TRAPPOLA PER I REFERENDUM

TRAPPOLA PER I REFERENDUM TRAPPOLA PER I REFERENDUM RISOLTO, pur tra contrasti, il problema dell'articolo 513 e del ruolo dei pentiti nei processi, la Corte costituzionale ha davanti a sé l'altra grande questione dei referendum elettorali. Da un «sì» o un «no» dei giudici di Palazzo della Consulta, prima ancora che da quelli degli elettori, dipende tutto il futuro prossimo della politica. Se ci saranno i referendum, infatti, e fino a quando non ci saranno, ogni tentativo serio di riprendere il confronto sulla legge elettorale e sulle riforme istituzionali dovrà sottostare a un rinvio. Quando decide sull'ammissibilità di un referendum, la Corte, con le sue sentenze, introduce dei criteri. Oltre a quelli più generali di «chiarezza, univocità e omogeneità» dei quesiti, il criterio più importante, finora, era stato che chi proponeva un referendum doveva preoccuparsi, in caso di vittoria dei «sì» e di abrogazione, di lasciare in piedi un pezzetto di legge applicabile e adatto comunque a funzionare. Questo, per i referendum elettorali. E in base a questo erano stati ammessi i precedenti referendum di Segni del 1991 e '93. Ma un anno fa una nuova sentenza (la numero 36 del '97), di cui si torna molto a parlare in questi giorni, ha respinto una proposta legata all'affollamento pubblicitario sulle reti Rai, con il motivo che, ritagliando in parte il testo di una legge, senza puntare ad abrogarla del tutto il referendum avrebbe potuto avere effetti «manipolativi». Naturalmente, nessuno fa pronostici sulla prossima decisione della Corte. Ma c'è chi dice che questa sentenza, nata da una richiesta tutto sommato se condaria, sembrerebbe fatta ap posta per cassare i quesiti, ne cessariamente «manipolativi» di Di Pietro e dei suoi alleati.

Persone citate: Di Pietro