Privatizzazioni, si cambia I Ds contro i «noccioli duri»
Privatizzazioni, si cambia I Ds contro i «noccioli duri» DIBATTITO STATO E Privatizzazioni, si cambia I Ds contro i «noccioli duri» L ROMA A nuova parola d'ordine è «abbandonare i noccioli duri». Dopo le turbolenze che hanno scosso la Telecom - e in vista della privatizzazione di colossi come Enel ed Eni - i Ds dicono «no» linee ai gruppi di azionisti prederminati e tentano la carta dell'aperuara totale del capitale. Massimo d'Alema, neopresidente del Consiglio, al convegno «I riformisti al governo dell'Europa» svoltosi ad Orvieto ha detto chiaramente di volere «una politica di privatizzazioni più coraggiosa» che punti ad una «effettiva liberalizzazione», e che eviti che le aziende, una volta dismesse, «finiscano nel ristretto imbuto di un certo capitalismo italiano». Concetti che emergono anche dal documento messo a punto e presnetato sempre ad Orvieto dal consigliere di Telecom, Cristiano Antonelli e dall'ex membro dell'Antitrust, Giacinto Militello. Per i due economisti la politica dei noccioli duri «ha messo capo a forme assai ibride di corporate governance che sembrano sommare i difetti dell impresa pubblica, dell'impresa padronale e della stessa public company». Di fatto, ha creato delle «quasi public company che per dimensioni e capitalizzazione non sono scalabili» rendendo «inapplicabile il modello teorico del capitalismo manageriale». Quel capitalismo che con le scalate ostili «sanziona l'allontanamento del management irresponsabile o incompetente». Il dibattito continua sui giornali a colpi di interviste con Luigi Lucchini, ex numero uno Confindustria oggi alla guida di Montedison e Comit, che sul Corsera afferma che per le aziende da privatizzare «ci vuole un nocciolo duro, come hanno fatto in Francia, che serva da punto di riferimento per i manager». Guido Rossi, ex guida di Consoli e Telecom, su Repubblica appoggia invece D'Alema. «Le privatizzazioni sono nate male quando si è voluto imitare la Francia con i suoi noccioli duri - dice -; tra l'altro i francesi nel frattempo li hanno abbandonati, e comunque i loro noccioli duri avevano protagonisti più numerosi e differenziati dei nostri». Rossi attacca i così detti «poteri forti» che il direttore di Confindustria, Innocenzo Cipolletta, difende ricordando che i poteri forti «sono divenuti tali poiché dovevano difendersi da uno stato onnipresente». Non sono da ostacolare, anzi rappresentano «l'ultimo baluardo del capitalismo in un Paese occupato dallo Stato». Negli ultimi anni - osserva tuttavia - c'è stato un ampliamento del panorama con l'ingresso di nuovi imprenditori, «ma non riusciamo comunque a vedere un processo analogo nei servizi pubblici poiché vi sono ancora troppi vincoli di legge, contratti di lavoro assurdi ed un sistema di tariffe inventate a scopi sociali ma non economici». Con la solita decisione Nerio Nesi, per il quale «quattro settori fondamentali (Enel, Eni, Telecom e settore delle armi) non dovevano essere privatizzati». Il vero «disastro», afferma, è stato fatto nel caso della Telecom: «L'accavallarsi delle nomine e la confusione in cui versa ora non sono certo un grande esempio di gestione». «E' vero aggiunge - che i poteri finanziari sono sempre i soliti», ma per allargare il campo «bisogna diffondere una cultura diversa»; la borsa deve funzionare meglio, «con regole più severe e trasparenti». Concordi su fronti opposti nel ritenere essenziale una maggiore concorrenza, Giacomo Variago e Renato Brunetta. «Bisogna creare nuove regole, poi liberalizzare, poi dismettere», afferma l'economista piacentino valutando con favore l'intento del nuovo governo. «Le privatizzazioni hanno senso - gli fa eco Brunetta - se si passa non solo dal pubblico al privato, ma anche alla concorrenza». Nel caso contrario la dismissione, sostiene, «è del tutto inutile, e anzi, perfino dannosa perché si passa da poteri pubblici forti a poteri forti privati, senza controllo», come è accaduto per Telecom. [r. e. s.]
Persone citate: Brunetta, Cristiano Antonelli, D'alema, Giacinto Militello, Giacomo Variago, Guido Rossi, Innocenzo Cipolletta, Luigi Lucchini, Nerio Nesi, Renato Brunetta
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