Il grido dei dannati «Mitch»

Il grido dei dannati «Mitch» Dopo il diluvio di fango, in Honduras e Nicaragua milioni di persone fuggono dalle campagne senza cibo e medicine Il grido dei dannati «Mitch» Gli scampati all'uragano: «Salvateci dalle epidemie» IL CASO CATASTROFE IN CENYROAMER1CA ■ cadaveri hanno la bocca I spalancata, sono senza H scarpe, in pose surreali», dicono i primi soccorritori e raccontano che i vivi hanno le stesse espressioni dei morti. A sconvolgerli due bambini sopravvissuti all'uragano Mitch. Non parlano, non piangono, non sanno più dire chi sono. Lui, otto-nove anni, ha la gamba segnata da una profonda ferita infettata, lei, che sembra averne cinque, è una maschera impietrita senza il cuoio capelluto. Il loro paese di casupole è distrutto, sepolto dalla colata di acqua, fango e macigni che si è riversata dal vulcano Casite, a un centinaio di chilometri da Managua. «Qui, vedo la nostra Pompei», si è disperato il ministro della Difesa nicaraguense, Pedro Joaquin Chamorro. A tv e giornali ha ripetuto che le piogge torrenziali hanno riempito il vulcano e lo hanno quasi sciolto, facendolo tracimare con una colata che ha invaso 80 chilometri quadrati, inghiottendo 1950 persone. «Sarebbe meglio mandarli subito a Managua», grida Doris Juarez, una delle poche dottoresse in zona, medicando come può i due orfani del Casite. I medicinali scarseggiano. Ma le squadre che si aggirano sul pendio limaccioso si spezzano la schiena per un compito più grande di loro: seppellire al più presto i cadaveri che una cappa umida di 30 gradi va disfacendo. Sono già 323 i corpi seppelliti in fretta, in fosse comuni. Forte il pericolo di epidemia, soprattutto dove una volta c'erano Rolando Rodriguez e El Porvenir, i paesi gemelli da cui provengono i piccoli senza identità. «Certo che mi ricordo: erano le 11 del mattino, quando è scoppiata la tempesta d'acqua», racconta uno degli scampati, Carlos Alberto Castellon. «Ci siamo precipitati fuori. La nostra casa era una delle ultime di El Porvenir, ecco perché siamo ancora vivi». E indica la moglie un figlio, laceri e infangati come lui. Accanto, Rosa Aljandra Rosejo Martinez spiega che ha perso le tre figlie, Selena, Guisella, Edelma: «Abbiamo sentito un boato, pensavamo fosse un aereo. E invece... Invocavo il Signore perché ci salvasse». A Managua intanto è uscito il sole. Su «La Tribuna», il quotidiano della capitale, il reporter Luis Duarte lo ha descritto come il più scintillante mai visto da settimane: «Alla fine Dio si è ricordato di Noè». Forse, è ottimista. Presto potrebbero arrivare nuove piogge devastanti: la stagione non è propizia, ha detto uno dei ricercatori dell'istituto meteorologico nicaraguense, Milagros Castro Mejia. Managua è un campo profughi a cielo aperto. Sono stati aperti 21 rifugi e i contadini si trascinano, sostenendosi a vicenda. Li chiamano «i dannati», perché, dopo essere sfuggiti a Mitch, assediano ora esausti i «refugios». Spesso li scacciano perfino da lì, costringendoli a bivaccare nelle strade. I viali infangati sono oggi casa di donne, uomini, bambini, galline e cani, tra pezzi di latta che presto saranno i mattoni delle baracche di fortuna. Nicaragua e Honduras stanno lanciando appelli agli Usa e all'Europa e Washington ha già inviato una squadra di elicotteri e Bruxelles ha stanziato 13 miliardi di lire (l'Italia ha promesso generi di prima necessità e materiale per la ricostruzione). Le ultime statistiche parlano di oltre 7 mila morti in Centroamerica - comprendendo El Salvador, Guatemala, Costa Rica, Belize e Panama - e alcuni milioni tra senzatetto e dispersi. «Aiutateci», si dispera Jesenia Osegueda, a cui è stato negato l'ingresso in un rifugio, al «Centro Educativo Solidaridad», nonostante cinque figli stanchi e affamati. Urla la propria rabbia, mentre arriva un camion per scaricare cibo. La rabbia le muore in gola e nella confusione si precipita a litigare per arraffare qualcosa. Metterà un po' di cibo sotto i denti, come un'altra donna del popolo dei «damnificados», Maria del Carmen Hernandez Alguera. Ha avuto fagioli e biscotti al centro «Quinta Nina», mentre il marito cerca di mettere insieme un riparo: «Metà li mangio io e l'altra metà la tengo per lui, più tardi». Pochi fortunati hanno ricevuto del pollo. «Non possiamo contare sull'aiuto del governo, solo su quello della gente, dei ricchi, delle aziende», spiega uno dei responsabili di «Quinta Nina», Wilfredo Quijano: «Siamo nelle mani di chi fa la carità». E aggiunge che riempire lo stomaco è il dramma minore: sdraiati nello stanzone ci sono un bambino con la malaria e un altro coleroso. «Hanno camminato nel pantano, tra cadaveri e carcasse d'animali, in mezzo alle fogne scoppiate», spiega la dottoressa Fior Norori. «Vogliamo dichiarare la zona del Casite cimitero nazionale», hanno reso noto le autorità di Managua e in Honduras i toni sono ancora più tragici: oltre a migliaia di morti (5 mila più 11 mila dispersi), in 600 mila non hanno più ima casa. «Siamo feriti mortalmente - si è sfogato il presidente Carlos Flores -: non vi sono zone risparmiate e il 70 per cento del Paese è distrutto». Nella capitale Tegucigalpa, allagata per un terzo, si bruciano i cadaveri in piazza. Nelle campagne i fiumi in piena trascinano corpi sfigurati. «Le alluvioni e le frane sono molto probabili anche sul Messico, dove si trova in questo momento Mitch», minaccia il Sistema meteorologico nazionale degli Stati Uniti. Visto dall'alto, a quota John Glenn, è un'enorme macchia che ruota su stessa, visto da terra, dagli Stati messicani di Oaxaca, Tabasco e Chiapas, è un'apocalisse che sta costringendo alla fuga di massa i discendenti di quei maya che, scrutando lo strapotere della natura, credevano nella fine imminente del mondo. Gabriele Beccaria < t t 111 ( ti L'URAGANO KILLER MOMEt Mitch PATA Pi NAKITAt 23 ottobre MJOOO DI NASCITA; Americo del Sud MESI OW COUHTIs Nicaragua, Honduras, El Salvador, Guatemala, Costa Rica, Belize e Panama ZONA DOVE STA COLPENDO: Stati di Ooxaca, Tabosco ; e Chiapas, in Messico VELOCITA' CON CUI SI SPOETA» 13 km all'ora VELOCITA' DELLE RAFFICHE: 240 km oll'oro DAOOIO D'AZIONE: 110 km MORTI PROVOCATI: 7 mila SENZA TETTO: oleum milioni I soccorritori: «Chi è sopravvissuto ha la stessa espressione dei morti». Nelle città si bruciano i cadaveri La gente bivacca in strada e si contende un piatto di fagioli La contabilità delle vittime e dei dispersi si fa sempre più tragica e l'allarme di nuove frane e alluvioni rimane molto probabile anche per il Messico Nicaragua: il paese di Rolando Rodriguez, alle falde del vulcano Casite, è stato sepolto dal fango. Sopra: si scava freneticamente per salvare le persone intrappolate dalla gigantesca frana. A sinistra: una sopravvissuta