La MOSCHEA di OMAR

La MOSCHEA di OMAR Viaggio Ira i Taleban: leggenda e verità del capo di un movimento che vuol prendere il controllo di tutto l'Afghanistan La MOSCHEA di OMAR OSC d Odove pregare vuol dire combattere ! TRA vigne e o%i, granoturco ed erba medea, Singhesar protegge le sie solide case in terra con ilte mura cir. 1 colari. Ogni; famiglia, in senso lato, possiedeun lotto, e le più agiate hanno la loro moschea. In questo villaggio, atre quarti d'ora di strada da Kandihar, ha preso il via la storia dei Tabban e del loro capo, il Mollali Moh mmad Omar. Alla ricerca di una ìoschea dove condurre la preghila in cambio del sostentamento pir la sua famiglia, il giovane Molali, originario della vicina provinca di Uruzgan, vi si stabilisce primadell'invasione sovietica nel 1979. j Questa gli dà l'ocasione di far fuoco contro gh «Ufedeli», i cui convogli passano a die chilometri, sulla strada Herat-tandahar. Nel corso di un bombirdamento di rappresaglia sul villaggio il Mollali perde un occhio, colpito da una scheggia. Raccontati dagli intimi, la leggenda vuole chi, sentendosi il sangue colare sullt guancia, lui stesso si sia stroppio l'occhio destro, che avrebbe pò gettato in terra. «Mujahid» nelle ile del Jamiate-Islami del suo oderno nemico, l'ex presidente Burlanuddin Rabbani, il Mollah Onar limiterà la sua lotta ai convoli dell'Armata Rossa. Quando mieta evacua l'Afghanistan, la Jihad(guerra santa) è finita per lui. Resa nel villaggio con gli amici, alcunidei quali occupano oggi posti di responsabilità, altri gli fanno da guàxlia del corpo. Oscuro combattete al tempo dei sovietici, il Molah diventa famoso con gli attactiii contro i comandanti Mujaheddn che taglieggiano, uccidono e violentano i viaggiatori tra Hent e Kandahar, All'epoca, sui 560 chilometri di strada che separare le due città, c'erano non meno di 50 sbarramenti di milizie div rse. «Ogni fer mata era un inferno}, racconta Na jibullah, un taxista ;he aveva allora rinunciato a lavirare. Testimo niata dagli intimi, ma contestata dagli alti responsaìili Taleban, la leggenda racconta che il Mollah Omar abbia visto ij sogno un uo mo venuto a chiedergli aiuto per li berare l'Afghanistai da quei banditi, combattenti h nome dell'Islam. Secondo gli htimi il sogno, che per loro ha un \klore di rivelazione, è molto impalante nella vita del capo dei Taleljan. Affermano che, ancora oggi, è ampre all'indomani di un sogno eie decide di attaccare questa o quilla postazione. Nel 1994, il Mdlah obbedisce dunque al suo prirto sogno e decide con alcuni amici di por fme al regno di quei comaidanti. Comin eia dal più vicino: i capo del punto di controllo situate sulla strada in prossimità del suo Telaggio. Quello che la leggenda non dice, è che lo scopo primario dd Mollah Omar viene molto presto a coincidere con il desiderio d$l generale pa shtun Nasrullah Babar, ministro degli Interni del governo pakistano di Benazir Buttho che vuole ottenere, per parte sua, una strada commerciale sicura che colleglli ".'Asia Centrale al Pakistan. Il generale Babar organizza con grande rapidità i Taleban, grazie al fatto che molti di loro, rifugiati in Pakistan, studiano nelle madrasas locali. A Singhesar non si guarda tanto in là, e il Mollah Omar, oggi trentasettenne, diventato capo supremo del movimento che è in procinto di prendere il controllo di tutto l'Afghanistan, è soprattutto figlio del villaggio. Dallo scorso anno, la «sua» moschea è stata rifatta in muratura, dono di un ricco proprietario, e una ventina di bimbetti, seduti in terra, vi recitano stentatamente il Corano. Cinquanta giovani, tra i 7 e i 20 anni, parecchi dei quali orfani originari delle province pashtun di Kandahar, Helmand, Wardak, studiano in questa madrasa sorta durante l'occupazione sovietica. A vent'anni, il Mollah Mohammad Hassan ne è l'amministratore. Arrivato quando aveva 5 anni, è particolarmente legato Benazir Buttho al Mollah Omar ex premier perché suo zio pakistano era il suo profes- e, a destra, sore. «Siamo fieri un Taleban di lui, dice. E' il sole che brilla in noi. Grazie a lui, i musulmani che soffrivano hanno trovato la pace. Noi studiamo la nostra religione per essere poi capaci di andare a educare l'Afghanistan. Noi vogliano servire il nostro Paese come l'hanno fatto i nostri predecessori». Il Mollah Mohamad Hassan è rientrato dal fronte da 15 giorni. Il suo percorso segue le recenti vittorie dei Taleban di Maimana a Mazar-i-sharif e Hairatan, suU'Amur Daria, alla frontiera dell'Uzbekistan. Con il rispetto che si deve a un luogo quasi sacro, il Mollah Hassan fa aprire la piccola stanza con il soffitto molto basso chiuso da un grosso catenaccio nella quale, secondo lui, il Mollah Omar veniva da solo, ogni mattina dalle 8 alle 11, a leggere il Corano. Un letto, tre scatoloni di libri polverosi, vecchi modelli di fucile sono i soli ricordi. La stanza non è diversa dalle ca- merette buie in cui vivono oggi gli studenti che, quando non combattono, lì passano la maggior parte del tempo. I loro Kalashnikov sono ammucchiati in un angolo, e i soli elementi decorativi sono stampe di paesaggi o slogan politici. Singhesar non ha beneficiato dell'ascesa del mollah Omar. A parte la moschea della sua madrasa, niente è cambiato nel villaggio. Le strade sterrate sono rimaste dissestate, la polvere continua a invadere tutto. In queste regioni pashtun, la crescita di potere dei Taleban non ha modificato regole di comportamento in vigore da tempi immemorabili. Le donne stanno a casa e, quando escono, infilano la burqua tradizionale, che le copre completamente, con una reticella davanti agli occhi perché possano vedere. Nelle campagne l'educazione, soprattutto quella delle ragazze, che si sposano a 14 o 15 anni, non è mai stata una priorità, e ancora oggi certi contadini preferiscono per i loro figli l'educazione delle madrasas che, dicono, prende meno tempo - tre ore al giorno - della scuola tradizionale. La semplicità del mollah Omar è confermata nel suo villaggio da tutti i contadini incontrati. «Qui, lui conosce tutti per nome», dice Nazar Mohammad, proprietario di un ettaro di vigna e di un grande orto. Unico sostegno per la sua famiglia, Nazar Mohammad rifiuta personalmente di andare al fronte. «Qualche giorno fa, i Taleban sono venuti a chiedermi di partire, ma 10 ho detto no. Io voglio proteggere la mia casa e la mia famiglia. Mio figlio che ha 13 anni frequenta una madrasa e, quando sarà il momento, potrà partire lui». Non teme punizioni? «Noi siamo i mujaheddin della jihad contro i sovietici, non possono farci niente», risponde. Infatti, Singshaer non è sottoposta alla coscrizione imposta a molti villaggi pashtun che devono fornire combattenti in funzione della superficie delle terre e del fabbisogno di manodopera dei contadini. «Qui, i giovani vanno di loro volontà alla jihad», dice Namatullah, 25 anni, tornato da poco da due mesi di servizi nella regione di Herat. Il suo salario? «Non riceviamo denaro, dice. Siamo nutriti e alloggiati, e basta». A Kandahar, dove ormai risiede, 11 mollah Omar non è visibile molto facilmente. Situata nella città nuova, la sua casa si nasconde dietro alti muri sormontati da filo spinato. Nel suo ufficio, sempre circondato da un gran numero di amici e seguaci, il mollah Omar da un letto riceve gli interlocutori seduti per terra. Solo un gruppo ristretto di alti responsabili Taleban che vivono a Kandahar può accedere liberamente a lui. Francoise Chipaux Copyright «Le Monde»-«La Stampa» Un leader misterioso e nascosto: agisce sulla spinta dei sogni i lui, dice. E' il sole che brilla in oi. Grazie a lui, i musulmani che offrivano hanno trovato la pace. Noi studiamo la nostra religione er essere poi capaci di andare a ducare l'Afghanistan. Noi vogliano servire il nostro Paese come hanno fatto i nostri predecessori». Il Mollah Mohamad Hassan è ientrato dal fronte da 15 giorni. Il uo percorso segue le recenti vittorie dei Taleban di Maimana a Maar-i-sharif e Hairatan, suU'Amur Daria, alla frontiera dell'Uzbekitan. Con il rispetto che si deve a un uogo quasi sacro, il Mollah Hasan fa aprire la piccola stanza con Un leader misterioso e nascosto: agisce sulla spinta dei sogni il soffitto molto basso chiuso da un grosso catenaccio nella quale, secondo lui, il Mollah Omar veniva da solo, ogni mattina dalle 8 alle 11, a leggere il Corano. Un letto, tre scatoloni di libri polverosi, vecchi modelli di fucile sono i soli ricordi. La stanza non è diversa dalle ca- COL CORANO E CON LA CIA Il movimento dei Taleban (plurale di taleb studente di scuola coranica) è comparso nel 1994 nel Sud dell'Afghanistan. La guerra contro i sovietici ha determinato la radicalizzazione dei Taleban che vogliono dar vita a una società puritana, regolata secondo il rigoroso rispetto della legge coranica. Dopo la caduta del regime filosovietico, i Taleban, appoggiati dai servizi segreti pakistani che fornirono armi e denaro (e dalla Cia), hanno iniziato un'offensiva contro il governo centrale e le altre etnie afghane culminata il 26 settembre del '96 nella conquista della capitale. msttodaepdpsLdipTdtsfilrpldripp Benazir Buttho ex premier pakistano e, a destra, un Taleban