Imi-Sir, il giallo della procura scomparsa di Chiara Beria Di Argentine

Imi-Sir, il giallo della procura scomparsa Processo ai giudici corrotti, nuovi documenti dei pm. Oggi la seconda udienza Imi-Sir, il giallo della procura scomparsa Quel foglio misterioso vale quasi mille miliardi L'INCHIESTA TOGHE SPORCHE Hi MILANO INGRAZIO per la sensibilità dimostrata per i fatti da me denunciati e per l'astensione che ha permesso di chiudere la partita 3 a 2. Per evitare fastidi a cancellieri e avvocati accusati dai servi dell'Imi restituisco l'originale del documento che ha fatto punire definitivamente il Palazzo e Tangentopoli». Primo giugno '93. Una lettera anonima battuta a macchina e siglata «Grazie a nome di tutti i cittadini onesti» arriva ad Antonio Brancaccio, primo presidente della Suprema Corte di Cassazione. Non solo contiene una notizia che avrebbe dovuto essere ancora riservata (nelì'udienza del 27 maggio tre giudici contro due della Cassazione avevano dato torto all'Imi) ma ha un allegato prezioso: l'originale della procura speciale del presidente dell'Imi, Luigi Arcuti, ai suoi difensori. Questo documento strappato sul lato sinistro e tagliato in alto a destra (dove dovrebbe comparire il timbro dell'ufficio depositi della Cassazione) è il più prezioso e sconcertante tra le migliaia di fogli depositati dai pm Boccassini e Colombo, titolari dell'accusa nel processo sulla corruzione di alcuni giudici romani, di cui si celebra oggi la seconda udienza preliminare. Basti pensare che quella procura scomparsa per due anni e riapparsa prima del deposito della sentenza (chi ha tenuto il pezzo mancante lanciava l'ultimo ricatto?) alle casse dello Stato è costata più di qualsiasi vincita del Superenalotto: 980 miliardi 351 milioni 147 mila 815 lire, ossia il prezzo che l'Imi, allora banca pubblica, ha dovuto versare a dei privati, gli eredi di Nino Rovelli, fondatore della Sir-Rumianca, un gruppo per il cui salvataggio erano stati già spesi, nei primi Anni 80, non meno di 4 mila miliardi pubblici. Rovelli (scomparso nel dicembre '90), una della figure imprenditoriali più discutibili della I Repubblica, aveva chiesto all'Imi che aveva acquisito le partecipazioni Sir i danni. Aveva ragione? I giudici che hanno obbligato l'Imi a ricoprire di miliardi i Rovelli non sono neppure entrati nel merito. Infatti poiché i professori Are e Giorgianni, legali dei Rovelli avevano eccepito la mancanza della procura dal fascicolo del ricorso presentato dall'Imi, dopo sentenza sfavorevole della Corte di Appello, prima, nel gennaio '92, hanno rinviato la questione alla Consulta e infine nel luglio '93 hanno giudicato il ricorso inammissibile. L'affaire Imi-Sir. Una pagina sparita, una pagina davvero nera della magistratura italiana, è stata riaperta clamorosamente seguendo a ritroso i versamenti su conti esteri di giudici e avvocati indicati da Stefania Ariosto. Pochi giorni fa i legali dell'Imi, che per anni avevano inva- no denunciato i molti lati oscuri della vicenda, si sono costituiti parte civile nel processo che a Milano vede imputati Primarosa e Felice Rovelli, i giudici Renato Squillante, Filippo Verde e Vittorio Metta e gli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico, Giovanni Acampora accusati di aver intascato dalla famiglia dell'ingegnere una tangente di 66 miliardi (34 Pacifico, 20 Previti, 12 Acampora) per far vincere la causa ai Rovelli. Tra gli atti depositati dall'accusa non solo le prove del passaggio dei soldi dal trust di Vaduz dei Rovelli ai conti esteri dei tre avvocati (nessuno di loro era difensore ufficiale) né solo verbali esplosivi come quello dell'avvocato Francesco Berlin- guer che ha ammesso di aver ricevuto dall'ex capo dei gip di Roma, Squillante, la proposta indecente di «avvicinare» per conto di Felice Rovelli, Simonetta Sotgiu, sua amica e magistrato di Cassazione entrata nel primo collegio che si occupò del ricorso Imi, ma anche una incredibile caccia alla procura di Arcuti scomparsa. Chi e con quali complici alla Corte ha favorito rubando la procura i Rovelli? E come mai fino all'udienza del gennaio '92, quando per i legali dell'Imi era ancora possibile correre ai ripari, né il giudice Di Palma, incaricato della relazione preliminare, nè la Sotgiu che doveva classificare il ricorso si sono accorti che un'attenta impiegata, Anna Maria Branca, addetta alla compilazione della copertina aveva annotato la mancanza dell'atto? Per cercare di capire cos'è davvero avvenuto i pm non solo hanno interrogato magistrati della Suprema Corte (Alessandro Falcone all'epoca direttore del massimario ha invano ricordato a Di Palma che si era accorto della mancanza); raccolto verbali di giudici di Appello e di Cassazione (Carlo Minniti e Mario Corda) che a colpi di altri anonimi hanno dovuto in tem¬ pi diversi lasciare il processo. E ancora. Sono stati interrogati decine di impiegate, cancellieri e commessi che lamentandosi delle condizioni di lavoro (fascicoli abbandonati nei corridoi alla portata di tutti) hanno provato a ricostruire i passaggi del ricorso arrivato alla Corte ben rilegato, una mattina del gennaio '91, sulla Vespa del procuratore Iannone dello studio Carmine Punzi, uno dei legali dell'Imi. Non solo. I pm hanno persino spedito gli uomini dello Sco sul luogo del «delitto» a fare rilievi fotografici. «Porta d'ingresso del dirigente», ((Archivio corrente», sono alcune delle didascalie. E così negli atti compaiono anche le foto degli uffici della Suprema Corte di Cassazione in piazza Cavour, a Roma. Un eccesso d'indagine che incrina l'immagine della Cassazione? Pochi mesi prima di morire il giudice di Cassazione Gian Carlo Bibolini, relatore nella controversia Imi-Sir, ha raccontato a verbale non solo particolari assurdi (la copertina del fascicolo con l'annotazione della mancanza della procura fatta dalla diligente impiegata era, proprio in quel punto, arricciata e rotta); non solo che l'anonimo aveva perfettamente azzeccato (3 a 2) lo schieramento dei giudici ma che in quei giorni, tra anonimi e veleni, alla Suprema Corte, tra le toghe di ermellino il clima era ormai insopportabile: «Non ci si poteva fidare di nessuno, cercai di isolarmi per non subire alcuna influenza... non aprii più la corrispondenza che non provenisse dall'Ufficio o da persona a me nota». Chiara Beria di Argentine La prova mancante che portò la Cassazione a respingere il ricorso ricomparve all'improvviso Il pubblico ministero di Milano IIda Boccassini

Luoghi citati: Milano, Roma, Vaduz