«Un pezzo di carta per non fuggire più»

«Un pezzo di carta per non fuggire più» Torino, migliaia di immigrati hanno bivaccato per ore sul marciapiede: «Dobbiamo fare in fretta» «Un pezzo di carta per non fuggire più» / clandestini in questura tra sogni e paure TORINO. Uscire dal limbo, ritrovare un'identità, rivedere la famiglia, sperare in un lavoro pagato il giusto. E non aver più timore di incrociare una divisa lungo la strada. Hanno fretta, tanta fretta gli immigrati che aspettano in coda davanti alla questura. Da ieri, via Grattoni è diventato un indirizzo che significa speranza e non solo foglio di via: un permesso di soggiorno per chi lavora, per un figlio o la moglie. Così, non appena la televisione ha annunciato che la tanto attesa «circolare applicativa» del decreto sui flussi 1998 era stata emanata, c'è chi si è letteralmente precipitato. E ha cominciato a bivaccare su quel tratto di marciapiede, che parte da corso Vinzaglio, già alle nove di martedì sera, subito dopo il tiggì. La televisione non l'ha detto e nessun amico, nessun volontario della Caritas, nessun operatore del sindacato aveva potuto spiegare, nei giorni scorsi, chi saranno i 38 mila regolarizzabili di cui parla il decreto: 38 mila ai quali bisogna già sottrarre seimila marocchini, tunisini e albanesi «con via preferenziale d'ingresso». Allora, per essere i primi, per battere gli altri sul tempo, centinaia di Mohamed, di Mustafà, di Stefan, di Emili hanno incominciato una notte di attesa al freddo. Con la triste consapevolezza che il loro sacrificio sarebbe stato ripetuto da altri Mohamed e altri Mustafà davanti a ogni questura italiana. I primi numeri di prenotazione (per presentarsi nei prossimi giorni allo sportello polifunzionale unico di via Ventimiglia che accoglie le domande) gli ispettori dell'Ufficio Stranieri li hanno distribuiti che era ancora buio, alle sei. Fino a superare quota mille, poi milleduecento. Una coda fatta di uomini giovani, di africani, asiatici, europei dell'Est, ma anche di donne, parecchie con un neonato in braccio, alle quali è stata evitata l'attesa di ore. I dati della questura parlano di oltre milleottocento «persone trattate» e oltre tremila sfilate complessivamente in via Grattoni: chi non ce l'ha fatta a prenotarsi ieri ai precari tavoli sistemati sul marciapiede, dovrà tornare oggi o nei prossimi giorni. Da oggi, sembra, tavolini «en plein air» e addetti alla distribuzione dei tagliandi rientreranno ordinatamente negli uffici. DORINA. E' arrivata tardi, Dori- na, davanti alla questura. Si è presentata con le lacrime agli occhi. «Non ho dormito tutta la notte. Continuavo - racconta, le guance arrossate - a pensare al mio bambino, in Romania. L'ho lasciato due anni fa che aveva otto mesi e non potrei proprio perdonarmi di perdere questa occasione: con il permesso di soggiorno potrò rivederlo, potrò tornare a casa ogni tanto. Ma questi 38 mila come li sceglieranno? Io ho sempre lavorato da quando sono qui. Ne terranno conto? Da otto mesi assisto una signora che ha quasi cento anni. I suoi figli dicono che a loro non importa se sono in regola o no, ma la signora invece vuole assumermi. Solo che non so se ce la farà a venire con me per firmare il contratto». KA. Ripercorre la sua storia di «ambulante», in Italia da due anni, con gli auricolari del walkman nelle orecchie. E con lo sguardo di chi ha imparato a stare sempre in guardia. Quando è partito dal Senegal, Ka aveva 22 anni e la certezza di un cugino con il permesso di soggiorno in grado di ospitarlo. Lo stesso che oggi garantirà per lui il domicilio, requisito indispensabile per mettersi in regola. «Ho fatto lavoro stagionale in provincia di Cuneo, per la raccolta della frutta. Dieci giorni qui, cinque là, a volte un mese. Nel resto del tempo? Vendo per le strade di Torino, nei mercati della cintura. Giro in continuazione. Sempre con l'incubo dei vigili, delle multe, del sequestro della merce. Sono scappato un'infinità di volte con la cassetta di velluto rosso piena di occhiali da sole e di collane. Adesso spero di non dover scappare più, di mettermi in regola come lavoratore autonomo. Di avere la licenza, insomma». LISA. Ha i capelli crespi tenuti a bada da un nastro di seta grigia. Lisa, nigeriana, è rassegnata: «Così è la vita». Si appoggia a un muro della questura, luogo evitato fino a ieri. Gli amici che sono con lei glielo avevano detto: niente lavoro, niente permesso di soggiorno. «Io un lavoro non ce l'ho, non l'ho mai trovato. Pero sono qui da tre anni, lo posso dimostrare. Faccio la prostituta, ma se potessi avere i documenti magari la mia vita cambierebbe. Comunque, documenti o no, io resto qui. A casa non ci torno. Se mi riesce, tento la strada del lavoro autonomo. Qualcosa in mente ce l'ho». DANIEL. In questo tratto di coda i romeni sono in maggioranza. Uomini e donne d'ogni età, dai 18 ai 40 anni. Educati, rispettosi delle norme. Se glielo si fa notare, qualcuno ironizza. «Quando la polizia vuole dimostrare la sua capacità di prendere gli irregolari - raccontano - e di rispedirli oltrefrontiera, viene nelle nostre case. L'assurdo di questa sanatoria? Che da una parte devi dimostrare di essere entrato in Italia prima del 27 marzo e di avere un lavoro, dall'altra pochi giorni fa hanno fatto l'espulsione ad alcuni di noi mentre andavano al lavoro con la tuta addosso. E questi poveretti, proprio per l'espulsione, non potranno neanche presentare la domanda». Nel gruppo dei romeni c'è Giorgio, ingegnere elettronico di 32 anni. E' arrivato in Italia un anno e mezzo fa dopo aver raggiunto la Slovenia con treni e autobus ed aver varcato la frontiera italiana a piedi grazie all'aiuto di un «professionista dei passaggi». «ATorino sono parecchi i miei connazionali laureati in Ingegneria. Tra i miei amici - racconta - ce ne sono cinque. Uno fa l'elettrici- ! sta, un altro costruisce mobili. 10 ho trovato il lavoro due settimane dopo essere arrivato: rispondendo all'annuncio di un giornale. Da allora riparo televisori in un laboratorio che fa assistenza per alcune grandi marche. Poi, la sera e la domenica, a casa mia, aggiusto piccoli elettrodomestici per conto di altre ditte. Che cosa farò con 11 permesso di soggiorno? Guadagnerò piìi denaro, tornerò in Romania a trovare i miei genitori, e mi iscriverò al Politecnico per rendere valido il mio titolo di studi anche in Italia». ALESSANDRO. Il nome è di fantasia, lui vuole così. Di vero c'è che è arrivato dall'Albania un po' meno di due anni fa con uno dei tanti gommoni che attraversano l'Adriatico. E che da allora lavora in una cascina in provincia di Torino. Ma il padrone non lo vuole mettere in regola. «Mi ha spiegato che gli costerei 50 milioni l'anno e che lui non ce la fa. Degli amici mi hanno detto che lo potrei denunciare all'Ispettorato del Lavoro, ma io non so da che parte cominciare. Ma chi ha ratto questa legge perché non ha pensato a tutti quelli come me? Solo qui, in questa coda, ne ho già sentiti tanti che non troveranno mai un padrone disposto ad assumerli entro il 15 dicembre. E dopo? Per quanti anni dovremo ancora nasconderci e farci sfruttare?». Maria Teresa Martinengo Lisa, nigeriana «Sono qui da tre anni ma non ho mai trovato un impiego. Faccio la prostituta, me se avrò il permesso tenterò la via del lavoro autonomo» Alessandro, albanese «Lavoro in una cascina ma il padrone non vuole mettermi in regola. Questa legge non ha pensato a chi è in queste condizioni» Dorina, romena: «Assisto un'anziana, potrò tornare nel mio Paese dove c'è mio figlio» Ka, senegalese: «Faccio l'ambulante e vivo con l'incubo dei vigili e delle multe» LE C1FRE DEGLI ILLEGALI TORINO 10.000 MILANO 20.000 GEN OVA 4000 PADOVA 2000 VENEZIA 2000 TRIESTE 2000 FIRENZE 5000 BOLOGNA 5000 ROMA 30.000 NAPOLI 8000 BARI 6000 PALERMO 4000 CATANIA 2000 ALTRE CITTA 100.000 TOTALE 200.000 PAESI Dl PROVENIENZA ALBANIA EX JUGOSLAVIA PERU' ♦ CINA MAROCCO ♦ TUNISIA SENEGAL ♦ ROMANIA NIGERIA ♦ BRASILE DATI FORNITI DALL'OSSERVATORIO Dl MILANO Tanti immigrati hanno passato la notte al freddo per essere tra i primi in coda ieri davanti alla questura di Torino

Persone citate: Emili, Maria Teresa Martinengo Lisa, Mustafà