Con Cipputi e la Pimpa nel tinello di Altan

Con Cipputi e la Pimpa nel tinello di Altan Spettacoli, mostre e laboratori: a Genova il disegnatore satirico debutta in teatro Con Cipputi e la Pimpa nel tinello di Altan 7.1 D— AQUILE IA I lui Goffredo Fofi ha detto: «E' il miglior romanziere dell'Italia odierna». Ma lui, I Francesco TAiIlio Altan, an- Altan e basta, commenta con una risata. «Esagerazioni». Conferma però il carattere narrativo del suo lavoro: nel corso degli anni, vignetta dopo vignetta, ha composto un romanzo d'appendice, o forse una commedia umana, che ha il nostro stesso respiro ed è nutrito dai nostri vizi, dai melanconici crolli delle nostre utopie, dai conflitti fra le generazioni, dall'effetto vertigine a cui ci condanna la volubilità politica. «Allora papi: abbiamo vinto o perso?» - «Non so. Dovrei ricordarmi per chi ho votato». Fulminante. Soprattutto, amaro. Dal 10 novembre, Altan sarà protagonista di un Festival ideato dall'Archivolto di Genova con tre spettacoli teatrali, incontri, mostre e laboratori. L'apertura sarà riservata ai ragazzi, che sul palcoscenico del Gustavo Modena vedranno Pimpa, Kamillo e il libro magico. Kamillo altri non è che Kamillo Kromo, l'unico camaleonte che non sa cambiare colore, trasformato in disegno animato da Enzo D'Alò, l'autore della Freccia azzurra. Il cartoon sarà presentato il 12. La Pimpa tornerà protagonista in uno spettacolo del 20 novembre, Pimpa Cappuccetto Rosso, in cui prendono corpo due grandi amori di Altan: la cagnolina a pois tutta stupore e la favola delle favole, che lui ha illustrato in un libro e che qui, abitata dall'anima candida della Pimpa, si trasforma in Cappuccetto Bianco, Giallo, Verde, in un'evoluzione aperta ad ogni imprevisto. Aprile ci porterà 2 piatto forte di «Altan Teatro». Per gli adulti, andrà in scena Tinello italiano. E si vedranno i personaggi più noti creati dalla mano agra e felice di Altan: quelle figure col na- so a proboscide, le guance cascanti, gli occhi acquosi, i corpi incontenibili, i capelli ritorti e dritti a forma di corno. Evaderanno dal rettangolo delle loro vignette e coabiteranno, tutte insieme, nel tinello di una casa metaforica, politica, rissosa, snervante. Commedia umana, certo; a cui Altan fornisce il canovaccio e che Giorgio Gallione riveste di drammaturgia. Ma senza portare sul palcoscenico i mascheroni delle vignette che, avverte Altan, non funzionerebbero, perché il teatro «è un'altra cosa: oltre che parola, è luce, è musica». Non è la prima volta che Altan affronta un'esperienza di palcoscenico. Qualche anno fa le Briciole di Parma allestirono un Kamillo Kromo. Altan stesso disegnò per la Piccola Scala le scene di un Babar, l'elefante monarca di un popolo elefantesco, in un regno che somiglia tanto a quelli umani. Ma, a parte ciò, confessa di avere avuto con il teatro contatti piuttosto scarsi. Sia come autore sia come spettatore. E non solo da quando vive a Aquileia, nel Friuli, e conosce soltanto la velocità della bicicletta; ma anche quando abitava nel vitalismo di Bologna. Quel che lo paralizzava era il complicato cerimoniale delle prenotazioni, dei biglietti da acquistare facendo la coda. Conseguenza: «Se uno non prende certi vizi da giovane, poi non li riacquista più». Ma il teatro conserva per lui un fascino unico, legato alla presenza fisica dell'attore. «E' una realtà che mi sorprende sempre». Aggiunge: «Uno è abituato al cinema e alla tv. Ma cinema e tv propongono una distanza che il palcoscenico abolisce. Un'altra cosa che mi affascina è il lavoro collettivo legato al teatro». Si capisce. Altan lavora da solo e vive appartato, in un isolamento diventato quasi leggendario. Anche di ciò Altan sorride. «Mi piace vivere come vivo, che non si¬ gnifica mettermi fuori del mondo. Infatti non mi apparto dalle persone. Invece di solitudine, forse bisognerebbe parlare di distanza. E la distanza permette il distacco, il non coinvolgimento». Potrebbe essere un hmite per chi, con la sua satira, scende nel cuore dell'attualità, ma Altan non si sgomenta: «Recupero la mia distanza con l'informazione. Parlo e mi esprimo sulla base dei dati che tutti noi abbiamo in comune. Posso sbagliare come gli altri, se i dati non sono giusti. Ma devo a quei dati le mie vignette». La domanda inevitabile, e forse spudorata, è: come nascono? Dal silenzio che segue, Altan fa capire che esita. Poi spiega: «Il mio lavoro è una reazione, che con gli anni è diventata un metodo. Le mie vignette sono reazioni un po' viscerali. All'origine non c'è ragionamento. Col tempo, mi sono abituato a controllare il linguaggio, ad asciugare, ad arrivare alla sintesi. Non ho percorsi da descrivere». Quasi come nelle tragedie in due battute di Campanile. Ma Altan sostiene di non inventare niente: «Ognuno di noi conosce migliaia di persone che hanno battute. Io mi limito a mettere in bella copia». E perché non ha mai voluto misurarsi col ritratto satirico? «Il mio disegno non è adatto alla riproduzione caricaturale. E poi mi sembra che manchino gli oggetti. Non vedo protagonisti, vedo una barca in cui siamo tutti insieme. Abbiamo a che fare con vecchissimi problemi che in un certo momento sembrano attenuarsi, ma poi tornano a galla. Vedo uomini che si ostinano a conservare o a tornare sulle loro posizioni». Un'eterna immobilità. «Non si fanno salti nella Storia. Invece qualche zompetto mi piacerebbe proprio». Osvaldo Guerrieri «Ognuno di noi conosce migliaia di persone che hanno battute. Io mi limito a mettere in bella copia» «Col tempo, mi sono abituato a controllare il linguaggio, ad asciugare, ad arrivare alla sintesi» Gabriella Picciau (al centro) sarà la Pimpa nei due spettacoli messi in scena a Genova dal Teatro dell'Archivolto Francesco Tullio Altan vive isolato a Aquileia ma sa restare nel cuore dell'attualità politica

Luoghi citati: Aquileia, Bologna, Friuli, Genova, Italia, Parma