In rivolta anche la Quercia

In rivolta anche la Quercia In rivolta anche la Quercia Forza Italia: con questa sentenza oggi è morto il processo penale Pisapia:le gardi pROMA. E il Palazzo si ribella. Sinistra, centro, destra, area di governo e di opposizione, tutti uniti contro la sentenza della Consulta. Con pochissime eccezioni. Il 513 sembra essere assurto ad emblema del braccio di ferro in atto tra poteri istituzionali, tra politica e magistratura. Nella maggioranza, non parlano D'Alema e Diliberto, per ovvie ragioni di opportunità. E non parla neppure Veltroni, che aspetta ancora l'investitura ufficiale ai vertici della Quercia. Ma tutti gli altri parlano eccome, a cominciare dagli esponenti dei Ds. E se il capogruppo al Senato Cesare Salvi si hmita a «non nascondere dubbi e perplessità», Guido Calvi (uno dei protagonisti della riforma e avvocato dello stesso D'Alema) tuona contro la Consulta che «rigschia, di invadere le competenze del Parlamento». «E' l jndubbio - spiega^ chl?%i sta comi* nuando un'opera di demolizione del processo accusatorio del nostro ordinamento». Una posizione condivisa dal suo compagno di partito Antonio Soda che «rilancia» proponendo rimedi costituzionali a una situazione che, a suo parere, «viola i principi di civiltà comuni nei Paesi democratici». Se è dura la reazione della Quercia, non da meno lo sono quelle degli altri protagonisti della maggioranza. Così il responsabile Giustizia del ppi, Pietro Carotti, si dice molto amareggiato e assicura l'impegno parlamentare del suo partito a salvare il salvabile della riforma dopo l'intervento della Consulta. Il verde Marco Boato definisce la sentenza come «un grave arretramento, che di fatto vanifica radicalmente la portata innovatrice della riforma legislativa, che era stata approvata a larghissima maggioranza». Giudizi pesanti anche fra i neocomunisti. «Ancora una volta la Corte Costituzionale incide negativamente sulle norme-che prevedono per tutti, imputati e vittime dei reati, le garanzie minime per un giusto processo, tra le quali la parità tra accu- negate anzie rità 'oi; a e difesa» sostiene Giuliano Pisapia presidente dimissionario (dopo a spaccatura di Rifondazione comunista) della commissione Giustizia della Camera. E se questa è la posizione della maggioranza, figurarsi quella del'opposizione. «E' un ritorno al passato e un passo indietro» dice Luciano Gasperini, capo gruppo della Lega Nord a Palazzo Madama. Ma è soprattutto il Polo ad esprimere indignazione. «L'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge - affermano Sergio Cola e Alberto Simeone, deputati di An nella commissione Giustizia della Camera - è divenuta pura enunciazione». E Forza Italia rilancia: «Oggi è morto il processo penale dicono i responsabili del diparti mento giustizia degli azzurri, Marcello Pera, Gaetano Pecorella e Donato Bruno Senza contraddittorio, nella formazione della prova, non c'è un véro processo, bensì un atto di imperio». Secondo gli esponenti di Forza Italia la sentenza della Corte «va contro una serie di principi costituzionali. Ripresenteremo in Parlamento la legge perché ormai il ruolo della Corte è diventato essenzialmente politico. Con questa sentenza la Corte ha sposato pienamente la cultura dell'inquisizione». Dal coro di proteste si discostano il verde Pecoraro Scanio e i dipietristi Veltri e Piscitello, i quali definiscono la sentenza come «uno schiaffo ai falsi garantisti, una boccata d'ossigeno a chi si batte da sempre per il rispetto della legalità e per assicurare alla giustizia ladri, corrotti e corruttori di ogni risma, anche se potenti». In chiusura (e al di fuori del Palazzo) il commento sarcastico del presidente delle Camere Penali, Giuseppe Frigo: «Mi auguro che le conseguenze di questa sentenza sui diritti dei cittadini non ci inducano presto a dare un significato tristemente simbolico al fatto che essa è stata depositata nel giorno della commemorazione dei defunti». [r.i.] Pisapia: negate le garanzie di parità 'oi;