«Così abbiamo beffato l'Anonima»

«Così abbiamo beffato l'Anonima» Il racconto dell'imprenditore: «Un rapitore ha tappato la bocca a mio figlio e l'ha trascinato giù dal furgone» «Così abbiamo beffato l'Anonima» «Lotta e astuzia, le nostre armi contro i banditi» OLBIA. Due piccoli grandi uomini: difficile scegliere tra padre e figlio, che sabato sera hanno sconfitto l'Anonima sequestri con l'arma alla quale tanti sardi sembrano aver rinunciato, la rivolta contro il più odioso dei reati. L'imprenditore agricolo Mario Mura, 52 anni, e il figlio Alessandro, che ne compirà 14 tra due mesi, hanno dato un deciso contributo alla battaglia, anche se solo per istinto di sopravvivenza. Altri no: pare che anche stavolta nessuno abbia visto o sentito elementi utili per risalire alla banda, che ha tentato l'ennesimo colpo a pochi chilometri di distanza da Olbia. Per ora, l'unico dato concreto in mano agli inquirenti è una pistola calibro 7,65, ricuperata nella zona del fallito agguato. Padre e figlio hanno lottato fino allo spasimo, oltre i limiti delle loro forze. Alessandro non si è fatto prendere dal panico quando - intorno alle 18 dell'altro ieri - i fuorilegge l'hanno costretto a pigiare sul freno del camioncino di cui il padre gli aveva ceduto il volante. «Ho capito subito che non ce l'avevano con me», racconta spigliato il giorno dopo la tremenda avventura. «Un bandito - riprende - mi ha messo una mano sulla bocca, trascinandomi giù dall'abitacolo: "Zitto, non gridare", mi ha intimato». Il ragazzo è stato portato vicino ad una roccia e uno dei malviventi gli ha sigillato la bocca con nastro adesivo, poi gli ha legato le mani. «Sentivo mio padre che si azzuffava con i rapitori e so dove ha trovato tanta energia: temeva che prendessero me», racconta. Mentre uno dei sequestratori, incappucciato, tentava di bloccargli anche le gambe con una corda, Alessandro è riuscito a divincolarsi e a fuggire. Uno dei componenti della banda si è lanciato all'inseguimento, ma è stato bloccato da un complice. Nel frattempo Mario Mura, dopo aver lottato con tutte le forze, era stato ormai ridotto al'impotenza, colpito più volte al capo con il calcio di una pistola (ieri aveva un vistoso cerotto bianco sulla fronte e un livido sotto l'occhio destro). Sommariamente immobilizzato con una fune e scaraventato nel bagagliaio di una station wagon, l'imprenditore non ha smesso di pensare sul da farsi. «Prima ero spaventato - afferma -. Credevo che volessero portarsi via anche Alessandro. Ma quando mi sono reso conto che non era così, ho agito». Muovendo a stento le dita, è riuscito a sfilare un coltelo a serramanico dalla tasca posteriore dei pantaloni e a sfilacciare la fune che lo legava fino a reciderla. Poi, con la lama ha «lavorato» il meccanismo della portiera, fino a riuscire ad aprirla. A quel punto, da buon conoscitore delle strade della zona, ha atteso il momento opr portuno per la grande fuga. L'auto andava piano sulla strada sterrata e, quando è stata costretta a rallentare ancora per percorrere un ponte, l'allevatore si è lanciato giù. Di corsa, si è precipitato verso la casa di un conoscente e verso la salvezza: un telefono. Ha dato l'allarme a polizia e carabinieri. «I pastori e gli allevatori sono persone ingegnose», commenta adesso con un sorriso la moglie del mancato ostaggio, riascoltando per l'ennesima volta la drammatica ricostruzione. «Non mi aspettavo di essere nel mirino dei banditi. Sono sempre stato in campagna mattina e sera», riprende Mario Mura: «Ringrazio i santi che mi è andata bene». L'imprenditore non ha intenzione di cambiare vita: «Sono sempre stato' in campagna e continuerò ad andarci per curare il mio bestiame», aggiunge. Per poter continuare così a fornire latte al fratello, industriale cascano con numerosi interessi anche in Toscana. Corrado Grandesso «Temevo che volessero portare via anche mio figlio, ma quando ho capito che non era così ho reagito e mi sono liberato» m Sopralluogo dei carabinieri a Olbia. In alto, il possidente Mario Mura

Persone citate: Corrado Grandesso, Mario Mura

Luoghi citati: Olbia, Toscana