«Ammazzate il pm Di Pietro»

«Ammazzate il pm Di Pietro» La rivelazione al processo DelTUtri: lo voleva Pacini per fare un favore a Craxi. La replica: follia «Ammazzate il pm Di Pietro» Un pentito: l'ordine di Cosa Nostra nel '92 PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'uccisione - con un'autobomba - dell'allora pubblico ministero Antonio Di Pietro fu progettata nel settembre 1992 dalla mafia con Pierfrancesco Pacini Battaglia per stroncare quasi sul nascere Mani pulite dopo le stragi in cui in Sicilia erano stati assassinati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L'ha dichiarato ieri, sorprendendo tutti (compreso il pm Antonio Ingroia), il pentito catanese Maurizio Avola, chiamato a deporre nel processo in tribunale a Palermo in cui Marcello Dell'Utri è imputato per concorso in associazione mafiosa. Una vera e propria polpetta avvelenata per il banchiere italo-svizzero già abbondantemente nei guai con la giustizia che da Perugia ha annunciato a tamburo battente di voler denunciare il collaboratore di giustizia per calunnia. Il pentito, che ha 36 anni e ha confessato 22 delitti incluso quello del giornalista e scrittore Pippo Fava, si è anche attirato l'altrettanto immediata smentita del collegio difensivo di Dell'Utri i cui componenti hanno definito «fantasiose e assolutamente inattendibili» le dichiarazioni del teste, rimasto in aula un paio d'ore. Avola ha raccontato di avere appreso che Marcello Dell'Utri si incontrò con il capo della mafia di Catania Nitto Santapaola, allora latitante nel Messinese, per parlare di investimenti di capitali. E ha raccontato di aver appreso dal boss catanese Marcello D'Agata, secondo lui pronto a collaborare «e a dire tutto», che Pacini Battaglia nel settembre del 1992 all'hotel Excelsior in via Veneto a Roma incontrò lo stesso D'Agata, Eugenio Gallo (pure catanese), il messinése Rosario Cattai! e un altro «di cui non ricordo il nome» ha aggiunto Avola precisando soltanto che era originario di Messina, il finanziere avrebbe chiesto loro di uccidere Antonio Di Pietro «anche per fare un favore a Bettino Craxi e ai socialisti perché con le sue inchieste il sostituto procuratore Di Pietro stava facendo troppo danno». Il pentito ha poi detto che c'era un sesto uomo: un agente dei servizi segreti che, essendo incaricato di sorvegliare i giudici di Mani pulite sarebbe stato in grado di fare la spia rivelandone per tempo gli spostamenti. E il killer? «Avrei dovuto essere io», ha detto il pentito affermando che l'attentato era stato progettato vicino a Bergamo. Nel controinterrogatorio condotto dall'avvocato Enrico Trantino, poco dopo, Avola ha pure parlato di Cesare Previti, che per quello che lui ne sa, avrebbe pure investito soldi sporchi di Cosa Nostra oltre a Pierfrancesco Pacini Battaglia e a «un certo De Michelis». Tutte cose che Marcello D'Agata avrebbe riferito ad Avola nell'alloggio di Aldo Ercolano (i difensori di Dell'Utri hanno chiesto l'immediata citazione di entrambi). Il pentito è tornato ad accennare al progetto separatista della mafia che nel 1990 immaginò di poter riuscire a sganciare la Sicilia dal resto d'Italia. E ha riparlato della strategia stragista del 1993 alla quale egli ha ripetutamente ammesso di aver partecipato («A Firenze volevo colpire il David di Donatello», «stragi dimostrative, dovevano servire a fare notizia»). «Una stronzata mai vista» ha commentato - con espressione colorita ma certamente eloquente - Pacini Battaglia pronto ad assicurare che nel 1992 per lui «Tangentopoli non era nemmeno iniziata». «Non sapevo neppure chi fosse Antonio Di Pietro a quell'epoca», ha aggiunto. Il banchiere ha negato inoltre di aver mai visto quei quattro é ha osservato «per me c'è qualche guerra in corso, saranno guerre tra giudici». Il processo è stato aggiornato al 10 novembre. Il pm Ingroia ha puntualizzato che prima d'ora Maurizio Avola non aveva fatto cenno all'attentato né al presunto coinvolgimento di Pacini Battaglia. Su Antonio Di Pietro comunque in passato la procura della Repubblica palermitana si è occupata anche per altri attentati che la mafia aveva progettato cóntro di lui. Avola, mostrandosi «duro», ieri ha ripetuto:' «Sono un collaboratore ma non mi sono mai pentito di quel che ho fatto né ho mai chiesto perdono ai familiari delle mie vittime». Antonio Pavida L'ex di Mani Pulite e ora senatore dell'Ulivo Antonio Di Pietro