Clinton alla riscossa, la destra vacilla di Andrea Di Robilant

Clinton alla riscossa, la destra vacilla I repubblicani moderati cercano di evitare l'impeachment, ma il presidente potrebbe volere lo scontro Clinton alla riscossa, la destra vacilla I sondaggi: la disfatta elettorale dei democratici non ci sarà WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La campagna per le elezioni di mid terni si conclude oggi nel segno del Paradosso Lewinsky: di Monica non si è praticamente parlato in queste ultime settimane, eppure il voto di domani - che determinerà la composizione del prossimo Congresso - sarà decisivo per il finale della saga che ha dominato il 1998. Si è detto che una vittoria dei repubblicani darebbe al Congresso un forte mandato popolare per andare avanti con l'impeachment. E che una vittoria democratica darebbe un mandato altrettanto forte per chiudere subito il capitolo. Ma a giudicare dai sondaggi non ci sarà né l'una nell'altra: si prevede un bel pareggio, al massimo una vittoria risicata dei repubblicani. E per questo i tessitori del Grande compromesso, si sono già rimessi al.lavoro. Alla fine tutto si riduce a una questione di numeri. Un mese fa i repubblicani sognavano un trionfo elettorale. Invece, se gli andrà bene, guadagneranno una manciata di seggi alla Camera e 2-3 seggi al Senato: pochi per dare l'assalto alla presidenza di Bill Clinton. Tra due settimane cominceranno le audizioni alla Camera sulla vicenda Lewinsky. Dovrebbero durare un mese o poco più. Se alla fine la Camera voterà l'impeachment - conclusione probabile visto che è ne cessarla una maggioranza sem plice e i repubblicani ce l'hanno - toccherà al Senato giudicare il Presidente. Ma un verdetto di condanna prevede una maggioranza dei due terzi. Oggi i senatori repubblicani sono 55 su 100. Bene che gli vada domani saliranno a 57-58. «Che senso ha», dicono i leader più prudenti del partito, «mettere sotto accusa un Presidente popolare, che ha un indice di gradimento tra il 60 é il 70 per cento, se poi non ci saranno voti per cacciarlo?». x Queste voci moderate si era no già fatte sentire a settembre. Ma nel fuoco della campagna elettorale sono state messe tacere brutalmente dalla destra repubblicana e dallo Speaker Newt Gingrich. pra che la scommessa di Gingrich e com pagni di trasformare le elezioni in un referendum su Clinton sembra essere fallita, i «tessitori» riemergono e; guidati da se natori autorevoli come Orrin Hatch, repubblicano dello Utah e presidente della commissione Giustizia del Senato, già lanciano segnali e ammiccamenti ai loro colleghi democratici. E anche nel partito di Clinton la voglia di salvare questo Presidente sale. Dopo la penosa confessione in diretta di Clin ton il 17 agosto, molti leader del partito dicevano che lo sce nano peggiore era quello di un Presidente democratico a ba gnomaria per il resto del suo mandato. Meglio le dimissioni dicevano. Meglio che si tolga dai piedi per non compromette re, oltre alla sua presidenza, anche le elezioni del Duemila. Ma poi gli eventi hanno preso una piega inattesa. La popolarità di Clinton, anziché precipitare, è addirittura aumentata. Il «bagno» elettorale che molti democratici f emevano pare definitivamente scongiurato. Anzi, sotto la leadership di Clinton il partito è sul punto di riconquistare la California, lo Stato più popoloso d'America, dopo un dominio repubblicano dura¬ to 16 anni. E ha buone chances di cacciare il repubblicano Alphonse D'Amato dal suo seggio senatoriale di New York dopo 18 anni di attacchi infruttuosi. In più, la buona prova dell'economia americana, che nel terzo trimestre ha realizzato a sorpresa un incremento del pil del 3,3%, e i risultati importanti sulla scena internazionale - dal Medio Oriente al Kossovo - giocano a favore del Presidente. Per cui i «pacieri» democratici, a cominciare dal senatore Robert Torricelli (New Jersey), amico di Clinton, hanno ripreso a dialogare con i loro colleghi repubblicani per trovare una soluzione - Una reprimenda del Congresso? Una multa? - che eviti al Paese il trauma dell'impeachment vero e proprio. Ma gli alleati del Presidente adesso hanno un nuovo timore: che forte di una prova elettorale tutto sommato soddisfacente e di indici di gradimento a livel¬ li stellari, Clinton si senta talmente galvanizzato da voler la sfida col Congresso a tutti i costi - un processo che si concluda non già con la sua cacciata ma con una rotta dei repubblicani. Dice Torricelli: «Tutto potrebbe andare a pezzi se il Presidente sopravvalutasse la forza elettorale dei democratici e pensasse di farla franca senza qualche tipo di sanzione». Andrea di Robilant successi diplomatici in Kosovo e nel Medio Oriente uniti all'eccezionale crescita economica, hanno portato alle stelle la popolarità del leader della Casa Bianca ^; <r: ffl Sostenitori di Clinton sfilano a Washington contro l'impeachment

Luoghi citati: America, California, Kosovo, Medio Oriente, New York, Utah, Washington