D'Antoni: un buon inizio finora D'Alema ci ho capito

D'Antoni: un buon inizio finora D'Alema ci ho capito D'Antoni: un buon inizio finora D'Alema ci ho capito CROMA HI ben comincia... «Finora D'Alema ci ha capito»: a gradire le prime mosse del premier è Sergio D'Antoni, leader Cisl. Ripetutamente all'attacco del precedente governo Prodi, ora D'Antoni si compiace per l'impulso alla concertazione, il dialogo con sindacati e Confindustria. E al governo (che ieri ha ricevuto ^j|ì> Cgil, Cisl e Uil) cosa ÌISSSMÌ chiede? D'Antoni l'anticipa in questa intervista: favorire la flessibilità dei salari, cioè più bassi nelle aree di scarsa produttività e più alti dove l'economia è vivace. Quali sono le prime impressioni su D'Alema? «C'è un buon inizio. Io lo chiamo concertazione, cioè la governabilità dell'economia e della società garantita attraverso il protagonismo e il consenso delle parti sociali. Il nuovo governo fa della concertazione, almeno nell'impostazione programmatica, l'asse strategico della sua politica. E quindi la fase d'avvio corrisponde alle mie aspettative». Sembra quasi che dica che la concertazione nasca con D'Alema. «Non nasce oggi. E' nata nel 199293 e ha dato risultati consistenti in tutti questi anni». Allora cosa c'è di diverso? «La diversità è questa: con Prodi non è stata la scelta guida, fondamentale, ma una scelta subita». Ma sulle pensioni il governo concordò la riforma con i sindacati punto per punto. «In alcuni momenti la concertazione è stata praticata, in altri abbandonata. Lei ha citato le pensioni, io cito il disegno di legge sulla riduzione a 35 ore dell'orario di lavoro varato d'autorità. Nel complesso non ci sono stati gli effetti sperati per lo sviluppo e il lavoro». La concertazione è una scelta, ma non rappresenta i contenuti della politica economica: anche qui vede segnali positivi? «Sì, le indicazioni generali sono positive. Ora si deve entrare nel merito dei provvedimenti». Per la delusione sull'impegno per lo sviluppo e il Sud, in contrasto con Prodi proponeva uno sciopero generale. «Con la proposta di sciopero generale si evidenziava la mancanza della nozione della concertazione da parte del governo Prodi e gli scarsi risultati sul versante dello sviluppo. Con questo governo si ricomincia e faremo le valutazioni dopo aver sperimentato il rapporto tra buone intenzioni e realizzazioni». E' più facile o più difficile per un sindacalista avere di fronte, come premier, il leader del maggior partito di sinistra? «Non cambia niente. Un vero sinda¬ calista dell'autonomia non può essere condizionato né da nessun quadro né dalle persone che lo guidano». E dalla memoria? D'Alema scese in piazza nel marzo 1997 con i sindacati per l'occupazione. «Quella fu una sua contraddizione: lui era il leader del partito di maggioranza del governo verso cui era rivolta la manifestazione. Spero che oggi lo tenga presente e non dimen¬ tichi che il governo deve avere capacità realizzativa se vuole un rapporto con noi». Che impatto ha avuto incontrare D'Alema per la prima volta a Palazzo Chigi? «Ho visto in D'Alema una grande consapevolezza della necessità di imprimere allo sviluppo una svolta decisiva. Prima c'era un senso di appagamento per alcuni risultati raggiunti, pure importanti ma non sufficienti. La vera questione italiana è la mancanza di lavoro, tema su cui un governo lascia il segno o no». Il pruno incontro è andato al di là delle procedure? «Un po' al di là. C'è stato un primo scambio di idee con l'aspirazione a una concertazione completa che tenga conto insieme della politica dei redditi, del sistema contrattuale e del riequilibrio economico e sociale del Paese. Per ora il confronto ò rimasto a livello generale, ma nel prò- sieguo deve trasformarsi in provvedimenti, alcuni con ricadute immediate sul testo delle legge finanziaria, altri con un respiro più ampio». La Confindustria propone meno tasse e più investimenti. E i sindacati? ((Abbiamo una visione generale che ci spinge, per favorire gli investimenti nelle aree a forte svantaggio occupazionale, a creare le condizioni di convenienza sia fiscale, sia di flessibilità salariale, sia di infrastrutture, sia di rilancio della formazione. Non esiste una sola misura, ci vogliono misvue coordinate per attivare gli investimenti». Che vuol dire flessibilità salariale? «Due cose. Da un lato creare condizioni di favore per le nuove assunzioni, prevedendo una retribuzione di partenza inferiore, un cammino già intrapreso con i contratti d'area e i patti territoriali. Dall'altra adottare un sistema contrattuale che incrementi il livello decentrato di contrattazione, quindi quello più legato alla produttività e alla redditività». Anche il governatore Fazio ha suggerito contratti diversi da area ad area. «Trovo le sue sollecitazioni interessanti. Le riflessioni della Cisl, elaborate in tempi non sospetti, vanno nella direzione di una politica salariale che favorisca l'occupazione tenendo conto del punto di partenza dell'economia». Roberto Ippolito «Col governo Prodi la via della trattativa era stata subita non scelta» «Più lavoro al Sud con vantaggi fiscali Flessibilità salariale e infrastrutture» «A Prodi bastava l'ingresso nell'Ue La vera questione è la disoccupazione» r i connanziaobbiamo e impre e ita. roan il hieori tti, pdai tre segretari generali. «A differenza del precedente governo - rileva D'Antoni - la squadra di D'Alema lega la propria azione alla concertazione, che diventa un ROMA . «Finora o»: a grapremier è ^j|ì> ISSSMÌ «Cola vera nonDfi Nella foto a sinistra il segretario generale della Cisl Sergio D'Antoni In alto il presidente della Confindustria Giorgio Fossa