Morricone, la prima volta a 70 unni

Morricone, la prima volta a 70 unni Ieri sera al Piccolo ha diretto dal vivo la colonna sonora del film di Tornatore Morricone, la prima volta a 70 unni La sfida d'una musica mai sentita MILANO. Ennio Morricone direttore d'orchestra, ieri sera al Nuovo Piccolo Teatro, dopo chissà quanto tempo. Quasi un debutto, molto applaudito. Festeggia così i suoi 70 anni, che compirà il 10 di questo mese, dirigendo una scelta delle musiche che ha composto per il film di Tornatore appena uscito «La leggenda del pianista sull'oceano». Morricone direttore ha un gesto perlopiù molto contenuto, essenziale, quasi suggerito: «Per me il minimo vuol dire il massimo», confida. Ha portato per l'occasione gli ottanta professori della Roma Sinfonietta, un'orchestra che gli è molto legata, e i solisti che suonano anche nel film: se li coccola tutti con lo sguardo, li invita con amicizia, persino con dolcezza. I pianisti sono due: la giovane Gilda Butta, che sorride e sembra divertirsi molto, per esempio quando esegue il «Magic Waltz» che accompagna la scena del pianoforte che scivola, danza di notte nel salone vuoto del transatlantico Virginian; e Amedeo Tommasi, bravissimo esecutore jazz, triestino-bolognese-romano, viso impenetrabile da Buddha, vecchio amico di Morricone fin dai tempi della Rea ai primissimi Anni 60, quando Morricone era il principe degli arrangiatori nostrani e ammantava di preziosità le canzoni di Morandi («sui monti di pietra può nascere un fiore...», e giù mega-accordi di pianoforte classicheggiante), di Paoli, della Pavone, di Michele, Fontana, Meccia, tanti altri. Morricone creò allora, insieme con un altro talento della Rea, Luis Enriquez Bacalov, uno stile nuovo, ampio e astuto, riscoprendo strumenti solisti e maestosi panneggi d'archi. Un'esperienza che poi ha dato ottimi frutti nelle colonne sonore, dopo l'incontro con Sergio Leone. Un concerto al Nuovo Piccolo Teatro, e dal 7 novembre altri concerti a Roma, all'Accademia di Santa Cecilia, questa volta non più con ima singola colonna sonora ma con un'antologia della sua produzione, un'attività sterminata, quasi 400 colonne sonore, comprese quelle per la tv («Ma un Lavagnino, un Rustichelli ne hanno fatte più di me», si schermisce lui): Morricone sembra che dia una svolta alla sua carriera. Fa il direttore in un templio culturale: che succede? E' caduta forse la tradizionale diffidenza da parte della musica colta verso un autore di musica per film? «Sembrerebbe di sì» dice lui nel pomeriggio durante un incontro con la stampa mentre un accordatore fa quasi esplodere il pianoforte sul palco scenico, un carpentiere martella chiodi e gli inservienti trascinano sedie. In tal fracasso, di Mor ricone giungono rare parole, ca scatelle sonore in un romanesco molto simpatico. «Le case discografiche hanno forse dato una mano a superare la barriera fra i due tipi di musi ca», si capta ancora dalla sua bocca. Una vittoria che lo pre mia. S'è capito che le sue colon ne sonore sono un po' speciali, a parte il successo di pubblico: s'è capito che sono ricche di invenzioni e di citazioni, hanno cioè dietro uno studio, un'analisi accorta, filologica, mostrano insomma un metodo che vien giù dai tempi del conservatorio e di Nuova Consonanza, gruppo romano d'avanguardia. Morricone non ha mai abbandonato questa sua anima per così dire «classica», colta: ha firmato via via una settantina fra composizioni sinfoniche, cameristiche, corali. «C'è un Morricone arrangiatore, un Morricone autore di colonne sonore e un Morricone classico dice di sé -. Quest'ultimo è il mio volto più vero, anche se è il meno conosciuto. Alla Fenice di Venezia nel '58 fu eseguito il mio "Concerto per orchestra": ebbi pochissimi soldi, non ce la facevo a vivere. Ho dovuto cambiare, fare altre cose più redditizie». «L'idea per una colonna sonora non mi viene tanto dalla cosiddetta ispirazione - prosegue ma dalla riflessione, dall'espeI rienza, dai tentativi che svolgo. L'ispirazione è insomma lavoro, com'è stato affermato... In venti giorni ne faccio una, di colonna sonora. Salvo casi particolari, come per questa pellicola di Tornatore, qui accanto a me: il protagonista suona "una musica mai sentita", scrive Alessandro Baricco nel monologo da cui è stato tratto il film. Quale musica, dunque? Mi sono divertito a trovarla, da echi alla Mozart e alla Debussy a incursioni nel ragtime e nello swing». C'è spesso un inconveniente, in una musica per film. Per esigenze d'azione, di montaggio, un tema può venire frantumato, mortificato, non ha più la possibilità d'espandersi, di svilupparsi. Morricone allora fa così: scrive un brano lungo, dove non rinuncia alle variazioni, all'accumulazione timbrica, e poi lo taglia lui in sequenze adatte. In ogni caso l'esito di una colonna sonora «dipende dal regista: se una musica è buonissima ma il regista non la fa sentir bene, è mal giudicata; viceversa, una musica non bella in un film bello, se la si fa ascoltare, funziona ottimamente». Conclusione: «La musica, in un film, è un'ospite illustre. Gli applausi dipendono dal padrone di casa, il regista. Io stesso ho sofferto in molti casi, perché la mia musica era buona ma non si sentiva bene». Morricone direttore. «Non ho mai voluto farlo, in realtà - racconta -. Mi ritengo compositore e basta. E poi il mio maestre Goffredo Petrassi, al conservatorio, non pensava tanto ai futuri direttori. Insomma, ho avuto una sorta di pudore nei suoi confronti: non volevo deluderlo». Claudio Altarocca Come direttore ha un gesto molto contenuto essenziale, quasi suggerito «Per me il minimo vuol sempre dire il massimo» «Il mio repertorio è variegato: autore, arrangiatore: però il mio volto più vero è quello classico» A sinistra Ennio Morricone In alto Tim Roth in una scena del film di Tornatore «La leggenda del pianista sull'oceano»

Luoghi citati: Milano, Nuova Consonanza, Roma, Tornatore, Venezia