bene sembra radicalizzarsi come non mai: qual è il prezzo dell'arte? [e. b.] «Guai agli spettatori che mi seguono con occhio adulto» Carmelo Bene
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