«Prima di tutto, la legalità»

«Prima di tutto, la legalità» «Prima di tutto, la legalità» le voci della capitale degli immigrati TORINO. «Scusi parroco, ma chi sono i 38 mila? Nuovi arrivi o quelli che sono già in Italia?». Le otto del mattino, e don Piero Gallo spalanca il portone della sua chiesa sui nuovi dubbi del suo quartiere e della sua città. A Torino, tra il «via i negri» e 1'«accogliamoli, purché onesti». In un quartiere difficile: San Salvario. Tra i dubbi: «ma ne arrivano degli altri?», «qui non ci stanno più», «e figuriamoci se il nuovo governo non cominciava con una bella sanatoria!». E lei cosa ha risposto, don Gallo? «Io la solidarietà non la predico più, da sola. Perché se lo faccio mi aggrediscono. Anche il cristiano praticante non vuole più sentirmi dire che bisogna essere solidali e basta. Vuole che dica che serve anche la legalità. E io lo dico. La sanatoria è un modo per rattoppare la situazione». E se non fosse che è un sacerdote, forse si lascerebbe anche andare allo sconforto, in questo ufficio di parrocchia con la statua della Madonna e il computer, di fronte agli irregolari che non chiedono solo la «borsa della spesa» (un chilo di pasta, uno di riso, uno di zucchero, un litro d'olio), ma anche un consiglio per fare «le carte», ed entrare fra i 38 mila. «Le carte le avrei, mi manca il lavoro». A cento metri dal portone della chiesa, un ragazzo algerino che dice di chiamarsi Bembrahim Ali, sta appoggiato al muro assie- me all'amico Reda Omar: «Ho saputo della sanatoria, ma bisogna avere tanta pazienza per trovare lavoro». Non dice invece che un lavoro ce l'ha. Spaccia eroina, all'angolo tra le vie Berthollet e Saluzzo. Per loro, «pas de chanches» di sanatoria, come anche per questa Tessy nigeriana, in attesa del solito taxi che la porterà sul marciapiede, nella nebbia di corso Regina, «dove fa già un freddo terribile, e non posso neppure vestirmi perché i clienti ti vogliono nuda». «Pas de chances» perché «il lavoro lo vogliono davvero, alla questura. Ma quello della puttana è un lavoro, no?». «Il problema sono loro: prostitute, spacciatori, delinquenti». Carla Rossi, presidente del comitato spontaneo San Salvario, dice «se purtroppo la legge è la sanatoria, noi purtroppo ci dovremo adeguare. La speranza è che la polizia controlli bene le domande. Ne conosco anche io di stranieri perbene, che lavorano e sono pure gentili. Poi ci sono gli altri. Lo sa che hanno già trovato dei documenti di lavoro falsi?». . La legalità deve essere un punto fermo: lo dice anche don Luigi Ciotti: «Un conto sono i criminali, che sfruttano le donne e spacciano. Un conto è chi lavora. Chi lavora onestamente va regolarizzato. Ma qui c'è la solita contraddizione tra le affermazioni di principio e la realtà. Tra qualche giorno festeggeremo i cinquantanni della dichiarazione dei diritti dell'uomo. Gli uomini dovrebbero avere la libertà di scegliere il luogo dove vivere: e poi mettiamo questo tetto dei 38 mila? E' un provvedimento che chiude gli occhi di fronte alla realtà». Don Ciotti cita il Papa: «Woytila ha detto che la dignità degli immigrati va riconosciuta "senza sconti". Le associazioni che si occupano di stranieri, si lamentano: in base a quali criteri verranno scelti i 38 mila?». Al lavoro. «A fare la fila davanti alle questure va gente che lavora. Pensare di mandarli via è moral¬ mente inaccettabile», sostiene Pietro Marcenaro, segretario della Cgil del Piemonte. «E poi, neanche l'esercito riuscirebbe a mandarli via. La politica più sensata è la fennezza, assieme al riconoscimento dei diritti» I diritti. Hai diritto a cercare di entrare nella sanatoria se puoi dimostrare di essere in Italia da prima del 27 marzo. E come lo dimostri? L'algerino spacciatore dice di avere il visto sul passaporto, «quindi io sarei a posto». Don Gallo spulcia l'elenco delle «borse della spesa» distribuite prima di quella data, il Cottolengo le liste dei pasti dei poveri. Anche lì, una firma può dimostrare che hai «la chance». Mohamed Kivar invece gli elenchi li ha nel computer dell'ufficio stranieri della Cisl di cui è responsabile: 5 mila nomi, irregolari ma previdenti, che oggi possono dire «io sono qui da più di 8 mesi» e da anni sperano in una sanatoria, e nel frattempo fanno i muratori, i lavapiatti, le baby sitter, le colf. Ieri davanti alla Cisl c'era la coda, Kivar ha dovuto smistare la folla in via Barbaroux con un megafono. A sera è distrutto: «La circolare è troppo generica, nessuno ancora sa come debbano essere valutate le "prove"». Se c'è un lato positivo, nel grande affannarsi, tra dubbi, proteste, incertezze, è che verrà a galla il sommerso, il pianeta dei clandestini. Il lavoro nero, ad esempio. Alla notizia della sanatoria, molti «padroncini» e piccole aziende hanno licenziato, subito. Quattro soldi in mano e ciao, «non posso mica assumerti in regola». Aimée Ngoma, che è nata nel Congo, ha un marito operaio in regola e due figli ancora a Kinshasa, domanda: «Io faccio le pulizie in una famiglia, che non mi metterà in regola. Che dici, signora, se mi pago da sola i contributi metteranno in regola anche me?». Brunella Giovara La presidente del Comitato spontaneo di San Salvario: «Speriamo che la polizia controlli bene le domande Ci sono già documenti di lavoro falsi» Don Ciotti: bisogna distinguere tra chi spaccia e sfrutta le donne e chi lavora Don Gallo: la legge? Solo un rattoppo Marcenaro (Cgil): immorale cacciarli Don LuigiCiotti

Persone citate: Brunella Giovara, Carla Rossi, Don Ciotti, Gallo, Kivar, Marcenaro, Mohamed Kivar, Pietro Marcenaro, Reda Omar

Luoghi citati: Congo, Italia, Kinshasa, Piemonte, Torino