UN ESEMPIO DI STILE PERDUTO di Fiamma Nirenstein

UN ESEMPIO DI STILE PERDUTO UN ESEMPIO DI STILE PERDUTO QUEL morsetto dorato sul mocassino in pelle opaca, quel moschettone d'argento da barca che serrava la borsa a bandoliera... Un'adolescente fiorentina degli Anni Sessanta trovava in Gucci una visione del mondo, un catalogo di certezze sociali quiete e forti. Solo via Tornabuoni poteva inventare la figura dell'artigiano di origine popolare, come Gucci o Ferragamo, che si fa ideologo del costume aristocratico, ne registra stilizzandolo il modello di vita. Gucci era italiano ma anglofilo, le sue scarpe echeggiavano il gusto campagnolo, cavallerizzo, dei lord Acton e dei Berenson che abitavano con i Guicciardini o i Corsini le colline di Fiesole coperte di vite e ulivo. Gucci era un sogno azzurrino, un desiderio di perfezione. Questo gusto, come quello di tante altre firme della moda, si è nel tempo spoetizzato, è diventato piuttosto uno status symbol mondiale, il marchio è stato ceduto. Ma questo non cambia la lezione. Sulla metafisica del morsetto d'oro, si è rovesciata una marea di fango nero con sfumature giallastre. Un delitto non è per forza volgare. Ma qui, con tuttala pietà che una donna piegata da una condanna a 29 anni può ispirare, Patrizia Reggiani, la sua fattucchiera Giuseppina Auriemma, gli altri disgraziati attori di questa storia di sesso, delitto, quattrini a palate, matrimoni d'interesse e ossessioni estetiche sono la fatale antitesi di tutto ciò che la firma Gucci voleva incarnare. Con gli abiti firmati copriamo la nudità dell'identità moderna, compriamo una giacca targata Rossi o Bianchi per sfoggiare qualcosa di sicuro, che ci definisca in senso positivo. E poi, tutto ad un tratto, ecco che il marchio di raffinatezza si imbeve di indicibile volgarità. In genere, questo è il destino degli idoli. Fiamma Nirenstein

Luoghi citati: Fiesole