Le urne d'America assolvono Clinton
Le urne d'America assolvono Clinton Alle elezioni di mid-term i repubblicani non sfondano neppure al SenatoN Le urne d'America assolvono Clinton v . —— ■ ■ . I democratici guadagnano 5 seggi alla Camera WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE All'indomani delle elezioni di midterm, andate meglio del previsto per i democratici, il Presidente si è goduto la giornata facendo telefonate di congratulazioni, rilanciando l'agenda del suo partito e scacciando lo spettro dell'impeachment. «Sono molto orgoglioso del risultato che abbiamo ottenuto a dispetto della tradizione (in genere il partito al potere perde terreno nelle elezioni di mid-term) e del grosso svantaggio finanziario che avevamo rispetto ai repubblicani», ha detto il Presidente. Intendiamoci, la maggioranza rimane ai repubblicani sia alla Camera che a! Senato. Ma si assottiglia a tal punto che il partito di Newt Gingrich appare improvvisamente in crisi, acefalo, diviso più che mai tra la sua anima moderata e quella più estrema, della destra religiosa. Alla Camera i repubblicani contavano di rafforzare la loro maggioranza guadagnando una ventina di seggi, e invece ne hanno persi cinque (sono scesi a quota 223 seggi mentre i democratici sono saliti a 211 ). Al Senato speravano di arrivare a quota 60, e invece sono rimasti inchiodati a 55 (i democratici hanno 45 seggi). Hanno conservato la maggioranza dei governatorati (31 a 17), ma non sono riusciti a conquistare altre piazze. I democratici puntavano a contenere i danni e invece, a dispetto dei pronostici anche più ottimisti, hanno fatto passi avanti. Ed era dal 1934, dai tempi di Franklin Roosevelt, che il partito della Casa Bianca non guadagnava seggi alla (temerà in un'elezione di" midterm. «I democratici sono tornati alla grande», ha esultato il gover natore Roy Romer, presidente del partito. Come si spiega la brutta prova dei repubblicani? Il goffo, incerto tentativo di Gingrich di trasformare queste elezioni in un referendum su Clinton è evidentemente fallito. La gente, in larghissima maggioranza, ha votato per le «issues» - per problemi concreti e locali (scuola, pensioni, criminalità ecc..) - e il messaggio dei democratici in questo senso è risultato più chiaro. Non solo: l'economia tira ancora, la gente tutto sommato è soddisfatta e non ha gran voglia di cambiare le cose. Quasi il 95 per cento dei congressmen, del resto, ha mantenuto il proprio seggio. Per cui quello di martedì è stato in primo luogo un voto per lo status quo. II fatto che i democratici, alla fine, abbiano fatto addirittura meglio di quanto avevano indicato gli ultimissimi sondaggi è da attribuire alla maggiore affluenza alle urne di afro-americani e ispanici, oggetti di un intenso corteggiamento da parte della Casa Bianca nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni. Ci sono poi alcune vittorie che hanno dato un lustro particolare alla prova dei democratici, soprat- tutto in vista delle presidenziali del Duemila. Il partito del Presidente ha riconquistato con Gray Davis la poltrona di governatore della California, lo Stato più popoloso d'America che avrà un ruolochiave nelle elezioni del successore di Clinton. E la vittoria di Charles Schumer contro Al D'Amato per il seggio senatoriale di New York ha un sapore particolarmente dolce per la Casa Bianca - D'Amato aveva condotto le indagini sullo scandalo Whitewater ed era considerato un nemico dai Clinton, i quali erano scesi ripetutamente in trincea nella Grande mela per dare una mano al candidato democratico. In più, i democratici hanno spez- zato l'egemonia dei repubblicani nel Sud strappando loro il governatorato in Alabama, Carolina del Sud e Georgia. Certo, i fratelli George e Jeb Bush governano il Texas e la Florida. Ma nell'insieme il partito di Clinton è riuscito a sgretolare il blocco su cui i repubblicani hanno costruito il loro potere da Ronald Reagan in poi. Tutto questo è di buon auspicio per il vicepresidente Al Gore, che si è impegnato allo spasimo in quest'ultima campagna elettorale e adesso consolida la sua posizione di favorito per la nomination democratica nel Duemila. Ed è invece di pessimo auspicio per Gingrich, il quale non solo vede scendere drammaticamente le sue quotazioni sul listino delle presidenziali ma si dovrà guardare da colpi di mano contro la sua leadership alla Camera. La nuova debolezza di Gingrich dovrebbe, a rigor di logica, togliere il vento dalle vele dei promotori dell'impeachment contro il Presidente. Le audizioni alla commissione di Giustizia cominceranno lunedì, ma già sono ripresi i contatti dietro le quinte per trovare un compromesso - censura, censura con multa - che risparmi il Paese da un processo a Clinton che gli elettori evidentemente non vogliono. Andrea di Robilant Era dai tempi di Roosevelt che il partito della Casa Bianca non avanzava nel voto politico a metà mandato NUOVO ATLANTE POLITICO USA SSACHUSETTSj RHODEISLAHD CONNECTICUT NEW JERSEY DEIMRE MARYLAND WASHINGTON D.C. : CAROLINA D. NORD CAROLINA D. 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