Il voto di Saddam nell'urna americana di Aldo Rizzo
Il voto di Saddam nell'urna americana OSSERVATORIO Il voto di Saddam nell'urna americana elezioni di mezzo termine furono così importanti per un Presidente americano, come quelle che si svolgono domani, ed ecco Saddam puntuale all'appuntamento con le difficoltà della Casa Bianca. Naturalmente, non si può provare un nesso diretto tra la decisione del dittatore iracheno di riaprire la crisi e un voto americano da cui dipende la sopravvivenza politica di Clinton. Ma il sospetto è più che fondato. Si può anche obiettare che le elezioni per il Congresso e per i governatorati, a differenza da quelle presidenziali, sono scarsamente influenzate dai grandi temi politici, e ancor meno da quelli di politica internazionale, ma probabilmente non è questa la percezione di Saddam. Egli sa che Clinton si fa comunque forte di alcuni recenti successi all'estero, per rinsaldare la sua immagine già tanto scossa all'interno, e gli getta tra i piedi una crisi che è rimasta esplosiva, la più indigesta per la Casa Bianca, dopo la guerra del Golfo. Certo, non fa questo solo in odio a Clinton, così come non tentò di annettersi il Kuwait in odio a Bush. Egli persegue un suo pervicace disegno, quello di Ì fare dell'Iraq una potenza regionale, decisiva nella lotta all'Occidente e a Israele, grazie all'acquisizione di armi di distruzione di massa. Non si è arreso dopo la sconfitta del 1991, non si è arreso dopo l'imposizione da parte dell'Onu di controlli sistematici sui suoi armamenti. Nel perseguire il suo disegno, usa le tattiche più azzardate, che prevedono arretramenti temporanei e improvvisi balzi in avanti, sfruttando tutte le debolezze del campo avversario. Fra queste c'è la differenza d'interessi tra europei c americani circa la fine delle sanzioni e l'accesso alle riserve petrolifere irachene (110 miliardi di barili, seconde solo a quelle dell'Arabia Saudita). C'è anche, o ci può essere, la fragilità politica interna, per ragioni imprevedibili come un affare di sesso, del maggiore leader occidentale, il Eidente degli Stati Uniti, dimentichiamo che la pe¬ nultima crisi Usa-Iraq, quella dell'inizio dell'anno, coincise con l'esplodere del caso Lewinski. A parte tutto questo, c'è una difficoltà obiettiva, per gli Stati Uniti, nel delineare una strategia efficace contro Saddam. Nel febbraio scorso, era stata approntata un'imponente macchina bellica, fermata all'ultimo momento dal blitz diplomatico di Annan. Poi si è scoperto che gli iracheni, nonostante gli accordi col segretario dell'Onu, avevano montato il micidiale gas nervino V-X su testate missilistiche, poi smontandolo, ma conservandolo chissà dove. E ora il nuovo blocco di fatto delle ispezioni, la pretesa che cessino le sanzioni internazionali, avendo l'Iraq ottemperato alle richieste di disarmo. Provocazioni, ma restano le incognite e le controindicazioni di un attacco militare, che non potrebbe che essere massiccio e definitivo, quindi sanguinoso e impopolare, salvo restare una, sia pur acuta, puntura di spillo. Gli Usa stanno anche provando col finanziamento dell'opposizione anti-Saddam, ma gli esperti non ne hanno trovato una rappresentanza praticabile. Saddam è come Milosevic nei Balcani, un po' peggio se è possibile, per via di queste armi di distruzione di massa. E' un ostacolo personale, per la sua inaffìdabilità, per il suo potere perverso, a ogni progetto di pace durevole. Dicono ohe sia gravemente malato e che anche per questo sia particolarmente spregiudicato. Chissà. E comunque lo è sempre stato, spregiudicato. Di fronte a lui c'è Clinton, coi suoi problemi persino patetici, se non fossero politicamente gravi. Vedremo dopo il voto di domani. Aldo Rizzo :zoJ
Persone citate: Annan, Bush, Clinton, Milosevic
Luoghi citati: Arabia Saudita, Iraq, Israele, Kuwait, Stati Uniti, Usa
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