Gli ecologisti: Paesi ricchi la responsabilità è vostra

Gli ecologisti: Paesi ricchi la responsabilità è vostra Gli ecologisti: Paesi ricchi la responsabilità è vostra BUENOS AIRES. La tragedia causata in America Centrale dall'uragano Mitch si è abbattuta come una frusta sulle migliaia di delegati che a Buenos Aires cercano di salvare il mondo dal continuo deterioramento degli equilibri ecologici. «Quanti disastri come quello di Nicaragua e Honduras dovremo sopportare prima che le grandi potenze si mettano a fare sul serio nella correzione del modello di sviluppo?», si è chiesto il coordinatore argentino di Greenpeace, Carlos Villalonga, alludendo alla battaglia ingaggiata - nella prima giornata della 4" Conferenza sui mutamenti ambientali - sugli «impegni volontari» dei Paesi per ridurre le emissioni nocive. La «cura» stabilita nella Conferenza di Rio del 1992 e codificata nel Protocollo di Kyoto del 1997 non è neppure cominciata, perché non c'è accordo sulle procedure. C'è, infatti, una netta cesura Ira alcuni Paesi industrializzati, guidati da Usa e Russia, e quelli in via di sviluppo, riuniti nel «Gruppo dei 77», con l'Unione europea che cerca da tempo di svolgere una funzione di mediazione. E, quindi, è stato subito scandalo, quando la presidentessa della conferenza, il ministro argentino per l'Ambiente, Maria Julia Alsogaray, ha proposto di trattare proprio la questione, cara a Washington, degli «impegni volontari» di riduzione delle emissioni per i Paesi in via di sviluppo. Il «Gruppo dei 77» ha deciso di convocare immediatamente una riunione e ha impiegato pochi minuti per adottare una posizione di rigetto totale della pro¬ posta argentina. Le critiche non si sono fatte aspettare. «Le nostre priorità sono lo sviluppo sociale e lo sradicamento della povertà», ha dichiarato il capo della delegazione indiana, appoggiato immediatamente dal rappresentante cinese, secondo il quale «siamo di fronte ad una manovra politica dei Paesi sviluppati per evitare gli impegni assunti in passato. Noi abbiamo emissioni di sopravvivenza - ha aggiunto -, mentre nel Nord del Pianeta si tratta di emissioni di lusso». Per ora, gli Usa restano favorevoli all'idea di trasferire le proprie quote di riduzione al Sud del mondo in cambio della fornitura di tecnologia pulita, mentre l'Ue, ieri, ha definito la sua posizione, anticipando una dichiarazione del commissario per l'Ambiente, Ritt Bjerregard: «I Paesi industrializzati devono dimostrare la volontà di muoversi per primi. Noi abbiamo creato il problema e noi dobbiamo guidare la ricerca delle soluzioni. Inoltre, i meccanismi di flessibilità non devono mai essere una scusa - conclude il commissario europeo - per trascurare gli obblighi in casa propria». I più combattivi, comunque, sono stati ieri gli ambientalisti. «La situazione dei gas che provocano l'effetto serra è sempre più allarmante e addirittura si segnalano casi in cui vi è un netto aumento delle emissioni», ha denunciato Holger Roelnitz, portavoce di Greenpeace. «Bisogna smetterla di accampare sempre scuse procedurali», ha detto, sottolineando che Greenpeace fa parte con le altri grandi organizzazioni verdi non governative del «Climate action network», la Rete d'azione per il clima creata per fare pressione sui governi e spingerli al rispetto degli accordi internazionali. A questo proposito il Network ritiene che sia necessario che da Buenos Aires emerga «un calendario di azioni da portare avanti e che funzioni là dove necessario, ossia nei Paesi che inquinano di più». [r. cri.] Il disastro nel Centroamerica scatena le polemiche alla conferenza sull'ambiente di Buenos Aires «Subito i tagli ai gas serra»

Persone citate: Carlos Villalonga, Holger Roelnitz, Maria Julia Alsogaray, Ritt Bjerregard