«Non voglio creare un Parlamentino» di Filippo Ceccarelli

«Non voglio creare un Parlamentino» LETTERA DEL MINISTRO TURCO CARO Direttore, ha ragione Filippo Ceccarelli: occuparsi di politiche giovanili è difficile e rischioso. Ma, mi chiedo, sarebbe meglio non occuparsene così come si è fatto nel nostro Paese finora? I bisogni dei giovani, in una società invecchiata e largamente dominata dagli anziani e dagli adulti, possono riassumersi tutti nella pur cruciale questione del lavoro? L'idea di una legge per i giovani che offra strumenti di partecipazione e di valorizzazione della creatività, devo ammetterlo, non è venuta da me, anche se benevolmente La Stampa mi definisce «madrina». Le cose sono andate così. Ero da poco diventata ministra per la solidarietà sociale quando, durante un incontro con un coordinamento informale di associazioni giovanili, partitiche e non, di sinistra e di destra, i giovani mi fecero presente l'esigenza di avere una legge che potesse dar loro le stesse opportunità e gli stessi strumenti di partecipazione che hanno i giovani negli altri paesi europei. Ho accolto con prudenza la richiesta. Non è così lontano il tempo in cui anch'io militavo in una organizzazione giovanile di partito: conosco i rischi dell'omologazione con gli aspetti più deteriori della politica adulta. E' inoltre recentissima la mia esperienza nel movimento delle «Non voglio creare un Parlamentino» donne e la verifica di quanto sia difficile trovare strumenti organizzativi e rappresentativi flessibili di ciò che è in divenire e che per sua natura diffida di ogni istituzionalizzazione Così dissi a quei giovani: fatemi delle proposte, io apro un tavolo di consultazione, coinvolgo gli altri ministeri ed enti locali, voi cercate di mettervi in contatto con tutte le aggregazioni giovanili possibili, coinvolgete i centri sociali e il volontariato, discutete e fatemi sapere. Così è cominciato. Un anno dopo, novembre '97, in un convegno al Lingotto, aprimmo la discussione sulla prima bozza della legge con le associazioni giovanili. Ora la bozza è alla nona stesura, dopo aver girato l'Italia e aver viaggiato su Internet. Su alcuni punti, in particolare quello della rappresentanza che tanto ha interessato gli organi di stampa, la discussione è aperta. Una cosa abbiamo chiara: non voghamo mettere in piedi un parlamentino di comparse della (òaby-politica», né tanto meno - si rassicuri Ceccarelli - offri¬ re finanziamenti ai partiti tramite le organizzazioni giovanili. Al contrario, vorremmo riuscire a coinvolgere nelle strutture di rappresentanza dei giovani, realtà associative le più diverse, da quelle che raggruppano i giovani artisti o aspiranti tali a quelle che si misurano con l'animazione culturale, il volontariato, la comunicazione, insomma l'ampio ventaglio degli interessi giovanili. Altro punto fermo è la convinzione che il luogo naturale per lo sviluppo delle politiche giovanili è il territorio, la città, il Comune e la Regione. Toccherà agli enti locali sostenere l'associazionismo giovanile e dare spazio alle aggregazioni informali; offrire luoghi e strumenti per le attività creative, sportive, turistiche, di volontariato; promuovere azioni che favoriscano l'autonomia alloggiativa, economica e professionale dei giovani; attivare programmi di scambio transnazionale; mettere a disposizione risorse. Ma tutto questo sarà possibile se i giovani e le loro esigenze entreranno nell'agenda politica del governo e se il governo si impegnerà a predisporre un piano nazionale e a stanziare adeguate risorse. Ci vorrà, certamente, anche una struttura nazionale capace di svolgere funzioni di raccordo tra il centro, le regioni, le amministrazioni locali, ma stiamo studiando che sia il più snella e il meno burocratica possibile. E' giusto e necessario che i giovani ne facciano parte. Oppure dovremmo rinunciare alla loro presenza di fronte ai rischi che la rappresentanza comporta? Devo dire che un po' mi hanno stupito alcune reazioni suscitate dalla nostra proposta. C'è una sorta di paura ogni qualvolta si cerchi di introdurre esperienze già consolidate nel resto d'Europa e il riflesso automatico sembra essere quello di guardare indietro, alla nostra storia recente e ai suoi vizi, piuttosto che aprirsi e guardare fuori e oltre, per innovare la cultura politica del nostro paese. Per non parlare della nostalgia, che traspare da ciò che scrivono alcuni commentatori. Nostalgia di quando i giovani erano protagonisti di quei poderosi movimenti di contestazione che certamente, nonostante le derive discutibili o addirittura eversive, molto hanno contribuito a modernizzare e migliorare il paese. Ma i movimenti non si costruiscono per legge. 0 sbaglio? Livia Turco

Persone citate: Ceccarelli, Lettera Del, Livia Turco

Luoghi citati: Europa, Italia